In realtà a comandare nella tv di Stato non è il Direttore Generale, i consiglieri, il Presidente o la dirigenza interna, bensì gli agenti ai quali i Fazio, le Littizzetto, i Celentano, le Perego, le Belen, le Canalis si rivolgono e si fanno gestire come pupazzetti senza gloria ma ben ricompensati!
Condivido quanto scrive Aldo Grasso a proposito sul Corriere della Sera: “Fazio non fa cultura, fa promozione. La sua abilità, per accreditarsi nei confronti del pubblico, costituito in gran parte dalla folta schiera del ceto medio riflessivo, è di invitare molti di quegli autori e di quei cantanti che usano la parola cultura fra virgolette, come fosse una bandiera della buona coscienza o un feticcio della propria superiorità intellettuale.”
Queste frasi sono così illuminanti, che di per se stesse sono un vero e proprio trattato di scienza della comunicazione. Del resto basterebbe ricorrere al sociologo mentore della teoria della comunicazione di massa, Mcluan, per poter esemplificare questa zona afflitta del “villaggio globale”, zona dove si contrappongono desiderio di fare cultura, desiderio di audience e desiderio di sponsor, il tutto miscelato in un cocktail drogato per l’utente disorientato che al massimo deduce il tutto in buoni e cattivi, assecondando qualche misterico disegno politico non meglio identificato. In poche parole propagandina camuffata da pseudo informazione culturale. Non dico, in tempi di internet, torniamo a trasmissioni cult degli anni scorsi della serie “L’approdo” o “Tv 7”, ma nemmeno assistere a queste parate della celebrazione della tele ipocrisia. E paghiamo pure il canone per vedere questo!
La nascita dei grandi poli televisivi privati Mediaset , Sky , la7 hanno contribuito pochissimo all’innovazione dei palinsesti: trasmissioni come Matrix, come 8emezzo, come Annozero o Ballarò, c’è una vera e propria crisi di "vocazioni artistiche" anche nella creazione di programmi talk di discussione politica. Era più innovativa la tribuna politica di Jader Jacobelli! Per non parlare del linguaggio usato: insulti, bestemmie e via dicendo, in sintesi tv greve. Lo stesso Vespa, pur nella sua professionalità, dopo averci ammorbato coi modellini e i plastici del delitto di Cogne, di Avetrana e ….. oggi fa il mediatore fra le intemperanze di questo e quel politico, senza far arrivare nulla al telespettatore che percepirà solo liti e urli.
Allora richiamiamo gli Arbore, Boncompagni, Costanzo, Vaime, Guglielmi, Freccero, Minoli per ridare sprint e dignità al mezzo televisivo che irrompe vuoi e non vuoi in ogni casa. Evidentemente si è dimenticato il garbo e il rigore nella programmazione televisiva considerando la delicatezza dell’innata formazione-informazione che il mezzo televisivo che esercita direttamente su chi lo vede. Meglio allora ascoltare la radio.
Desideravo concludere questo mio invito ai "creatori di programmi”, con una frase del grande Ennio Flaiano contenuta nel saggio “lo spettatore addormentato" a proposito del teatro: «se oggi il teatro ci sembra troppo lungo, è perché "noi siamo più corti".»
Per me tale concetto vale anche per la televisione, dove certi programmi ci rendono “più corti”!