A cosa serve la Consob

A cosa serve la Consob?
La domanda può sembrare un po’ brutale, ma è di grande attualità negli ultimi tempi. E sicuramente se la saranno posta le migliaia di vittime di truffe e crack finanziari saliti agli onori della cronaca negli ultimi anni: bond argentini, Cirio, Parmalat, solo per citarne alcuni tra i più rilevanti. Protagonista, in molti di questi casi, l’assenza o la scarsità di vigilanza da parte degli organi di controllo.

La Consob, Commissione Nazionale per la Società e la Borsa, è il principale organo di controllo del corretto funzionamento dei mercati finanziari e della Borsa Italiana, istituito 37 anni fa. Si tratta di un’autorità amministrativa indipendente, con propria personalità giuridica, nata per tutelare gli interessi degli investitori italiani. Al vertice della struttura, un organo collegiale composto dal Presidente (attualmente la carica è ricoperta da Giuseppe Vegas, promosso a novembre dopo una vacatio di sei mesi e succeduto a Lamberto Cardia) e da quattro commissari (Vittorio Conti, Michele Pezzinga, Luca Enriques e Paolo Troiano), nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, che restano in carica per sette anni.

Le attività della Commissione sono molteplici e sono tutte tese ad assicurare la trasparenza e l’efficacia del mercato finanziario, vigilando sulle varie società di gestione dei mercati, sugli intermediari e sui promotori finanziari e controllando il corretto svolgimento delle negoziazioni. Nel dettaglio, la Consob controlla le informazioni e i documenti rilasciati dalle società quotate e le informazioni immesse nel mercato tramite offerte di scambio e acquisto e operazioni di investimento. Si occupa della regolamentazione della prestazione dei servizi di investimenti, degli obblighi informativi delle società quotate, del corretto svolgimento delle offerte. Inoltre, è l’organo addetto ad autorizzare l’esercizio dei mercati, la pubblicazione dei documenti, l’iscrizione ai diversi Albi, l’immissione di strumenti finanziari e, nei casi previsti dalla legge, può procedere a sanzionare i soggetti vigilati. In sostanza, la Consob ha l’obiettivo primario di tutelare l’interesse privato degli investitori. O almeno, così dovrebbe essere.

I problemi sono nati nel momento in cui la Commissione si è considerata priva di sostanziali poteri di controllo sulle informazioni che precedono le negoziazioni finanziarie. Se si vuole infatti cercare una costante nelle vicende degli ultimi anni, la si può trovare nell’atteggiamento eccessivamente prudente (secondo molti superficiale ed inconsistente) della Consob, concentrata esclusivamente a dimostrare di aver adempiuto agli obblighi di legge, con l’esercizio di controlli formali e non sostanziali.

A confermare la lacunosità di questo approccio, la sentenza rivoluzionaria della Cassazione di qualche giorno fa (n. 6681/2011) che ha confermato la condanna della Consob al risarcimento del danno subito da un gruppo di risparmiatori, truffati tra il 1990 e il 1992 da una società di intermediazione mobiliare, la Sim. Secondo i giudici, infatti, la Commissione è intervenuta con ritardo a sospendere l’attività della società e quindi ha avuto una precisa responsabilità nei confronti dei risparmiatori.

La Consob si è difesa davanti ai giudici sostenendo, come già accennato, di non essere tenuta per legge ad operare controlli sostanziali sui prospetti di informazione al cliente, ma solo formali. La Suprema Corte ha invece stabilito che, in quanto ente di controllo e vigilanza, essa aveva l’obbligo – seguendo la norma primaria del neminem laedere – di svolgere la propria funziona di garanzia per i risparmiatori in concreto, con azioni volte ad impedire danni nei loro confronti, senza attenersi esclusivamente ai suoi doveri istituzionali (bisogna infatti considerare che quasi sempre gli intermediari finanziari rispettano formalmente le norme, ma sostanzialmente le aggirano).

In altre parole, secondo la Cassazione, chi ha l’obbligo di vigilare e non lo onora (o lo fa tardivamente), è corresponsabile dei danni prodotti e può essere condannato a risarcire i cittadini frodati.

