Arrigo Castellani: il giornalismo industriale
dal sito www.it.pirelli.com
Desideriamo ricordare la figura di Arrigo Castellani per ripercorrere la strada della grafica e del giornalismo industriale, dagli anni dell’immediato Dopoguerra agli anni Settanta. Desideriamo ringraziare Pirelli e in particolare la Direzione Pirelli Cultura, Archivio storico e Pubblicazioni.
Arrigo Castellani, per vent’anni direttore Stampa e Pubblicità del Gruppo Pirelli, morì improvvisamente nel dicembre del 1968. Sul numero di gennaio 1969 la Rivista da lui diretta dedicò un lungo “Omaggio”alla sua personalità a dir poco vulcanica…
“In quale clinica è Don Arrigo?” La domanda scherzosa era solito farla Enzo Ferrari quando incontrava qualche amico della Pirelli.
Perchè Arrigo Castellani era sciatore e automobilista “assente”, e della sua sbadataggine subiva non raramente le conseguenze a suon di ingessature e ricoveri.
Un giorno la domanda restò senza risposta: Don Arrigo era morto. Di infarto. Il 2 dicembre del 1968.
Così, sul primo numero del 1969, la “sua” Rivista Pirelli gli dedicò un lungo e appassionato applauso.
E Renato Guttuso volle firmarne la copertina, ispirandosi a van Gogh che tanto piaceva ad entrambi.
Ed è proprio ripercorrendo quell'”Omaggio ad Arrigo Castellani” del gennaio ’69 che vorremmo qui illuminare di flash la vita di un personaggio che, dal suo ufficio al 25esimo piano del Grattacielo -cioè dalla Direzione Stampa e Pubblicità- è passato alla storia della Pirelli, diventando la classica icona del “genio e sregolatezza”.
Nato a Roma il 31 agosto del 1908, laureato in giurisprudenza, Arrigo Castellani entrò a far parte del Gruppo nel 1937, ricoprendo vari incarichi nell’area commerciale pneumatici e articoli vari, spingendosi anche fino all’ufficio di Addis Abeba.
Alla Direzione Stampa e Pubblicità arrivò nel 1950. E guarda caso “l’arrivo a Milano era praticamente coinciso con una rovinosa caduta sui campi di neve di Cervinia, da cui era uscito con un gesso che lo invadeva fino al torace e che lo tenne immobilizzato a letto per oltre due mesi”, racconta Raffaello Baldini nel lungo Ricordo che fa da pezzo portante nell'”Omaggio”.
Bene, in questo racconto su Castellani, la parola “contraddizione” compare nove volte. Quattro volte l’insoddisfazione, altrettante volte l’efficienza e l’attivismo.
Innumerevoli volte l’entusiasmo, in compagnia della generosità, dell’inquietudine e dell’aggettivo coinvolgente. Flash di un carattere.
Nelle pagine dell'”Omaggio” -lungo sì, ma non lunghissimo: racconta in totale qualche ora su sessant’anni di vita di Arrigo- Castellani riesce ad arrabbiarsi per almeno tre volte con il mondo intero, e in un paio di occasioni stravolge completamente le idee portategli trionfanti dai collaboratori, convinti di aver fatto un ottimo lavoro. E ancora più e più volte “combatte e vince la sua battaglia…”.
E per altrettante volte si ritrova alla fine contento come un ragazzo per aver trovato l’Idea, in fondo a quel caos da lui stesso provocato…
Difficile tracciare i confini di una personalità così. Soprattutto inutile cercare di chiuderla in una logica temporale.
Castellani passò come un bulldozer sopra ogni perbenismo culturale, aprì alla massima trasparenza le attività dell’Ufficio Stampa, portò nuova energia in una tradizione pubblicitaria che già era forte e consolidata come quella Pirelli, si buttò a capofitto in qualunque attività ritenesse interessante (in pratica, tutte) in campo editoriale. Fu lui a fondare, nel 1964, “Vado e Torno”, patinata rivista chic per autotrasportatori, o ad aprire, con la “Centro”, la prima agenzia pubblicitaria interna ad un’azienda.
Undici anni di Rivista Pirelli
Castellani assunse nel 1957 la direzione della Rivista Pirelli, dopo tre anni di condirezione a fianco di Arturo Tofanelli.
E così partirono le grandi inchieste come “La scuola in Italia e in Europa”, o “Televisione e Cultura”, “Il lavoro della donna in Italia”, fino all’ultima del 1968: “Tempo dell’uomo: lavoro e no”.
Un’idea gli frullava nella testa da qualche tempo: un’inchiesta a favore della riforma del servizio militare. “La metterei in scadenza per il 1969”, lasciò scritto. Ci avrebbe pensato con l’anno nuovo…
Nell’occhio del “ciclone Castellani” spesso cadeva il fido Pino Tovaglia, l’artista che con lui trovò praticamente casa al venticinquesimo piano del Grattacielo, disegnando campagne pubblicitarie storiche. Spesso oggetto dell’impulsività dell’amico Arrigo: “vecchio delinquente, non mi hai ancora fatto la copertina di marzo!”, onde poi riconoscere che quella copertina Pino l’aveva fatta eccome, ed era “la più bella mai fatta fino ad oggi” (per poi regolarmente dimenticarsene il giorno dopo, all’inseguimento di un’altra copertina che fosse ancora più bella…).
E poi ancora arrivare a farsi strappare sotto il naso un bozzetto dal mite e arrabbiatissimo Tovaglia, stufo dello stillicidio di correzioni di Arrigo, per intuire che proprio così doveva essere il manifesto per la mostra “Italia da Salvare”: nero con un sanguinante strappo rosso in mezzo…
E la quantità di foglietti con gli appunti scritti a mano per la campagna pubblicitaria “Un viaggio, ma” (era in clinica per frattura al ginocchio), e i pittori e fotografi invitati in fabbrica perchè raccontassero liberamente ciò che vedevano, e la battaglia per il ritiro della Pirelli dalle corse automobilistiche a suo dire inutili o contro i cartelloni pubblicitari del Pirelli Stelvio che deturpavano il paesaggio.
Poi ancora a liquidare con un’alzata di spalle le proteste dell’Ambasciatore per un’inchiesta troppo severa della Rivista su un certo paese straniero, e a bacchettare quei neolaureati che mostravano mentalità da “vecchio impiegato statale”, e a incentivare un considerevole accorciamento delle gonne delle segretarie, e a dire che “uno deve prendersi sempre dei collaboratori migliori di lui”.
Tutto questo era l’imprendibile magmatico iperattivo Arrigo Castellani.
Nella trentina di pagine dell'”Omaggio” affiorano i ricordi di Leonardo Sinisgalli, certo di essere stato da lui mandato più volte al diavolo, di Piero Ottone, testimone di una delle sue tante discussioni battagliere sul ruolo del giornalismo, di Giovanni Pirelli convinto che “Castellani sia morto prima di essere diventato un vecchio”, di Enrico Scialoia che scrive “delle notti lucenti/dei libri e del vino…”.
Era preso dal vortice del presente, Arrigo Castellani. Ma “la borsa se la portava dietro quasi sempre.
Si portava dietro il suo mondo, collaboratori e amici che continuavano a fargli compagnia, davano un senso alla sua esistenza….per non essere solo nella casa dove, chiusa la porta, non c’era altri che lui”.