Midriasis / Cajas habitadas – a cura di M.M.
María Ángeles Vila Tortosa
8 – 23 ottobre 2011
Museo Mario Praz, Roma
“La casa è una proiezione dell’Io (…) Ma fino a che punto sono io il protagonista, e fino a che punto, per converso, sono io il succube delle cose, l’apprenti sorcier che non sa più controllare l’ambiente? (…) In un caso o nell’altro, si può pensare, avviene una tale fusione tra l’individuo e l’ambiente, che l’uno non può fare a meno dell’altro, e la distinzione o la metamorfosi dell’ambiente dovrebbe portare al crollo dell’individuo.” Mario Praz, La Casa della Vita.
La Galleria Nazionale d’Arte Moderna, il Museo Mario Praz, si è tinta di contemporaneo. Una grande artista emergente valenciana, Maria Angeles Vila Tortosa, ha esposto la sua mostra dal titolo Midriadi / Scatole abitate, con la volontà di creare un dialogo con gli splendidi spazi della casa museo M. Praz. Il titolo, in lingua spagnola, prende in prestito un termine medico relativo alla patologia di dilatazione della pupilla (mydriasis), per suggerire la necessità di uno sguardo più attento al fine di percepire il tema delle emozioni, della memoria e degli affetti familiari molto caro a María Ángeles.
L’andare oltre di quest’artista lo vediamo dal fatto che non si sente soddisfatta da tele, stoffe e statue, e sente il bisogno di qualcosa di nuovo. Elabora appunto dei polittici che chiama cajas habitadas, e non sono altro che contenitori di innumerevoli emozioni e stati d’animo del passato e del presente, di determinati momenti non solo dell’artista ma di ciascun individuo.
Uno o più interventi di María Ángeles caratterizzano ogni singola stanza del museo. Il grande salone è intriso di gioia e serenità legate alla figura materna, che è racchiusa in una scatola la cui prospettiva è creata da immagini realizzate su diversi vetri trasparenti, sovrapposti e illuminati da dietro. Lo studio ospita sul tavolo centrale ben 6 scatole che simboleggiano la creazione. Ciascuna di esse è un carillon che risuona nella stanza e che, confondendo la sua musica con quella degli altri carillon, crea una sorta di caos acustico paragonabile alla confusione mentale dell’artista durante la creazione di un’opera d’arte, seguito poi da un appagante silenzio. La sala delle biblioteche funge da spartiacque, ed è seguita da un corridoio con un tavolino posto proprio sotto la finestra. Lì Praz era solito mangiare in solitudine, mentre ammirava i tetti di Roma. Da qui la decisione dell’artista di rappresentare la solitudine con una scatola che richiama l’allontanamento e l’alienazione dalla società. Di seguito troviamo la camera di Lucia, preparata come se ci fosse la possibilità di un suo ritorno da un momento all’altro.