Come immaginabile, si tratta di una importantissima sentenza che amplia notevolmente le tutele per i risparmiatori e, contemporaneamente, gli obblighi degli organi di controllo. Essi, infatti, sono nella condizione di avere un livello elevato di informazione (sicuramente maggiore rispetto a quello che potranno mai avere i singoli investitori, ma anche le banche stesse), ma in molti casi non sono stati in grado di utilizzare queste informazioni per fornire un scudo protettivo ai risparmiatori.

Per capire meglio oneri e responsabilità, basti pensare alla vicenda Cirio. È emblematico che ad un’azienda che solo due anni dopo si sarebbe ritrovata in una situazione finanziaria da tracollo, sia stato concesso di accedere al prestito obbligazionario, per il quale i presupposti sono bilanci in regola ed un’accettabile grado di solvibilità.

E sulla vicenda Parmalat? In quel caso, l’ex presidente Lamberto Cardia, annunciò a gran voce che la Consob aveva fatto il suo dovere , ma la società era “reticente” e non voleva far luce sui “segreti dei suoi bilanci”, aggiungendo poi, con preoccupante fatalismo, che “nessun sistema, quale che sia la sua architettura e i suoi strumenti e nessuna normativa, per quanto stringente, potranno evitare del tutto fenomeni fisiologici quali i fallimenti societari e reati finanziari che appartengono alla più estrema patologia".

Per quanto riguarda le obbligazioni argentine, la Consob avrebbe dovuto conoscere l’anomalia del mercato finanziario italiano e sapere che i bond argentini venivano venduti in larga parte anche a risparmiatori che non presentavano un profilo di rischio compatibile con il rating dei titoli. Questa anomalia non era affatto difficile da individuare, avendo come indice rivelatore il numero dei risparmiatori che aveva investito nei titoli argentini tra il 1999 e il 2001, notevolmente superiore alle media degli altri Paesi europei, e il fatto che fosse decisamente sproporzionato rispetto ad una speculazione riservata ai soli investitori esperti.

La verità è che la Consob, soprattutto durante la presidenza Cardia, si è preoccupata di essere prevalentemente un tramite, un crocevia notarile nelle grandi operazioni finanziarie, e non un arbitro super partes, una protezione per gli investitori. Solo recentemente, grazie anche allo stimolo di una Banca d’Italia più attenta alla tutela dei consumatori del sistema bancario, ha iniziato a prendere posizioni più decise e garantiste.

Nell’estate del 2010, infatti, la Commissione è sembrata svegliarsi da un lungo torpore, grazie all’attività dei tre commissari Vittorio Conti, Michele Pezinca e Luca Enriques che hanno segnato un salto di qualità rispetto alla gestione precedente, sganciandosi dalla palude delle manovre di palazzo e della burocrazia, arginando l’invadenza della politica ed esercitando un pressing intenso e costante sugli uffici per renderli più efficaci nell’azione di vigilanza.

Da quando Cardia non c’è più, i lavori sono andati avanti in maniera più spedita ed incisiva. Il Piano Strategico – una sorta di piano industriale che l’ex presidente aveva tenuto fermo per mesi – è stato il primo punto messo a segno. Poi è stata la volta del Codice Etico dei membri della Commissione, pronto fin dal 2008 e approvato solo dopo l’uscita di Cardia. Ma anche la nuova presidenza di Vegas, che in questi giorni sta affrontando temi caldi come la vicenda Premafin-Groupama, sembra aver iniziato con il piede giusto. Una delle prime mosse, è stata porre in consultazione un regolamento più stringente sugli spot sulle obbligazioni bancarie, stabilendo alcune regole da seguire in modo da garantire che nella pubblicità siano presenti «le informazioni rilevanti ai fini della scelta d’investimento». 

Una sollecitudine che non si era mai vista negli anni precedenti, che fa ben sperare per il futuro e che argina nei pensieri degli investitori, almeno per qualche tempo, l’antico – ma anche estremamente attuale – quesito che si poneva Giovenale nelle sue Satire: “Quis custodiet ipsos custodes?” (chi sorveglierà i sorveglianti?).

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