Per l’unità politica dell’Europa
Signori Sottosegretari Dassù e de Mistura
Signor Segretario Generale Ambasciatore Massolo
Signori Ambasciatori
sono lieto di incontrarvi al termine dei vostri lavori e ringrazio il ministro Terzi per l’efficace sintesi che me ne ha offerto.
Il giro di orizzonte che avete compiuto nel corso della Conferenza è stato molto ampio, giovandosi di contributi altamente qualificati, a cominciare dall’introduzione del Ministro, e avendo nello sfondo il recente, esaustivo "documento di programma" del Ministero.
Ritengo perciò che sarebbe un fuordopera, da parte mia, passare in rassegna, incorrendo in un fatale rischio di ripetitività e genericità, una lunga serie di situazioni e di questioni oggi all’attenzione della nostra politica estera. Vorrei quindi limitarmi a brevi riflessioni su qualche nodo problematico e poi anche sull’esperienza da me personalmente compiuta in questi anni, alla luce della quale sento di poter meglio esprimere un’opinione sul vostro ruolo e sul vostro operato.
Un importante nodo problematico mi pare oggi quello del rapporto – nella nostra visione e azione internazionale – tra l’impegno in Europa e l’impegno (per dirla in modo un po’ spicciativo) nel resto del mondo. Siamo, nella fase attuale, certamente dominati dalla preoccupazione per l’ancora grave crisi dell’Europa, e più in generale per quel che accade in seno all’Europa e per il futuro dell’Unione Europa. Il nostro coinvolgimento nella sfida per salvare l’Euro e con esso le conquiste e le prospettive del processo d’integrazione europea, è totale.
Siamo ancora immersi in una crisi che è inscindibilmente italiana ed europea, nella scia della crisi globale insorta nel 2008. Sappiamo come per l’Italia l’abnorme debito pubblico accumulatosi nei decenni sia divenuto – nel ritardo o nell’insufficienza di politiche capaci di intaccarlo decisamente – un elemento di fragilità tale da esporci al rischio di un drammatico disastro finanziario. E scontiamo anche le conseguenze della contraddittorietà e dell’angustia delle risposte date dall’Unione, nel corso del 2011, alla crisi dell’Eurozona nel suo complesso.
Siamo dunque chiamati a fare finalmente scelte severe e coraggiose a casa nostra ; e insieme a concorrere a soluzioni organiche di consolidamento della moneta unica, di rafforzamento della governance economica e del potenziale di crescita dell’Unione. Come si è già visto nelle ultime settimane, questo contributo possiamo metterci in grado di darlo effettivamente e di vederlo riconosciuto. Un ritorno autorevole dell’Italia al tavolo delle istituzioni europee e nella cerchia di impegnativi incontri ristretti, è già in atto.
Si spiega dunque assai bene il concentrarsi sull’Euro dell’impegno del nuovo governo, particolarmente abilitato nella persona del Presidente Monti e di altri suoi membri a intervenire nel teatro europeo. Ne è parte lo stesso concentrarsi di queste settimane sul varo di un corposo decreto, motivato dalle urgenze del critico contesto finanziario europeo.
Ma forse l’accento va messo anche su altro, sempre a proposito dell’Europa : e cioè sul palese ristagnare di una politica estera comune, e sullo stimolo che da parte nostra può venire al rilancio di quello che pure in termini istituzionali aveva rappresentato una delle principali innovazioni e promesse del Trattato di Lisbona. Più in generale ancora, c’è da vedere quanto e come l’avvio di un cantiere inedito come quello dell’annunciato Accordo Internazionale a 17 e forse persino a 26 membri (con la sola eccezione del Regno Unito), può divenire un’occasione non solo per un chiarimento sulla irrinunciabilità del metodo e del quadro comunitario, ma anche per un più coraggioso balzo in avanti – al di là del solo "fiscal compact" – verso un’Unione politica, verso un’Unione più integrata in tutte le sue dimensioni.
Parlando di sviluppi finora deludenti della politica estera comune, anche nel suo nuovo assetto di vertice e nella sua nuova strumentazione, non si può non pensare innanzitutto all’indebolirsi, ormai da tempo, della voce dell’Europa nel dissonante concerto e nell’inconcludente affanno del processo di pace in Medio Oriente. Ma in pari tempo balzano in primo piano come oggetto di attenzione la proiezione balcanica e la proiezione mediterranea, che si dovrebbero considerare radicate in una visione di politica estera dell’Unione. Entrambe interessano fortemente l’Italia ; ed ad entrambe l’Italia può imprimere una notevole spinta, per l’iniziativa costantemente sviluppata e per l’influenza acquisita nell’una e nell’altra area. Rafforzamento delle nostre relazioni bilaterali con i paesi dei Balcani Occidentali, innanzitutto Serbia e Croazia ; e sollecitazione di un ben più coraggioso e coerente sviluppo dell’azione comune europea specie verso i paesi del risveglio arabo – possono perfettamente integrarsi tra loro.
