Le case basse che si addossavano attorno ai palazzi dei Principi e dei Cardinali, dove viveva il popolo minuto, oggi hanno costi esorbitanti mentre le vecchie botteghe spariscono e mutano gli abitanti. Muore un tempo, che ingrossa periferie tutte uguali a Roma come nel mondo.

Vibrano queste pietre e sono le stesse in cui Eco parla usando l’ultima parola di Narciso? O sono quelle che Filomela invoca perché parlino, prima che Tereo gli mozzi la lingua e la rinchiuda in una stalla di pietra: solo un telaio gli resterà per narrare la violenza subita. Sua sorella Procne, approfittando delle feste di Dioniso, asciugherà le sue lacrime uccidendo il figlio e servendolo in pasto al padre. Sarà poi trasformata in un usignolo cui sul petto resta la traccia rossa della orrenda strage del figlio Iti.
Evocazione di un femminile muto e sanguinario regredito ad una disperante violenza su cui tace il silenzio, interrotto dal canto più seducente che la natura ci offre. Alle pareti due specchi retroilluminati rimandano un’immagine di acqua e pietre e nuvole finemente incise come da una punta secca e sottile. Narciso è vivo dietro lo specchio. Lithocoro è un paese attraverso cui si è costretti a passare per salire sul monte Olimpo.
La mostra Litochoreia resterà aperta fino al 25 Novembre 2012, presso lo Studio Arti Floreali a Roma.
Paolo Hermanin vive e lavora a Roma; con le sue opere ha partecipato alla Biennale di Venezia del 2011.