Gli eventi culturali. Mostre ed eventi in Italia e nel mondo

dal sito www.beniculturali.it del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

FAUSTO PIRANDELLO. IL TEMPO DELLA GUERRA (1939 – 1945)
    La mostra, curata da Fabrizio D’Amico e Paola       Bonani, è promossa dalle Fabbriche Chiaramontane e realizzata con il contributo dell’AFP – Associazione Fausto Pirandello.
A documentare per la prima volta in modo puntuale uno degli snodi più rilevanti della ricerca dell’artista saranno circa sessanta opere. Agli oltre trenta dipinti – provenienti da istituzioni e musei pubblici e da gelose collezioni private, in particolare romane, milanesi e siciliane, fra i quali alcuni del tutto inediti –s’affianca ad Agrigento una larga scelta di opere su carta (sanguigne, pastelli, acquarelli), anch’esse per lo più inedite, provenienti dalla collezione degli eredi di Antonio Pirandello.
A introdurre questo periodo dell’operosità di Pirandello, saranno inoltre esposti alcuni esempi della precedente stagione, spesa dal pittore fra Roma e Parigi: dalla Scena campestre del 1926 alla Donna con bambino del 1929 al misterioso Testa di bambola, fra gli altri.
Fausto Pirandello (1899-1975) è autore votato ad un’aspra visione della realtà, e insieme ad un sogno capace di trasfigurarla, trasportandola in una dimensione ove albergano il rito, il mito, l’allucinazione. La sua figura, dopo la frequente e rilevante attività espositiva (alla Biennale di Venezia, in particolare, e alla Quadriennale di Roma) che ne ha contrassegnato tutta l’esistenza, e dopo il tempestivo riconoscimento dell’ampia antologica che, subito dopo la morte, gli ha destinato la Galleria Nazionale d’Arte Moderna (1976), è stata rivisitata da importanti studi recenti che hanno tra l’altro condotto alla pubblicazione del catalogo generale (Electa, a cura di Claudia Gian Ferrari, 2009) e ad una mostra incentrata sugli anni della sua prima maturità allestita dalla Galleria Nazionale di Roma (2010).

COSENZA SCIENZA STORIE E STRUMENTI SCIENTIFICI PER VIAGGIARE NEL TEMPO
   Giovedì 14 novembre 2013, alle ore 11.00, sarà inaugurata a Cosenza, Palazzo Arnone, sede della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria e della Galleria Nazionale di Cosenza, la Mostra Cosenza Scienza – Storie e strumenti scientifici per viaggiare nel tempo.
Parteciperanno: Fabio De Chirico, soprintendente BSAE della Calabria, in video conferenza; Francesco Mercurio, direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale; Mario Caligiuri, assessore regionale alla Cultura; Maria Francesca Corigliano, assessore provinciale alla Cultura; Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza; Francesco Bevacqua, Società Bottega Scientifica e Antonio Iaconianni, dirigente scolastico Liceo Classico “B. Telesio”. Modererà: Giovanna Bergantin.
L’esposizione, di notevole valenza didattica, propone strumenti, apparati storici e reperti naturalistici appartenenti alla cospicua collezione tecnico-scientifica del Liceo Classico “B. Telesio” di Cosenza acquisita nel corso della sua lunga e autorevole storia a partire dal 1861.
Non mancherà uno spazio scenico dove attori professionisti proporranno il testo teatrale La Scienza oscura – il monologo dell’Alchimista che racconta il cruciale passaggio alla moderna chimica quantitativa. Per i più piccoli sono previste, altresì, azioni interattive con strumenti ricostruiti o giocattoli scientifici a tema.
L’iniziativa è voluta dal Liceo Classico “Bernardino Telesio”, dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria e dalla Società Bottega Scientifica.

LA “MADONNA DEL LATTE”. UN CAPOLAVORO RITROVATO , UNA STORIA PER BOLOGNA
   La Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro e l’Opera Diocesana Madonna della Fiducia sono liete di presentare un tondo in gesso ritrovato a Bologna in palazzo Tartagni Bianchetti, storico edificio situato in Strada Maggiore, nel cuore della Città.
Si tratta di un altorilevo raffigurante una Madonna del Latte, che replica e riproduce il tondo in marmo inserito nella lunetta del sepolcro Tartagni, monumento funebre realizzato in marmo nella basilica di San Domenico dallo scultore fiesolano Francesco di Simone Ferrucci (1437-1493) per il giurista imolese e dottore dello Studio bolognese Alessandro Tartagni, morto nel 1477.
Il rilievo è stato oggetto di un restauro conservativo realizzato grazie al contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, che, insieme ad analisi di laboratorio, ha permesso di formulare un’ipotesi di datazione, ascrivendo l’opera ad un periodo compreso tra l’ultimo decennio del Quattrocentro e l’inizio del Cinquecento.
La rappresentazione della Madonna del Latte, secondo la quale la Vergine sta allattando il Bambino o è colta sul punto di farlo, riprende un’antica iconografia molto diffusa nell’occidente cristiano.
Il rilievo presentato alla Raccolta Lercaro è riconducibile a questo contesto di devozione mariana: raffigura la Vergine e il Bambino, con una modalità espressiva diretta al coinvolgimento di chi guarda. Maria, con gli occhi socchiusi, volge leggermente il capo verso quello del Bambino, fermando la mano sul seno in un gesto di paziente e tenera attesa.
Il bambino, seduto sulle gambe della madre e in procinto di essere allattato, si volge verso il fedele. È un invito a contemplare il mistero che si compie nel Natale: un Dio che si fa uomo e una madre che lo nutre, stringendolo in un abbraccio affettuoso in cui ogni uomo, interrogandosi sull’origine della propria vita, può ritrovarsi.

