Monte dei “fiaschi”di Siena:
“una storia italiana”.
Il caso del Monte dei Paschi di Siena è lo specchio di un Paese in declino. Come le tre scimmiette, quelle del non vedo – non sento – non parlo, le autorità preposte – Vigilanza di Banca d’Italia, Consob e Governo – già si preparano all’esercizio più in voga quando ci sono rogne: lo scaricabarile. Per essere corretti è convincente, solo in parte, la tesi di Bankitalia di esserne venuta a conoscenza in una fase ormai irreversibile di cancrena finanziaria. Come se di questa antica istituzione italiana , non se ne fosse mai parlato prima.
Partiamo da quasi dieci fa, quando lo scandalo travolse la Banca 121, emanazione diretta del Monte, per la vendita di prodotti finanziari truffaldini da parte dei promotori della stessa, ad una infinità di ignari risparmiatori. Tra gli indagati lo stesso ex Governatore di Bankitalia Fazio, che ritroviamo nel 2007 coinvolto per la vendita di banca Antonveneta al Monte.
Beffe del destino? No, sistemi locali di potere che si affidarono ai disinvolti maghi della finanza e a intraprendenti faccendieri para-politici (molto para…), per risanare bilanci sgangherati con le coperture politiche ex Pci dell’attuale Partito democratico. La regia di tali operazioni è comunque sempre imputabile all’omonima Fondazione.
Caso unico nel panorama delle fondazioni bancarie quella del Monte Paschi, che esercitatava, fino a poche settimane fa, il controllo della Banca con il 51%, oggi con un 30% abbondante. Perché tale anomalia?
Il ragionamento più accurato porta a sottolineare l’ennesimo inquinamento politico delle istituzioni di credito: si pensi che circa l’80% dei rappresentanti in seno alla Fondazione provengono e provenivano dalle realtà locali e in particolare targati Partito Democratico.
Oggi qualcuno grida indignato: Tremonti addossa le colpe a Bankitalia, Bersani “leone calvo” strepita che sbranerà chiunque si permetterà di coinvolgere il Pd nella vicenda (mal celando l’imbarazzo di chi con gli anatemi vuole solo esorcizzare gli attacchi), Monti fa “lo smemorato”. Insomma la solita “commedia all’italiana”. E tutti a dire: lasciamo i vertici, Profumo e altri, e mandiamo a casa i territoriali, “logora soluzione italiana”.
Intanto l’avvocato calabrese Mussari, altro smemorato, si dimette anche dall’Abi; come se bastasse questo controverso nobile gesto per far dimenticare le sue enormi responsabilità di amministratore del Monte.
Il tutto nacque dalla necessità di adeguare il sistema bancario nazionale a quello europeo, prima con la legge Amato n. 219 del 1990, poi con la legge Ciampi n. 461 del 1998, leggi che consentono il controllo pubblico delle banche conferitarie, le cui interpretazioni hanno reso possibile tanti pasticci finanziari, proprio per l’inquinamento dovuto allo strapotere territoriale. Potere che ha espresso solo ruspanti quanto bramosi politicanti locali che si sono affidati a spericolati consulenti e a banche private internazionali, che piazzavano prodotti tossici (derivati e altri prodotti finanziari vuoti) con i risparmi dei consumatori, poi fino a cercare di coprire il buco per l’acquisto dell’Antonveneta a un prezzo eccessivo (pare con contestuale giro di mazzette per due miliardi), che provocò l’attuale dissesto del Monte.
E pensare che MPS disse no alla fusione con BNL (poi andata ai francesi) per costituire il secondo polo bancario italiano. E questo poteva succedere senza che nessuno sapesse qualcosa? Ma non facciamoci ridere dietro! Solo l’astuto Caltagirone l’aveva capito, uscendo dal CdA del Monte. Sintesi: “mistero nazionale in grigio scuro”.
Comunque al di là delle esternazioni di “giovani Presidenti di fondazioni ottuagenari“, non credo che il caso MPS rimarrà isolato. Intanto lo Stato si prepari a sborsare quattro miliardi di euro per sanare le perdite, ma il bello sta nell’assurdo fatto che a gestire il tutto saranno gli attuali vertici della Banca, sì proprio quelli in carica. Così è se vi pare! Come al solito toccherà alla magistratura fare chiarezza punendo i responsabili.