Globalizzazione imperfetta. Di Francesco Petrucci
Il fenomeno migratorio è sempre stato considerato un grande problema che si porta dietro una miriade di aspetti economici, politici, religiosi e sociali. Dobbiamo partire da un presupposto fondamentale: l’emigrazione, al di là dei luoghi comuni, va considerata una preziosa risorsa che spinge al dialogo, alla comunione reciproca tra persone e quindi alla integrazione tra i popoli.
Molti, infatti, i Paesi che grazie al lavoro degli immigrati sono cresciuti; alcune diversità culturali hanno favorito di fatto capacità di integrazioni multirazziale con il conseguente tollerante rispetto reciproco.
Il fenomeno migratorio è da considerarsi l’antefatto storico della globalizzazione, che a sua volta ha aperto sì i mercati finanziari internazionali ma paradossalmente ha ridotto le modalità integrative proprio per il dislivello economico, tecnologico e sociale dei Paesi di volta in volta interessati, ignorando realtà storiche con usi e costumi e religioni favorendo solo selvagge diseguaglianze.
L’attuale recessione economica mondiale, molto più grave di quella del 1929 ha messo in luce infatti questa distonia fra emigrazione – integrazione – globalizzazione ed è proprio “la questione lavoro” il parametro di riferimento. Sono proprio i dati occupazionali del nostro Paese, elaborati da fonti più che attendibili come la Banca d’Italia e Conferenza Episcopale Italiana che sottolineano come la crisi colpisce prevalentemente le fasce deboli e quindi anche gli immigrati.
Se pensiamo che nel periodo 2007-09 l’occupazione dipendente in Italia è rimasta invariata rispetto agli anni precedenti, mentre l’occupazione indipendente è calata di circa 500.000 unità (imprenditori, artigiani e partite IVA), possiamo dire che ad essere penalizzati sono coloro che non godono di ammortizzatori sociali e versano in condizioni di precarietà e fra questi gli immigrati appunto e non è un controsenso paragonare gli immigrati al popolo delle “partite IVA”: è purtroppo una constatazione statistica, che consente di intravedere uno spaccato sociale inquietante!
Lavoratori stranieri che svolgono i lavori non amati dagli Italiani, ma spesso in contrapposizione ambientale, come dimostrano i recenti fatti di Rosarno in Calabria. Lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno che vengono sfruttati che vanno ad alimentare la delinquenza o peggio le organizzazioni criminali. Sì, la legge Bossi-Fini, ha cercato di fare chiarezza sull’emigrazione per porre fine ad episodi che ci lasciano sgomenti, come i “barconi della morte”, ma va decisamente migliorata specie nella direzione della tutela dei minori.
Infine va detto che nessuno Stato sfugge alle conseguenze negative che il fenomeno migratorio stesso porta quali l’incremento demografico le diseguaglianze e le discriminazioni, ma il nostro civile Paese dovrebbe, proprio per la sua posizione geografica e per la grande storia essere un laboratorio in positivo del fenomeno.
di Francesco Petrucci