18-27 maggio 2012
«Perché avete paura?» (Mc 4,40)
La speranza dalle Scritture
1. Lo spirito del nostro tempo, tra paure e speranza
Lo spirito del tempo, del nostro tempo, di tutto sembra voler parlare fuorché di speranza. Nell’epoca in cui l’uomo è più attrezzato che in ogni altra quanto a conoscenze e a mezzi, egli vive più che in altre in un clima di paura diffusa, indistinta, fluttuante. Questa «paura» è il nome che diamo alla nostra incertezza, alla nostra ignoranza della minaccia o di ciò che c’è da fare (cf Z. Bauman, Paura liquida, Roma-Bari 2008). Più profondamente essa è l’emozione che procede dalla percezione del volto ambivalente del progresso umano e tecnico-scientifico (cfr. Giovanni Paolo II, enciclica Redemptor hominis, 1979, n. 16) ovvero del fatto che ciò che aiuta a vivere non assicura salvezza e può sempre trasformarsi in causa di rischio e di morte. La fortezza impenetrabile creata per proteggere, se si chiude sui suoi abitanti, rischia di diventare la loro tomba (cf B. Costacurta, La vita minacciata. Il tema della paura nella Bibbia Ebraica, Roma 1997). In questo senso nella nostra epoca conosciamo terrori proporzionati all’alto livello della sua tecnica: guerra atomica, disastri nucleari, crisi economiche improvvise e ricorrenti, virus killer, violenza incontrollata, solitudine, precarietà del lavoro, morte anonima, alienazione… Ci si sente vulnerabili e disorientati, perché minacciati nella salute del corpo, negli averi, nel lavoro, nella affidabilità dell’ordine sociale e nella stabilità della propria posizione in esso. Anche il Nord-Est vive questo travaglio «in cui si mescolano la preoccupazione per il tumultuoso processo di mescolamento di popoli e culture, la fatica a concepirsi in relazione con gli altri e l’individualismo diffuso, l’incertezza economica e il rimpianto per un benessere di cui si inizia a percepire la precarietà» (A Scola, Crisi economica e valori del Nord-Est, Intervento alla facoltà teologica del Triveneto, Padova 19 maggio 2011). La fine delle ideologie e delle utopie, ma anche l’obbiettiva fatica a dare ragione della speranza alimentata dalla fede cristiana (cf 1Pt 3,15) sembrano lasciare libero campo non già a quelli che la tradizione cristiana chiamava i «peccati» contro la speranza (la disperazione e la presunzione), ma al cinismo, all’aggressività e alla rassegnazione. Questo stato di cose può paralizzare individui, società e istituzioni che non sanno reagire in modo intelligente e condiviso. E diventa così l’anticamera di una decrescita che reca in sé un progressivo decadimento. Oppure ci provoca a un sussulto condiviso, argomentato e responsabile di reazione, di critica, di impegno e di immaginazione: in una parola a un risveglio della speranza. E allora diviene fattore di vita e di sviluppo. In questo senso l’assenza di speranza, per l’individuo come per una società, è il sintomo più prossimo della morte biologica e spirituale. Affinché un tale risveglio non resti un’illusione, un fuoco di paglia o una buona intenzione fine a se stessa, occorre però scavare dentro l’uomo e dentro la sua esperienza storica, religiosa e sociale. Dobbiamo dunque senz’altro tornare a parlare e a vivere di speranza in modo non individualistico, semplicistico o superstizioso. Significative, in proposito, le parole di Benedetto XVI: «Ci troviamo nuovamente davanti alla domanda: che cosa possiamo sperare? È necessaria un’autocritica dell’età moderna in dialogo col cristianesimo e con la sua concezione della speranza. In un tale dialogo anche i cristiani, nel contesto delle loro conoscenze e delle loro esperienze, devono imparare nuovamente in che cosa consista veramente la loro speranza, che cosa abbiano da offrire al mondo e che cosa invece non possono offrire» (enciclica Spe salvi, 2007n. 22).
