Intervista a Ferdinando Codognotto

di | 9 Set 2013

Immagini di Carla Morselli

Traduzione di Maria Rivas

VERSIÓN EN ESPAÑOL en "Documenti"

Uso il legno come nell’antichità. C’è una sedia, venga dentro, è uscito pure il sole.

Come un fiume in piena accoglie chi passa Ferdinando Codognotto, e quasi non serve porgere domande. La bottega straripa di sculture di legno dorato: una vita scolpita racconta l’enigma, imprigiona in forme antiche.

Io non mi sono mai mosso importante è comunicare il mondo.
Sculture ne ho mandate in tutto il mondo, ho fatto molte sculture sul mare, ”Il subacqueo” ha fatto due o tre servizi “Codognotto e il mare”, ma io non so manco nuotare.
Arriviamo al quotidiano quando riesco a capire la quotidianità comunico il mondo, dal barbone al ministro, alle persone normali, non è che siamo diversi, se guardo ste’ piante vedo l’Amazzonia. È inutile che io vada a prendere malattie, a imparare la lingua.
Io son figlio di un giardiniere, mio padre ha fatto i più bei giardini del Veneto, mio nonno era vivaista, son nato in mezzo alla natura.

Come ha cominciato?
Fin da piccolo modellavo la creta, facevo le statuine del presepe, brutte magari, mio padre era contento, ho imparato a leggere e a scrivere a quattro anni e mezzo, ero ricettivo e curioso, non è che mi piacesse studiare ero promosso sempre, giusto per non far brutta figura, la cultura me la son fatta durante la vita, domandando com’è sta doppia, studiando, essendo curioso. A Venezia ho imparato la manualità andavo a una Scuola d’Arte e a lavorare nelle botteghe del legno. Ho fatto anche “figura”. Sono venuto a Roma nel ‘63,  frequentavo Manzù, Pericle Fazzini, Emilio Greco, stavano tutti facendo il figurativo, gli facevo vedere quel che facevo.
Il fatto è che le mie opere sono natura e tecnologia, ero affascinato dai motori, son nato a San Donà di Piave, sarei un burino veneto, stando nei musei ed aggiustando, restaurando sculture mi son fatto un bagaglio di cultura.

Perché crea sculture di cervelli?
Predico l’attenzione, la dinamica mentale e mi ha sempre affascinato il cervello, ho rappresentato in forme tecnologiche, come computer, l’universo-uomo, questi Totem son nati nel ‘65 –‘ 70.

Cosa rappresenta il suo cavallo?
La testa del cavallo che rappresenta l’energia, la dinamica, poi il cervello che rappresenta la fantasia.
Nel ‘75 ho fatto una grande mano alta sei metri che era la comunicazione: cinema, comunicazione, fotografia, materia cerebrale, le rotative: la manualità e la mente. Una volta ho incontrato un professore di comunicazione, che mi ha detto ”Io ho scritto due libri lei solo con questa mano dice tutto”.
Ho sempre amato i Totem, raffigurazioni che raccontano, ho guardato molte figure, io fotografo sempre perché mi si ferma nella mente la forma delle cose. Le mie sculture sono spesso allegoriche: hanno una barca di cose dentro che tutti capiscono.
Spesso la persona semplice è più spontanea.

       
Cosa capita stando sulla strada?
Una volta la gente era più curiosa.
Adesso non sanno più domandare né rispondere: passano con il telefonino in mano.
Ho sempre raccontato il cervello e la comunicazione.
Telefonino e computer non fanno per me, preferisco ancora sentire la voce, non invio messaggi.
Questa grande scultura ha rappresentato ”Natura macchina uomo”, a Torino nel 74: centrale nucleare, la babele del futuro, il cervello sopra, responsabile nel bene e nel male.

Cosa consiglierebbe ad un giovane oggi?
Deve essere curioso intraprendente, e avere anche una certa umiltà, i maestri non volevano allievi, dovevi accattivarti le simpatie, vedere, rubare con gli occhi, mentre parlavi continuare a guardare.

E complicata la realizzazione delle sue sculture?
Ci metto meno tempo perché son bravo, modello con la sega a nastro quella del falegname, a parte le sfere per cui uso il tornio, oramai faccio degli schizzi e poi il segno passa direttamente dalla mente alla materia, ho l’abilità della materia, non ho ripensamenti anche perché non posso sbagliare.

          
Dove sono esposte le sue opere?
A New York, alla Banca d’Italia c’era una grossa scultura.
Ho fatto una mostra in Giappone 15 anni fa, io non ci son manco andato.
Il direttore della Tbs di Tokyo ha visto una mia testa di cavallo, gli è piaciuta e mi ha chiamato.
Ho sempre vissuto del mio lavoro, devi far venir voglia di avere una tua opera, avevo la famiglia dovevo lavorare, mi son sposato giovane.
Ho avuto una moglie speciale che mi è mancata sette anni fa, ho scritto ”se non c’era lei non c’ero io”.
Le opere son nate anche su committenza rappresentando sculture per aziende, due anni fa ho fatto un’opera per l’Acea di Roma, sempre natura e tecnologia: io dico la tecnologia al servizio della natura, ma non è sempre così.

Le piacerebbe trasformare il suo laboratorio in una scuola?
Oramai mi sembra un pò tardi, si poteva fare pure prima.
Non lavoro qua, lavoro da un’altra parte, modestamente avrei un modo di insegnare abbastanza curioso.

             
Queste macchine assomigliano a giocattoli?
Questa è la mano della giustizia, la mano me la ritrovo dappertutto, c è il mondo e il cervello,
bilancia, testa, mano. Se uno non sa usare il mezzo si può perdere il cervello, anche un buon libro ti rovina, anche la televisione si guarda senza sapere che è solo un mezzo da usare.

