Questa grave emergenza sta minando il patto di fiducia tra Istituzioni e società e occorre un progetto che sia il frutto di una visione corale di tutto il Paese, a cui tutti possano concorrere senza fare parti uguali tra disuguali. Non è utile una visione meramente “contabile” lontana dalle dinamiche reali e concrete della vita quotidiana.

Premetto che da tempo con fermezza, lealtà istituzionale e fattiva collaborazione, chiediamo al Governo e al Parlamento che le misure per la crescita sostenibile siano discusse – alla pari – tra tutte le Istituzioni della Repubblica nel principio della sussidiarietà.
Non si tratta solo di Imu, si tratta anche di patto di stabilità e di ruolo protagonista delle città italiane nella crescita e nello sviluppo. Equità, solidarietà e pari dignità sono le altre parole d’ordine della nostra manifestazione. La protesta per l’Imu è finalizzata a a introdurre un principio di maggiore equità e trasparenza. Oggi l’Imu contiene una tassa patrimoniale che va allo Stato: dire che le Amministrazioni locali dispongono dell’Imu sulla prima casa significa occultare le cose, perché i Comuni subiscono un taglio “preventivo” ai trasferimenti che arrivano dallo Stato, sulla base di stime di entrata Imu sopravvalutate. Questo significa che con le aliquote base, nelle casse dei Comuni entreranno comunque meno fondi rispetto allo scorso anno.
Come sindaci riteniamo che abolire l’Ici prima casa a suo tempo sia stato un errore.
Se invece ai Comuni fosse stata lasciata la gestione dell’Imu, essi sarebbero potuti uscire da una condizione di finanza derivata fatta di trasferimenti e avere quindi autonomia, avere un federalismo vero. Questo significherebbe peraltro attribuire maggiori responsabilità ai Comuni e incentivarli a controllare maggiormente il territorio.
Ma l’Imu rappresenta veramente un passo inevitabile della manovra “salva-Italia”?
Indubbiamente il Salva Italia ha bisogno di risorse e l’Imu, così come è stata strutturata la manovra, ne è una parte importante. Per questo sosteniamo che sarebbe stato molto più trasparente un prelievo tramite una patrimoniale, che il Governo aveva tutto il diritto di fare, e non con un’imposta sulla casa attraverso il prelievo da parte dei Comuni. Non cerchiamo scorciatoie, vogliamo portare avanti una battaglia corretta di tipo istituzionale, come abbiamo sempre fatto. Lavoriamo per migliorare le leggi, non certo per far finta che le leggi non esistano.
Come Anci lavoriamo per avere un’Imu più giusta. Più giusta per le Amministrazioni e per i cittadini. Vogliamo che a questa imposta venga restituita la sua caratteristica originale, ovvero che rimanga sul territorio e vada alle Amministrazioni locali. Bisogna infatti separare le imposte locali da quelle dello Stato e far sì che i cittadini possano direttamente giudicare come le risorse raccolte vengono impiegate.
E il Federalismo fiscale che fine ha fatto?
Ho chiesto in questi giorni un incontro con il Presidente della Commissione per l’attuazione del Federalismo, Enrico La Loggia, proprio per poter esporre le valutazioni dell’Anci in merito al processo di attuazione del Federalismo fiscale e ai documenti da sottoporre alle Camere. Ho apprezzato l’iniziativa intrapresa dalla Commissione di fare il punto sull’attuazione della legge 42/2009, anche se in un contesto difficile e profondamente mutato. Ho anche chiesto di poter esporre, appunto, le valutazioni dell’Associazione in considerazione della rilevanza delle questioni legate all’Imu.
Perché il Governo ha così paura di operare effettivamente i tagli al bilancio dello Stato?
Non credo sia paura, credo che sia molto difficile la situazione in cui si trova il Paese e che questo Governo si è trovato ad affrontare, considerando inoltre che nel nostro Paese è sempre stato molto difficile introdurre cambiamenti e toccare interessi e corporazioni.
In un clima di pesante crisi, non pensa che si dovrebbe ridisegnare l’Associazione dei Comuni più a misura dei cittadini?
I sindaci in quanto eletti dai cittadini sono in assoluto i migliori rappresentanti sul territorio delle istanze dell’Italia dei municipalismi che, pur nelle tante e diverse identità, ha bisogno di una rappresentanza univoca al tavolo della politica nazionale e del governo. E’ lì che Anci deve fare il suo mestiere. Inoltre organizza e attrezza materiali di documentazione per i servizi comunali. Il rapporto con i cittadini è proprio dei sindaci. Iniziative comuni rivolte alla gente vengono più volte concordate insieme da Anci e dai sindaci, ad esempio le campagne contro i tagli alla cultura.
Cosa fa l’Anci per promuovere una diversa cultura di “responsabilizzazione fiscale” dei cittadini?
Come Anci abbiamo visto con favore le politiche e i messaggi del Governo volte a sensibilizzare i cittadini verso l’evasione come deresponsabilizzazione individuale verso il sostegno ai servizi pubblici, mentre abbiamo al contrario disapprovato totalmente il richiamo alla “rivolta fiscale” da parte di alcuni sindaci. Pagare le tasse, per dare il proprio contributo a scuole, ospedali, servizi pubblici per tutti, è un dovere inalienabile di partecipazione alla vita comune e dovrebbe essere intoccabile almeno quanto il diritto di voto. Su questo, come Anci, abbiamo sempre insistito e continueremo a farlo. Credo sia importante, soprattutto in fasi critiche come questa, continuare a credere nella convivenza e nel patto di fiducia alla base della vita in comune.