INTERNET: PERICOLO SOLITUDINE

Immagini di Carla Morselli

Siamo immersi nei linguaggi perché siamo linguaggio e nella magnifica esperienza della rete sperimentiamo l’onnipotenza della torre di babele. La vibrazione elettrica di essere connessi, la grande piazza virtuale ci dà l’occasione di mostrarci, nell’uso della parola si inseriscono fotografie, video e musica: tutto il corpo entra in gioco nella brillantezza dello schermo: siamo lo schermo. Il mouse e il dito sono la stessa cosa.

L’ebbrezza di misurarci in questo universo, quella che ci fa sentire vivi come un pittore davanti alla sua tela, un cineasta nella visionarietà della sceneggiatura, si schianta sul tasto dolente della risposta rimandata, dello specchio che non riflette l’immagine, dello sguardo non corrisposto. Il tempo e le sue regole si intromettono, e questa dimensione spaziale che ci vorrebbe capaci di essere produttori di contenuti, nell’infinita possibilità di canali, e ci riconduce su quel limite cui temiamo la differenza con l’altro. Sul potere, la bellezza e la felicità iniziali cala la nebbia della consapevolezza delle nostre incertezze, del nostro limite. La potenza di un dito apre applicazioni, sa quel che avviene dietro la curva della strada, ci propone giochi per ingannare l’attesa, ci dice che tempo farà, ci dà informazioni in tempo reale. Dobbiamo di nuovo subire le fonti e pagarle senza accertarci che siano attendibili.
La strada, non la mappa, è la maestra del cammino (diceva mio nonno).

Parliamo di dati sull’uso di internet (fonte Internet World Stats 2010):

gli utenti internet nel mondo sono circa due miliardi;
500 milioni sono gli utenti internet in Europa su un totale di 1,97 miliardi;
il paese con il maggior numero di utenti internet in Europa è la Germania con sessantacinque milioni;
il paese con il numero minore di utenti in Europa è la Città del Vaticano con solo circa 100 internet;
il paese con il maggior numero di utenti è l’Islanda con il 97,6%.

   Da questi dati si può ben comprendere come questo strumento si sta diffondendo sempre più e sempre più porta ad un vero e proprio isolamento. Essere connesso con il mondo, non significa necessariamente essere in contatto. Chattare non è sinonimo di dialogo bensì di chiudersi in uno spazio di misura, sviluppando, purtroppo, una certa dipendenza.

Le esibizioni sui social network sono parte integrante di un modo di essere, per dire “guarda quanti amici ho”. Ma quale amicizia? Per non parlare del linguaggio usato. Sono linguaggi che derivano dal cinema, dalla fotografia, che spesso ci allontanano, sostituendosi al contatto reale. Domandiamoci chi leggerà; in internet la maggioranza sono adolescenti. Chiediamo a noi stessi il massimo grado di leggerezza, per poter ridere di noi, perché ci sia dato sbagliare e correggere e inserire nel giusto scaffale la “letteratura” che produciamo, chi conserva la memoria dei nostri interventi che uso ne potrà fare? Di chi è la proprietà dei contenuti che postiamo sui social network? Quanto tempo passiamo in internet?

Su You-tube e nella rete in genere, le grida di dolore vivono lo stesso spazio della musica o di una gag comica; uno stato d’animo postato su internet è a fianco di una massima teologica, la psicosi scarica il risultato della malattia e del disamore nello stesso spazio dei giochi per bambini, etc. etc. La metropoli digitale è espressione del pensiero di tutti per tutti; quanti siti personali o commerciali esistono, quanti blog, con quali strumenti ci affacciamo su questo orizzonte mobile? La democrazia digitale è fragile e delicata, dividiamo forse solo il pomo di una sedia e questo è il meglio che abbiamo.

Cinque miliardi di persone non hanno accesso alla rete, gli anziani sono fra questi. Internet è effimero proprio per la sua velocità. Non lo si vuole demonizzare ma nemmeno farne uno strumento essenziale; è uno strumento, punto!

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