2. Radici della paura e fondamento della speranza nelle Scritture
Muovendo dalla convinzione che nelle sacre Scritture Dio svela l’uomo all’uomo e lo aiuta a interpretare la propria esistenza personale e comunitaria, il Festival Biblico vuole essere un’opportunità per cercare nella Bibbia il senso delle paure e della ricerca di speranza che tutti viviamo. Lo farà a partire dalle dinamiche teologiche, antropologiche e sociali/politiche che i temi biblici della paura e della speranza suscitano, per offrirne il significato e le virtualità alla comune ricerca.
Nello stesso tempo la Bibbia si offre come parola di speranza. Di una speranza affidabile. Il concetto biblico di speranza si forgia lungo la vicenda narrata dal Primo Testamento. Si tratta di una speranza che essenzialmente si fonda nella promessa che Dio fa al suo popolo e che si configura nel patto di alleanza. La speranza cristiana si configura poi per la sua radicazione nell’evento della croce e resurrezione di Gesù Cristo che diventa il fondamento affidabile della speranza stessa. «La fede – scrive sinteticamente la Lettera agli Ebrei – è hypòstasis (cioè fondamento) delle cose che si sperano» (Eb 11,1). Il fondamento della speranza è dunque la fede intesa come fiducia fedele nella fedeltà senza se e senza ma di Dio alla sua promessa di vita, fedeltà pienamente manifestata nella solidarietà di Gesù Cristo con l’umanità e nella sua vittoria sulla morte mediante l’amore. La fede cristiana nella resurrezione di Cristo, e in essa di quella dell’umanità tutta, invita alla speranza nelle «cose di lassù» e nella «venuta del regno di Dio», regno di giustizia, amore e pace, dove la storia e la responsabilità umane presenti non si dissolvono, ma vengono stimolate e incrementate a dare il meglio di sé attendendo e preparando il loro compimento in Dio. Per il cristiano la timida speranza è così il senso dell’esistenza umana vissuta alla luce della resurrezione, cioè ricollocato nel movimento che possiamo chiamare futuro della resurrezione di Cristo (P. Ricoeur, Il conflitto delle interpretazioni, Milano 1986). Questa speranza è offerta a tutti, in particolare a coloro che, in qualunque forma, sono prigionieri o vittime della non giustizia e della non pace. Essa non è mai ego-centrica, ma apre l’individuo agli altri e a Dio (G. Marcel, Homo viator, Roma 1980); vive della consapevolezza che non è la scienza che salva l’uomo, ma l’amore (Benedetto XVI, Spe salvi, 26), e chiede un impegno responsabile e pazientemente tenace, creativo e disciplinato, intelligente e onesto (cfr. D. Bonhöeffer, Etica, Brescia 1995). Si tratta di una speranza affidabile in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente, anche quello faticoso, che può essere vissuto ed accettato se conduce ad una meta di cui possiamo essere sicuri e che è in grado di giustificare la fatica del cammino. La porta oscura del tempo, del futuro è stata spalancata (cfr. Benedetto XVI, Spe salvi, 1-2) e questo ci dà la capacità di vivere ogni giorno con responsabilità e amore.
3. Le scansioni del tema nella VIII edizione del Festival Biblico
L’ottava edizione del Festival Biblico declinerà il tema "«Perché avete paura?» (Mc 4,40) La speranza dalle Scritture” secondo tre dimensioni fondamentali.
Quindi la dimensione antropologica ed educativa che ci porterà a riflettere sul valore fondamentale della paura e della speranza per la vita umana individuale e comunitaria. Sarà importante cogliere come queste due istanze, prima che con la situazione socio-economica e con soluzioni tecniche, hanno a che fare e gettano luce sul modo di essere dell’uomo e del suo crescere nella vita tra passato, presente e futuro. Particolare significato rivestirà in quest’ambito l’attenzione all’educare, in particolare all’educazione delle giovani generazioni che rischiano di crescere in un clima di paure disorientanti, al senso del vivere nella consapevolezza della fragilità e della grandezza dell’esistenza umana.
