A Brindisi poteva essere una strage con perdite di giovani vite ancora più numerose. Ma quando una ragazza di appena 16 anni resta uccisa in un attentato criminoso mentre entra a scuola nel suo istituto intitolato ai giudici Falcone e Morvillo, assistiamo non solo ad un atto di ferocia e di criminalità inaudita, ma anche ad un segnale di intimidazione· ed ad un attacco a tutta la convivenza civile. Insieme al dolore e allo sgomento c’è anche il dovere di collegare l’orrendo atto criminale alla data e cioè all’anniversario della strage di Capaci, perché l’attentato è compiuto a venti anni da quel tremendo assassinio che precedette di poco quello di Borsellino. La mafia non ha mai cessato di esprimere nei modi più diversi – dai colletti bianchi e grigi al ricatto, all’usura, al pizzo, fino ad attentati come questo – la sua azione per procurarsi ricchezza e potere di influenza da spendere in ogni direzione.

Lo abbiamo constatato ormai in innumerevoli inchieste della magistratura e nel lavoro investigativo delle forze dell’ordine che hanno trovato spazio anche sul terreno giornalistico, grazie soprattutto all’instancabile iniziativa del movimento di don Ciotti. Proprio da qui bisogna ripartire non solo per esprimere tutto il nostro sgomento e dolore, ma per riaffermare nello stesso tempo che riprenderemo con più energia ed efficacia la lotta contro il mostro mafioso che vorrebbe invece disporre di tutto e tutti. In questo senso colpire così crudelmente studenti ha un valore tragicamente simbolico perché vuole atterrire l’intero paese fino ad uccidere i giovani che del paese rappresentano la nostra stessa speranza di futuro. Ma è un ricatto che non potrà vincere se tutti, a cominciare dai partiti che devono smettere di divedersi in Parlamento in materia di corruzione, se tutti faremo la parte doverosa che ci spetta anche per onorare la ragazza brindisina, ultima vittima di un “rosario” di morti di mafia che speravamo concluso.