Intervista a Francesco Rocca
Presidente Croce Rossa Italiana
Presidente, cosa comporta la privatizzazione della Croce Rossa e la riduzione da ente di diritto pubblico a ente di diritto privato?
Di fatto non è una riduzione, ma un passaggio necessario per restituire un’identità coerente con la sua ontologia. Le prerogative che nascono dalle Convenzioni di Ginevra, che disegnano un’associazione votata all’assistenza sanitaria e sociale sia in tempo di pace che in tempo di conflitto, sono integralmente mantenute all’interno della riforma. La privatizzazione, quindi, è legata a una completa indipendenza e neutralità dell’azione umanitaria e non meramente intesa in senso economico, per arrivare a una liberazione dal gioco pubblico rispetto alla potenziale capacità di interferenza dei Governi.
Vi sarà una riduzione del personale, quali conseguenze prevedete?
La privatizzazione porterà con sé una sburocratizzazione, un alleggerimento della burocrazia interna e, quindi, la nuova associazione sarà più snella, più libera da vincoli e procedure. Non permetteremo mai, però, che ci sia un processo di “macelleria sociale” del personale, che rappresenta un bagaglio di competenze, conoscenze ed esperienze irrinunciabile non solo per la Croce Rossa, ma per tutto il Paese. A questo proposito, pochi giorni fa a Solferino è stata approvata dall’Assemblea Generale una mozione, nella quale si esprime profonda preoccupazione per l’impatto che il riordino produrrà tra il personale dipendente e una richiesta formale agli organi di Governo, per il mio tramite, di valutare poche opportune modifiche che possano salvaguardare i posti di lavoro nella loro interezza, a tutela dell’azione sociale e umanitaria svolta dalla Croce Rossa Italiana nei decenni.
E’ importante non confondere il piano di responsabilità della Croce Rossa con quello del Governo, e della politica in generale, sulle scelte di pubblico impiego e sulle politiche del lavoro.
Questo processo di indipendenza ha l’obiettivo, in parte già centrato, di rafforzare il ruolo e l’immagine della CRI a livello internazionale. Nei Paesi occidentali oggi non esiste alcuna Società di Croce Rossa dipendente dai pubblici poteri. La nostra identità è chiara: siamo ausiliari dei pubblici poteri. Un conto è il ruolo ausiliario, e se vogliamo sussidiario, ma trasparente, un altro è dipendente. Il confine è sottile, ma fondamentale.
La strategia mira, a livello nazionale, a rendere la CRI snella, flessibile, aperta per rispondere ai bisogni della popolazione e, soprattutto, dei collettivi vulnerabili, in maniera veloce e senza inutili burocrazie. A livello internazionale si punta a rafforzare la nostra capacità di aiuto e sostegno nell’area mediterranea e africana, consolidando gli storici rapporti con l’America Latina. La nuova Croce Rossa va nella direzione di un maggior dialogo e comprensione tra i popoli, nell’ottica di un rafforzamento del proprio ruolo nell’ambito del dialogo interculturale.
Quali difficoltà operative avete oggi? Quali sono gli obiettivi futuri in rapporto al volontariato e dalle altre organizzazioni?
Tra le difficoltà ci sono sicuramente una grande burocrazia e una sofferenza di cassa a livello centrale, che nasce dai debiti pregressi, ma su questo il decreto legislativo 178 di riforma offre quasi tutti gli strumenti per uscire da questa fase di disagio. Quanto agli obiettivi, si persegue una sempre maggiore centralità del volontariato, a partire dallo Statuto appena approvato, che per la prima volta è stato scritto dai volontari e non più dai Governi. La tendenza è quella di uscire dall’autoreferenzialità, puntando sulla nostra capacità di radicamento sul territorio, sulla grande passione dei nostri operatori, sulle irrinunciabili professionalità, per uscire dal “guscio”, cercando di fare rete e di avviare un proficuo confronto con le altre organizzazioni. Elemento centrale è il ricambio generazionale. La Croce Rossa, che uscirà da questo processo di riordino, non potrà non guardare ai giovani, alle loro potenzialità, ai nuovi linguaggi utilizzati.
Il patrimonio: consistenza attuale e utilizzo futuro
Si tratta di un patrimonio importante, utilizzato all’80 per cento per sedi istituzionali dei Comitati Locali, Provinciali e Regionali sull’intero territorio nazionale. Si è insediata una Commissione interministeriale, che, con il Presidente, ha l’obiettivo di arrivare a una piena valorizzazione di beni e possedimenti della Croce Rossa.
Che tipo di preparazione prevedete in merito alle emergenze internazionali e nazionali
La Croce Rossa Italiana, come del resto le Società degli altri Paesi, hanno una storia di altissima qualità, professionalità, capacità di risposta nelle emergenze, un vero e proprio patrimonio che non deve essere disperso, ma valorizzato. Dal terremoto dell’Abruzzo nel 2009 è stato poi intrapreso un entusiastico percorso in collaborazione col Dipartimento Nazionale di Protezione Civile, che ci ha consentito un salto di qualità. Abbiamo anche ricevuto una certificazione a livello internazionale, come Emergency Response Unit (ERU), cioè Unità di risposta alle emergenze. La Croce Rossa Italiana è inserita nel sistema di risposta internazionale ai disastri della Federazione con una ERU Base Camp (Campo Base). Il messaggio che vorremo far passare è che i percorsi di formazione, che hanno reso il nostro personale, dipendente e volontario, altamente professionale e insostituibile, non vanno toccati, semmai rafforzati. I nostri operatori, i nostri volontari, la Croce Rossa tutta sono un bene dello Stato, in quanto risorsa per il Paese. Più la CRI è indipendente, svincolata da lacci e lacciuoli che poco o nulla hanno a che fare con l’assistenza e lo spirito fondante espresso dai 7 Principi fondamentali, più è risorsa.