Infine la dimensione sociale, politica ed economica che metterà in luce come il gioco di paure e di speranza sia un grande propulsore in vista della costruzione di un mondo-della-vita più umano che ponga a base della sua consistenza la ricerca della giusta misura nel vivere le sue potenzialità e dei suoi limiti. E come questo lo tiene libero dalla minaccia della violenza e dal sopruso emarginante e valorizza la dignità e l’apporto di ciascuno e di tutti gli uomini e le donne nel condividere una terra e una città che sia dimora ospitale per tutti.
IL PROGETTO
Perchè un Festival Biblico
CHE COSA PROPONE?
Perche’ proponiamo un Festival Biblico? Perche’ intendiamo aprire la Bibbia tra corti, vie e piazze di Vicenza e del suo territorio, laddove pulsano la vita e le relazioni della gente? La scommessa nasce dalla convinzione circa l’importanza vitale del dialogo tra le sacre Scritture ebraico-cristiane e l’uomo contemporaneo. Ai nostri giorni sperimentiamo come i processi generatori dell’identita’ dindividuale e sociale siano sempre piu’ difficili. Seminare creativamente la Parola biblica nell’humus del vivere contemporaneo diventa percio’ particolarmente interessante. Perche’ non riguarda soltanto la missione cristiana, ma anche l’esigenza occidentale di un umanesimo etico-spirituale socialmente condiviso in un’epoca ricca di inedite potenzialita’, eppure segnata da dalla frammentazione e dalla perdita del volto umano dell’uomo. Per questo la Chiesa italiana – come emerse anche nel Convegno di Verona (2006) – avverte come una frontiera decisiva della sua missione il dialogo con il mondo attuale e le sue culture.
IN CHE MODO?
Aprire le Scritture ebraico-cristiane, tutt’oggi Parola capace di interagire con la vita di credenti e non credenti. Creare occasioni di scoperta del Testo sacro attraverso un ascolto intelligente della Tradizione, capace di declinarsi attraverso modi e linguaggi nuovi. Rivitalizzare alcune preziose radici della nostra identita’ e cultura. Far incontrare uomini e donne alla ricerca di senso per la propria esistenza. Questi sono gli obiettivi del Festival Biblico, evento allo stesso tempo culturale e spirituale, che invita a un incontro globale con la Bibbia, interpellando i cinque sensi e il cuore, la ragione, le emozioni e le relazioni. Mostre e concerti, conferenze, meditazioni, momenti di preghiera, spettacoli e degustazioni… tutto questo non e’ estraneo alla Bibbia, Libro scritto non per gli studiosi, ma per la vita di donne e uomini di ogni tempo. Un Libro scritto per allargare gli orizzonti e abbracciare senza timore la bellezza che ci circonda.
A chi si rivolge
Il Festival Biblico si rivolge a tutti. Adulti e bambini. Studiosi e inesperti. Credenti e non credenti. Che la scoperta della Bibbia avvenga per la loro fede oppure per curiosità, magari per il gusto del bello espresso nell’arte sacra o attratti dal gioco, l’importante è che anche l’uomo di oggi incontri il Libro che, pur affondando le sue radici lontano dal nostro tempo, rimane tuttavia Parola viva e interpellante per l’uomo contemporaneo.
A quanti si lasciano incuriosire e coinvolgere, il Festival offre la possibilità di confrontarsi con una sinfonia di libri nei quali le microstorie personali e collettive si intrecciano con la storia della salvezza fra Dio e l’umanità. Se è vero che ogni libro assomiglia a uno specchio dell’anima nel quale l’uomo viene rivelato a se stesso, tanto più la lettura della Bibbia puo’ aiutare a ri-trovarsi fin nella profondità della propria interiorità. Arricchisce culturalmente, certo, ma può trasformarsi in una occasione di cambiamento personale. Improvviso e sorprendente.
Scarica il programma (pdf) (versione digitale del libretto Programma dell’edizione 2012 – 3,51 Gb)