Le sue opere sono molto riconoscibili, i simboli compongono un suo linguaggio.
Quanto questa ricerca è legata alla storia della sua vita?

Non so, sono nato nella natura poi la lettura è rappresentata con lo stupore che avevo davanti alla quercia come davanti al motore di un aereo, la prima volta che ci sono salito.
Io sono un tipo calorico, il freddo è come l’attrito. Non ho un grande rapporto con l’acqua.
Ho fatto delle cose in marmo, in bronzo, il legno è una trasmissione. Son amante del fuoco, del calore come elemento, il legno è caldo.
Soli, lune, cosmo, satelliti, comete, sono cose che mi interessano, ho consegnato una cometa a Giovanni Paolo II.
Pesci, alberi, piante di prosperità: quercia, olivo, uva, spighe, grano.
Quando faccio delle forme levigate, quando sono più soft allora il legno è questa Madonna che è mia madre, è mancata a febbraio a 105 anni: lei modellava i cavallini di creta, mio padre anche lui era poeta dei giardini. Questa maternità la possono leggere tutti.
L’uovo è la nascita. I fiori questi grandi fiori li ho fatti perché l’impatto fosse forte, ho fatto formiche e anche formiche giganti. Nel giardino ieri cerano dei pezzetti di pollo e due insetti se li litigavano, l’ape tirava da una parte la formica tirava dall’altra. Studiavo l’insetto per mesi, dentro una scatolina quando mi sentivo scorpione allora potevo farlo in tutte le dimensioni piccolo grande, grande tre metri: tutto è architettura.
Ci sono delle piante, è come una selva qua da me, alcune stanno soffocate, altre muoiono.
Questa è una pipa mia, la usavo, la fumavo, è una specie di macchina. Il museo è bello, ma ci sono persone che sanno raccontare il nostro momento, anche la parabola va rapportata ai tempi nostri.
Una signora passando mi dice: Come va, se vende?
Mi è venuto da ridere io sono il migliore qualcosa succede.
Sono andato a vedere una mostra stavo in periferia e ero turbato perché non mi aveva dato nessuna emozione. Poi parlando con un amico che ha studiato da prete, glielo raccontavo e lui mi ha detto questa frase “Poco se mi considero, molto se mi confronto”.
Io ho sempre faticato ho sempre campato di questo.

          
C’è una grande richiesta di estetica nella nostra società?
Totem, San Giorgio, un gallo: vedi ha il becco e la cresta, una osservazione generale del mondo. Questa è una Madonna del Divino Amore, io non metto i colori nel legno perché ha di per sé la sua policromia, questo pannello lo coloro coi rulli.
Questo cervello sta a Mosca, il cervello è il cuore, un Polifemo, questo è un tavolo da pranzo per un astrofisico, questo in potenza della difesa, questo l’ho fatto quarant’anni fa , è una sfinge solare, è la dea Iside, serpenti, sfinge, leone.
Non ho letto molto, mi piace domandare guardare, questo cavallo l’ho presentato a Palazzo Braschi.
Questo enorme pesce l’ho messo dentro un acquario. Questa è la nascita in provetta, la nascita e la morte del Cristo, una via Crucis, questa è un’ultima cena ma non stanno a tavola.
Questo è l’albero, il legno me lo mandano da Trento, è cirmolo, questa è l’arca, la natura, le onde, l’albero, la vita, gli animali, anche l’uomo tra le bestie. La regalavano agli ospiti importanti, l’ha avuta Madre Teresa, il re di Inghilterra, Sting. Due volte ho incontrato Madre Teresa è gli ho dato la maternità piccola.
Poi giocando sono nati i nomi: il centro storico è l’ampiamento dello studio.
Mio padre aveva piantato dei pomodori in mezzo un campo, ma nessuno li vedeva, poi scrisse un cartello “guarda che pomodori!!” La comunicazione è importante, tutti andarono a vederli.
Una ranocchia, un gatto, come un nodo largo flessuoso, una quercia con ghiande, un cervello che contiene sfere, madre natura, una cornucopia dove c’è anche l’euro, ancora Totem e l’angelo levigato e leggero.
Col mio temperamento non avrei potuto fare altro, ad agosto ero solo e stavo benissimo, vivo il passato che è forte, lei mia moglie, mi diceva guarda quello che hai fatto.
I chiodi? spaccano il maleficio, io osservo molto il comportamento, il chiodo ricorda la costruzione, è il chiodo Cristologico: è il chiodo.

Un’umanità sanguigna si concentra in forme che comunicano pienezza e smarrimento, prigioni giocattolo rivelano le emozioni del presente, nel tentativo riuscito di ricreare un dialogo fra l’albero e un robot, ruote, dentate, cardini , sfere si compongono nell’astuta rappresentazione di un cavallo meccanico, in questo viaggio omerico raccontato dalle mani di un artista che osserva e descrive.
Codognotto fa parte della città, dialoga con i passanti e regala al mondo le sue favole di legno, storie emozionanti delle nostre metamorfosi, prigioni portatili di altre perfezioni.

Biografia di Ferdinando Codognotto
Nato a San Donà del Piave il 4 aprile 1940.
Ha condotto i suoi studi alla Scuola d’Arte di Veneziae poi, ancora giovanissimo, si è trasferito a Roma.
Oggi è uno degli esponenti più importanti del panorama culturale mondiale, tanto che le sue opere lignee sono presenti in collezioni pubbliche e private non solo in Europa, ma anche nelle Americhe ed in Giappone.