MONTI REGGE?

Il presidente del Consiglio ha ripreso la tessitura dei rapporti europei recandosi a Bruxelles dal presidente Barroso e a Berlino dalla cancelliera Merkel. Aveva fatto il punto con il Capo dello Stato senza che nulla trapelasse dall’incontro. Non difficile immaginare però gli argomenti in discussione, tanto per l’agenda europea quanto per la parte italiana. Il quadro resta particolarmente impegnativo. Se il processo di risanamento ha ottenuto risultati notevoli e riconoscimenti importanti sul piano internazionale e anche da parte dei mercati, restano gli ulteriori passi da compiere sul lato della crescita, dell’occupazione e della ridistribuzione del carico fiscale, per dare respiro alla ripresa produttiva. Misure tutte non facili che si scontrano con una persistente chiusura in sede europea e la resistenza, soprattutto da parte della Germania, a rendere concretamente operativi gli orientamenti già emersi nel vertice europeo di fine giugno.

L’incertezza e l’attesa non giocano a favore dell’Italia e all’avvio di quella seconda fase tanto indispensabile e tanto in ritardo dal trovare concretizzazione. Crescono così le pressioni sul governo accresciute dalle tensioni tra i partiti della larga maggioranza e dalla confusione al loro interno. Il mancato accordo sulla legge elettorale è lo scandalo maggiore, ma pesa in misura notevole lo scontro sulle norme contro il progetto del ministro Severino di contrasto alla corruzione. Tutte materie che appaiono allo stato non componibili e su cui da tempo fanno campagna elettorale Di Pietro e Grillo con iniziative aggressive e spregiudicate.

Perciò il peso sulle spalle di Monti potrebbe alla lunga diventare insostenibile e la tentazione di scorciatoie elettorali sempre meno controllabile. Si tratterebbe però di un grave errore e di un pessimo calcolo – sia a destra che a sinistra – pensare che una caduta anticipata del governo sarebbe un vantaggio per l’Italia.

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