Tuttavia non possiamo guardare ad altri quadranti, a tutti i quadranti della politica internazionale, solo attraverso il prisma della PESC. La politica estera italiana ha storicamente la più ampia articolazione, presentando in questo senso una sua peculiare forte continuità. Lasciatemi sottolineare la convergenza di grande valore da lungo tempo realizzatasi e confermatasi in Parlamento attorno alle principali direttrici di sviluppo e agli indirizzi di fondo della politica estera da portare avanti in nome dell’Italia. E ciò grazie anche e in particolare all’impegno – negli ultimi tre anni e mezzo – del Ministro Franco Frattini e dei Sottosegretari Mantica, Craxi e Scotti. Non partiamo dunque certamente da zero, e non ci sono svolte di indirizzo da compiere.
Ma un qualche rischio può esserci di indebolimento della nostra attenzione e iniziativa, per effetto di quel giustificato, anzi obbligato concentrarsi del nostro impegno nell’arena europea. Non vedo questo rischio per quel che riguarda il nostro fondamentale rapporto con gli Stati Uniti, il nostro sempre essenziale impegno nella NATO, la nostra qualificata presenza e iniziativa nei grandi fori delle Nazioni Unite.
Ma una debolezza d’impegno e di dinamismo da parte nostra c’è già stata in anni recenti – sul piano politico, dico, al di là della valutazione da darsi a proposito della presenza economica italiana – verso i grandi paesi emergenti, segnatamente dell’Asia. E’ una debolezza da superare decisamente, da non lasciare che si aggravi. E c’è da rilanciare nel rapporto con realtà dell’Africa e dell’America Latina un’iniziativa politica che faccia anche leva sullo strumento di cooperazione allo sviluppo a disposizione del nostro paese.
Per altro verso, dobbiamo – mi pare – prestare attenzione alla necessità che il nostro intenso rapporto, anche politico con la Russia, non subisca – oltre che una inevitabile "spersonalizzazione" – un affievolimento, che costituirebbe un errore e un danno, fatto salvo ogni opportuno aggiustamento e adeguamento in rapporto agli aspetti critici che stanno assumendo evidenza nella situazione di quel così rilevante paese.
Questi erano i brevi spunti problematici che volevo suggerirvi. Per quanto rischioso e difficile sia il passaggio che il nostro paese sta vivendo, credo che voi tutti possiate operare nella grande cabina di guida della Farnesina e nelle postazioni delle nostre rappresentanze all’estero, condividendo con me quella consapevolezza e quella fiducia che ho cercato di trasmettere agli italiani e a chi ci guarda dal di fuori, attraverso le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia. Consapevolezza di quel che storicamente rappresentiamo, insieme, certo, con la consapevolezza delle dure sfide che abbiamo davanti ; fiducia, fondata su forti ragioni, nella nostra capacità di superarle come altre non meno ardue ne abbiamo superato nel lungo e accidentato percorso dei 150 anni.
Io desidero esprimere la mia riconoscenza a voi, signore e signori Ambasciatori, che in tanti paesi di diversi continenti avete saputo accendere le luci, con belle e meditate iniziative, sul retaggio del movimento per l’Unità d’Italia, sulla costruzione, i progressi, le cadute e i nuovi slanci e balzi in avanti del nostro Stato nazionale. Iniziative non di rado animate dalle importanti realtà associative degli Italiani all’estero, operanti nei settori politico, culturale, sociale e scientifico, in stretto collegamento con Ambasciate e Consolati. Ripercorrendo le vicende dell’avvento e dello sviluppo dello Stato unitario, siamo anche tornati alle radici della nazione e della civiltà italiane. E questo è un formidabile patrimonio il cui fascino, la cui forza d’attrazione ovunque nel mondo – posso dare di ciò anch’io diretta, ricca testimonianza – non conosce flessioni. E’ un motivo d’orgoglio che certo ispira fortemente voi che ci rappresentate in paesi vicini e lontani ; essere all’altezza di quel patrimonio di civiltà e dei periodi più luminosi della nostra storia è al tempo stesso un’alta e gravosa responsabilità che tutti – io con voi oggi qui – condividiamo.
