LA FAME CHE AVANZA

I cali dei consumi in Italia sono generalizzati, segnale evidente della crisi e della recessione che continuano e si aggravano. Colpisce soprattutto la diminuzione dell’acquisto di pane e pasta, alimenti base per la povera gente. I dati Istat sul rischio povertà sono del resto eloquenti, preoccupanti specie al sud, dove una famiglia su quattro è in condizioni davvero preoccupanti.

Cresce l’afflusso alle mense della Caritas, dove anche pensionati in abiti dimessi ma dignitosi fanno la fila con il vassoio in mano perché faticano ad andare avanti. Ritornano immagini del dopoguerra, quando per la cena non si sprecavano gli avanzi e il pane raffermo magari rammollito nel latte si accompagnava a un pezzetto di formaggio o mezzo uovo sodo spartito con i fratelli.

Risalta maggiormente tutto questo e dovrebbe provocare vergogna, invasi come siamo dagli ultimi aggiornamenti minuto per minuto sul calcio mercato, dalle vacanze stellari dei soliti privilegiati in vetrina su rotocalchi e tv. Sarebbe sicuramente da preferire minore ostentazione e maggiore pudore anche da certi mass media. Il problema di fondo tuttavia resta politico, anche rispetto agli interventi di solidarietà e assistenza da parte degli enti locali.

Non si può immaginare che il doveroso contenimento della spesa pubblica aggravi ulteriormente le condizioni delle fasce più disagiate e più provate della popolazione. Anche in questo senso le decisioni europee che tardano troppo a divenire operative non solo appesantiscono lo spread ma rendono difficili politiche ed interventi per bisogni sociali primari nella prospettiva del rilancio sempre più urgente dell’occupazione.

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