Intervista esclusiva a MASSIMO PONZELLINI economista e Presidente della BPM

di | 1 Lug 2010

                                                                                                 
Dalla primavera 2009 è Presidente della Banca Popolare di Milano, uno dei big del credito in Italia.     
Bolognese, 59 anni, Massimo Ponzellini ha alle spalle un “cursus honorum” di prestigio. È stato amministratore delegato di Nomisma, dirigente superiore dell’Iri, direttore operativo della BERS, amministratore delegato prima della BEI, poi di Patrimonio dello Stato e Poligrafico dello Stato.

Presidente , nel suo atteso intervento dello scorso 5 giugno all’Assemblea generale di Federlegno-Arredo ha dichiarato che a livello mondiale c’è una guerra dei paesi emergenti all’Europa, ce ne vuole parlare?

La crisi ha messo in luce un problema di fondo: non possiamo più accettare che in alcuni Paesi ormai diventati delle grandi potenze, non ci siano regole minime a tutela dei lavoratori, dei minori, delle donne, della sicurezza sul lavoro e della salute. In questo modo si crea una concorrenza sleale e si finisce con il distruggere le conquiste sociale frutto di decenni di progresso nei maggiori Paesi sviluppati. L’apertura dei mercati, insomma, deve essere contemperata da regole minime di protezione sociale anche nei Paesi di nuova industrializzazione. Non si tratta soltanto di difendere il nostro sistema socio-economico, ma di garantire basi solide per una crescita sostenibile del mondo intero. Non c’è progresso senza rispetto dell’ambiente, delle persone e dei diritti fondamentali degli individui.

Molti nostri Connazionali all’estero, ci chiedono di poter conoscere i possibili tempi di superamento della crisi economica che ha colpito anche il nostro Paese.

La crisi è globale e i tempi sembrano piuttosto lunghi. Dovremo forse abituarci a quella che è stata definita “slow economy”: un periodo di crescita non elevata e di lento miglioramento. L’Italia, tuttavia, sembra andare un po’ meglio di altri Paesi. Grazie anche alla debolezza dell’euro, infatti, le nostre esportazioni stanno trainando la produzione industriale. I consumi interni tengono, nonostante tutto. E nel primo trimestre del 2010 il prodotto interno lordo del Belpaese è stato fra i migliori in Europa, mostrando un deciso risveglio. Credo, comunque, che sia opportuna una certa prudenza: la disoccupazione, infatti, è ancora salita, come sempre nelle crisi.
In conclusione penso che la situazione tenderà a stabilizzarsi e potremo parlare di ripresa consolidata nel 2011.

E a tale proposito , la manovra del Ministro dell’Economia Tremonti di circa 25 miliardi sarà sufficiente per fronteggiare la crisi economica o è solo un primo passo di una ulteriore manovra ancora più pesante?

La manovra varata dal Governo italiano segue principi simili a quelli di altri grandi Stati europei: contenere le spese e favorire la ripresa. L’entità della manovra è notevole, ma ciò che conta è soprattutto la qualità: il Governo ha puntato su misure che contenessero in modo stabile la spesa pubblica, riducendo spese e inefficienze. Il settore privato e le imprese sono stati salvaguardati, mentre sono stati chiesti sacrifici al settore pubblico. Bisogna ricordare che i dipendenti pubblici, in Italia, godono della garanzia del posto di lavoro, quindi mi sembra che ci sia un certo equilibrio nelle misure adottate. La manovra, inoltre, si aggiunge a misure strutturali già varate in passato, come la riforma delle pensioni, che stabilizzato il nostro sistema previdenziale, oggi uno dei più solidi nel Vecchio Continente. La manovra, quindi, mi sembra più che adeguata.

Presidente, le Banche italiane sempre così poco sensibili alle necessità di chi ha bisogno, sono rientrate nell’idea che anche loro debbono sacrificare qualcosa, puntando a collaborare concretamente con lo Stato per la ripresa economica?

Innanzi tutto le banche italiane si sono dimostrate molto più solide di quelle di altri Paesi. Da noi non ci sono stati né fallimenti né salvataggi di istituti di credito, come è accaduto invece in altri grandi Stati. Le banche hanno rafforzato il proprio patrimonio per oltre 15 miliardi di euro con aumenti di capitale, cessione di attività o con i “Tremonti bond”, cioè un prestito dello Stato, anche piuttosto oneroso. Ma non aiuti a fondo perduto. I prestiti erogati dal sistema bancario a famiglie e imprese hanno tenuto. Naturalmente gli istituti di credito sono a loro volta sotto osservazione perché devono garantire la stabilità del sistema. Non direi, quindi, che ci sia una stretta del credito. Le banche devono essere più selettive e attente. Registriamo, piuttosto, un calo della domanda di credito: molte imprese mirano più a ristrutturare i debiti che a fare nuovi investimenti, nonostante i tassi di interesse siano a livelli storici minimi.

Tassare le rendite in Italia, potrebbe essere una misura per colmare il divario sociale?

Le rendite sono in realtà già tassate e la pressione fiscale in generale è piuttosto alta nel nostro paese. Dobbiamo sempre ricordarci che siamo in un mondo globale, dove non esistono più barriere alla circolazione di beni e capitali. L’Italia deve puntare ad attirare investimenti e capitali, non a scoraggiarli. Il risparmio è una risorsa per creare nuova ricchezza nel futuro, non una mucca da mungere. Se ci sono degli squilibri nel nostro sistema fiscali, e ci sono, sono nel peso eccessivo della tassazione sulla produzione e sul reddito.

Quali altre misure adottare per combattere la crisi economica?

Credo che gli stimoli messi in campo da Governi e autorità internazionali siano adeguati, ma ci vuole tempo, tenacia e pazienza perché diano i frutti. In generale occorre favorire la ripresa di un clima di fiducia. Dare il buon esempio, soprattutto nella gestione della spesa pubblica. Tutti i maggiori governi europei, di diversi colori politici, sono fortemente impegnati in questo senso. Va però ripensato il modello di riferimento: per garantire la sostenibilità non basta più guardare al debito pubblico, ma al complesso dei debiti di un Paese, includendo anche quelli privati. Se guardiamo alla somma dell’indebitamento complessivo, allora, l’Italia non è più la Cenerentola ma uno dei Paesi più virtuosi, grazie al basso indebitamento delle famiglie e alla tradizionale propensione di risparmio degli italiani. E non dimentichiamo che il Belpaese è forse la nazione più patrimonializzata al mondo: abbiamo ricchezze e tesori che derivano da secoli di accumulo, grazie al genio italiano. È un patrimonio spesso male impiegato, ma che esiste e che andrebbe considerato nella contabilità nazionale.

Cosa pensa di talune misure proposte dal Governo come “il fondo di garanzia per le piccole Imprese”, “la detassazione degli utili reinvestiti in macchinari”, “la moratoria debiti con le Banche per le piccole e medie imprese in difficoltà”, “l’energia meno cara per le famiglie”, “l’accordo Banche – Cassa depositi e prestiti per le PMI”?

Tutte le misure di sostegno finanziario alle imprese vanno accolte in modo positivo. Molte aziende stanno lavorando bene ma hanno difficoltà nei pagamenti a causa di una scarsa liquidità. Non posiamo permetterci che le aziende, il tessuto produttivo del Paese, muoiano di asfissia finanziaria proprio mentre registrano una ripresa di ordini e fatturato. Il sistema finanziario deve dare ossigeno e noi come Banca Popolare di Milano siamo fortemente impegnati in questo senso, anche grazie alla tradizionale vicinanza al mondo delle piccole e medie imprese e al territorio.