Responsabilità che voi assolvete anche facendo conoscere – e contribuendo a che si affermi, nell’era del mercato globale – l’Italia dell’impresa e del lavoro, della ricerca e della qualità, l’Italia innovativa e competitiva. Così come l’Italia della cultura e dell’arte nelle sue nuove espressioni, e anche in quelle esperienze e specializzazioni che possono validamente collaborare alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale di altri paesi.
Vi ho visto all’opera visitando in questi quasi sei anni decine di paesi ; e desidero esprimervi il mio sincero, convinto apprezzamento, anche per le condizioni difficili, spesso ardue e non esenti da rischio, in cui svolgete il vostro compito, tra limiti e recenti ristrettezze. Vi ho visto, al di là del chiuso degli uffici, cercare una continua osmosi con la società civile, con gli operatori economici, con i giovani, con il mondo culturale e scientifico, prestando attenzione a ogni cambiamento e a nuove linee di tendenza che emergono nei paesi dove operate. Quel che ho potuto ben cogliere, al di là delle missioni e della qualità dei singoli è un comune imprinting, fatto di motivazione nazionale e professionale, di senso dello Stato e di spirito di servizio, e anche di stile e finezza personale. E’ la tradizione della diplomazia italiana, che ha rappresentato un fattore fondamentale di costruzione e consolidamento del ruolo e del prestigio internazionale dell’Italia unita a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
Contano le persone, e conta la struttura, l’Amministrazione degli Esteri. Abbiamo bisogno del massimo sforzo ed apporto di ciascuno di voi, per meglio conoscere il mondo in cui ci muoviamo, nelle sue accelerate e incessanti trasformazioni : in particolare, dunque, della vostra curiosità e vivacità intellettuale, capacità di analisi e di proposta ai fini dello sviluppo della politica estera italiana ; della vostra schiettezza e indipendenza di giudizio, al servizio solo del paese, dello Stato nella sua continuità, al di là del succedersi delle formazioni di governo e delle maggioranze politiche.
La Farnesina è già da tempo impegnata in un processo di riforma e razionalizzazione, anche per il miglior uso di risorse finanziarie scarse e con spirito di sacrificio. Ma non può esserci dubbio sul fatto che l’Amministrazione degli Esteri, il nostro Corpo Diplomatico, rappresenti in primissimo piano una di quelle strutture portanti dello Stato nazionale, che vanno rinnovate ma non depotenziate e mortificate né in erroneo ossequio all’integrazione europea né in fuorviante aderenza a una falsa concezione di federalismo interno.
Quella degli Esteri è naturalmente una struttura che opera in sinergia con altri Ministeri e altri corpi dello Stato, in modo particolare con la Difesa e le Forze Armate, e oggi anche con la nuova, originale articolazione di governo istituita per la cooperazione e integrazione.
In quanto a me, continuerò ad esservi vicino. La definizione e la guida della politica estera è responsabilità del governo : il nostro ordinamento costituzionale non consente equivoci e sovrapposizioni a questo riguardo. Ma il Presidente della Repubblica è partecipe di una funzione di rappresentanza internazionale del paese : funzione che ho assolto sempre in piena sintonia con il Ministro e il Ministero degli Esteri e cercando di dare contributi e sostegni alla linea d’azione dell’Italia attraverso la rete delle relazioni tra Capi di Stato, le visite all’estero e gli incontri in Italia con ospiti stranieri. Ho cercato in pari tempo di dare contributi conferendo nuova funzionalità al Consiglio Supremo di Difesa che presiedo, sostenendo con profonda convinzione la nostra partecipazione alle missioni internazionali di pace e di stabilizzazione, da ultimo anche all’intervento in Libia, impegnandomi sulle tematiche dell’integrazione europea, favorendo evoluzioni positive come, da oltre un anno a questa parte, nelle relazioni tra l’Italia e i nostri vicini adriatici.
In questo stesso spirito si svilupperà certamente la collaborazione col Ministro Terzi, che ringrazio anche per il suo contributo di valutazioni e di stimoli alla Conferenza che oggi si concluderà.
Auguro a voi, a tutti gli uomini e donne del Ministero degli Esteri, e alle vostre e alle loro famiglie, di trascorrere in letizia, serenamente, le festività del Natale e dell’Anno Nuovo.