Terremoto e informazione

del sociologo Francesco Petrucci

     Questo terremoto ce lo ricorderemo tutti per i 297 morti, vite stroncate da una catastrofe e dalle ignobili leggerezze umane. Desidero però analizzare il ruolo dell’informazione, particolarmente quella televisiva.

     Che la televisione sia invadente è una constatazione universale, ma quando pur di guadagnarsi un siparietto, uno scoop, il giornalista porge le domande a gente provata, o fa perdere tempo ai soccorritori pur di avere qualcuno in ripresa è quantomeno riprovevole. Informazione è ben altro ma soprattutto trasmettere emozioni con rispettosa verità.
Ce ne siamo accorti tutti ascoltando le notizie e guardando un telegiornale che siamo passati, senza ritegno, dalla cruda informazione alla estenuante forma-spettacolo. Stiamo parlando di una tragedia e non di una fiera di gossip.

     Ci ricordiamo tutti le domande poste dai giornalisti agli sfollati su cosa si prova a dormire in macchina, se si preferisce la tenda o l’albergo o cosa si prova e si sente a non avere più una casa dopo numerosi anni di lavoro e sacrifici. Questa non è da considerare informazione, ma si avverte che l’informazione fornita è una mediazione fra cialtronagine e disinformazione.

     Persino gran parte delle notizie tecniche circa l’epicentro del sisma erano, spesso, inattendibili, tanto che la Polizia postale di Pescara ha oscurato e sequestrato il sito web del centro sperimentale rilevamento sismico dedicato alle previsioni sismiche e meteo per procurati falsi allarmi delle scosse di terremoto.

     Mi chiedo, ma la professione giornalistica, gloriosa nel Paese, non contempla anche un codice di comportamento nel relazionarsi con il pubblico? E perché gli Ordini di Categoria non organizzano corsi, seminari, prove di esami per preparare i futuri operatori dell’informazione? Perché è così tanto mancata la figura del giornalista-divulgatore scientifico per illustrare adeguatamente i fenomeni travolgenti della natura? Dove erano gli Angela, i Tozzi e via dicendo? Pochi hanno sostenuto che se avessimo “una cultura del dovere” avremmo cambiato le normative da tempo e avremmo provveduto ad un costruire antisismico su larga scala.

     Le parole del Presidente della Repubblica Napolitano sono giustamente state durissime per coloro che spinti dall’avidità e dal disprezzo per le regole, si sono approfittati di tutto e di tutti, provocando il peggio: veri sciacalli da neutralizzare nella fase della ricostruzione.

     Occorre potenziare la voce di coloro che hanno subito, occorre premiare quel giornalista che si mette a servizio dell’informazione e non il contrario, con la speranza che tutto ciò prenda corpo alla luce del sole.

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