anziani giovani – rappresentano il 30% della popolazione sopra i 65 anni;
anziani attivi – rappresentano il 32%, lamentano qualche disturbo ma partecipano alla vita sociale;
anziani ritirati – rappresentano il 19%, si considerano vecchi e si autoescludono dal contesto sociale;
anziani emarginati – rappresentano il 19%, si considerano isolati dal contesto familiare e sociale e spesso sono disabili con scarse disponibilità economiche.
L’analisi della condizione dell’anziano non può che derivare da un dato chiaro ed emblematico: nel nostro Paese l’invecchiamento è il più elevato d’Europa ed è secondo solo al Giappone. Infatti, al 31 dicembre 2009 la popolazione residente in Italia era di 60 milioni e 340 mila unità così ripartite: 29 milioni e 300 mila maschi e 31 milioni di femmine. Il nord mantiene il primato, con il maggior numero di residenti 27 milioni e 500 mila. I residenti del Mezzogiorno sono 21 milioni. Il centro rappresenta il fanalino di coda con 12 milioni.
Nel 2009 continua il trend in aumento del grado di invecchiamento della popolazione. Al 31 dicembre 2009 l’indice di vecchiaia, ossia il rapporto tra la popolazione di 65 anni e oltre e quella con meno di 15 anni, si stima essere pari al 144%.
Secondo le stime dell’Istat, in Italia nel 2001 il numero di ultra 65enni ammontava a circa 10 milioni e mezzo di persone (il 18% della popolazione italiana), nel 2006 si stima che questo numero lieviti fino ad arrivare a circa 11 milioni e mezzo. Cresce il numero di anziani e soprattutto migliora la qualità della vita dopo i 65 anni. L’anziano è un individuo ancora con molte energie e risorse, che vive la terza età con maggiore serenità, non più come un punto di arrivo, ma come un nuovo e stimolante punto di partenza.
Secondo alcune previsioni statistiche in base ai dati attuali, gli anziani oltre 65 anni saranno il 20,75% del totale dei residenti. Nel 2030 Il numero degli ultra 65enni supererà quello delle generazioni di mezzo (30-59enni).
Nel 2050 gli ultra 65enni raggiungeranno il 35% degli abitanti di cui 7-8 milioni avranno più di 80 anni e 2 milioni più di 90.

L’età che si allunga potrebbe essere considerata un sentimento da una parte, una presa o stato di coscienza dall’altra, e non un numero di anni che si aggiunge cronologicamente agli anni che si hanno. Anche se assistiamo al nostro corpo che cambia è importante non lasciarsi condizionare psicologicamente ma mettere in risalto i vantaggi e le opportunità del momento. Anziani significa avere rispetto per le persone che hanno degli anni in più rispetto ai nostri; anziani significa anche essere giovani.
Perché dico questo? Affermo ciò perché, per quanto anziani si possa essere, per tutta la vita ci si sente sempre e comunque dentro di sé gli stessi di sempre; giovani e bambini. Ricordiamo spesso in ognuno le prime volte in tutto. La nostra innocenza, la nostra furbizia, l’excursus di ogni nostra prima vicissitudine vissuta con il nostro modo di essere infantili e non sentirsi mai cresciuti in tutto e per tutto abbastanza.
Molti considerano gli anziani “il valore aggiunto” della società.
“Valore Aggiunto” inteso soprattutto come “semina” per essere raccolta poi dagli altri. Non esiste infatti un modo di invecchiare uguale per tutti: le diverse reazioni all’ambiente e alle sue influenze, agli avvenimenti, sono da ascrivere alla struttura della personalità dell’individuo, alle sue esperienze, per cui l’uomo può invecchiare in modi e tempi differenti a secondo di questi aspetti e del proprio vissuto. Questi fattori finiscono per condizionare sicuramente e positivamente l’aspettativa di vita, le età del lavoro, del pensionamento.
Cerchiamo di abbattere i falsi pregiudizi e riscopriamo le reali potenzialità della terza età. Va detto e sottolineato che è necessario mantenere in forma la mente e il corpo per ottenere delle performance sorprendenti. In Italia c’è la tendenza a sottovalutare questa risorsa nel suo insieme, ma negli anni a venire, con la vita che si è allungata, sicuramente avrà i suoi spazi e la sua valorizzazione.