DISEGNI IN COLLEZIONE
   La Società di Santa Cecilia, Amici della Pinacoteca Nazionale di Bologna, tra il 2011 e il 2013 ha donato al Gabinetto Disegni e Stampe della Pinacoteca di Bologna tre disegni che vanno ad arricchire la ricca collezione di grafica del Museo: un foglio a tempera con l’Allegoria della guerra, memoria del cammeo realizzato nella volta della sala della Pace e della Guerra a palazzo Milzetti a Faenza; un disegno a matita rossa di Giuseppe Maria Mitelli preparatorio per l’acquaforte datata 1710 intitolata Li cinque sentimenti alla moda, ed infine un disegno sempre a matita rossa di Angela Teresa Muratori preparatorio per la pala raffigurante l’Annunciazione realizzata intorno al 1700 per la chiesa della Santissima Trinità di Bologna.
L’esposizione dei disegni, affiancata dalla presentazione dell’acquaforte di Giuseppe Maria Mitelli gentilmente concessa in prestito dalle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna, verrà inaugurata in Pinacoteca dal Soprintendente Luigi Ficacci il 6 dicembre 2013 alle ore 18,00, mentre nei mesi a seguire, sino alla chiusura della mostra, verranno realizzate delle conferenze volte a presentare ognuno dei disegni donati, oltre che a mettere in luce l’attività della Società di Santa Cecilia anche in relazione alla donazione di dipinti.
   
SUGGESTIONI IN METALLO – L’ARTE DELLA MEDAGLIA TRA OTTOCENTO E MODERNITA’
  La mostra è posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica
Il tema conduttore della mostra, il metallo nella sua versatilità e capacità di fissare in forme definite suggestioni, umori, ricordi del passato e preziosi desideri del presente, ha come protagonista la medaglia d’arte italiana: attraverso l’esposizione di una nutrita selezione di medaglie, storiche e contemporanee, provenienti dalle collezioni delle Istituzioni promotrici dell’iniziativa, è possibile apprezzare le evoluzioni stilistiche di una forma d’arte a volte penalizzata dalle ridotte dimensioni, spesso stereotipata come prodotto di maniera e convenzionale, e invece straordinaria espressione artistica di ambienti, costumi, epoche, versatile espressione della nostra identità culturale.
Le suggestioni provocate dalle multiformi forge dei metalli e dai messaggi da esse trasmessi si dipanano nel percorso espositivo, articolato in quattro sezioni:
I.- STORIA D’ITALIA IN MEDAGLIA TRA ‘800 E ‘900. Ricca selezione di medaglie tratte dalle collezioni storiche del Medagliere del Museo Nazionale Romano e del Museo del Risorgimento di Roma
II.- ROMAGNOLI E L’ARTE DELLA MEDAGLIA NEL ‘900. Selezione di opere dalle raccolte storiche del Museo della Zecca e della Scuola dell’Arte della Medaglia dell’IPZS.
III.- LA MEDAGLIA CONTEMPORANEA. Opere realizzate dagli allievi della Scuola dell’Arte della Medaglia presso la Zecca di Stato e dagli artisti medaglisti soci dell’AIAM, con esemplari appartenenti alla raccolta storica dell’Associazione.
IV.- Il GIOIELLO CONTEMPORANEO. Gioielli d’arte realizzati dai gioiellieri aderenti alla Confederazione Nazionale Artigianato e dagli artisti dell’Associazione del Gioiello Contemporaneo.
Completa l’esposizione un omaggio a Peter Higgs, premio Nobel per la fisica 2013, mediante l’audace tentativo del maestro Michele Cossyro di fissare nel metallo il cd. Bosone di Higgs.

SCRITTO NELLE OSSA. VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETA’ IMPERIALE
   Gli studi bioarcheologici e i documenti storici sono fondamentali per la ricostruzione dello stile di vita e delle condizioni di salute delle popolazioni antiche.
Partecipando all’attività di tutela territoriale condotta dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, il Servizio di Antropologia ha registrato e conservato negli anni un’enorme quantità di dati utili per ricostruire la storia biologica della società romana, in particolare di età imperiale.
Negli ultimi tempi, nuove metodologie di scavo applicate ai resti scheletrici umani hanno consentito di raccogliere notevoli informazioni sui sepolcreti romani; inoltre, tramite approfondite indagini di laboratorio si sta cercando di descrivere il complesso panorama biologico rappresentato dalla popolazione di Roma antica.
Attraverso l’analisi delle fonti storiche, condotta dalla Sezione di Storia della Medicina Molecolare del Dipartimento di Medicina Sperimentale di “Sapienza” Università di Roma, si stanno esaminando le malattie e gli eventi sociali che interessarono la popolazione della più grande città del Mondo Antico.
Inoltre, i dati forniti dall’analisi paleopatologica (realizzata in collaborazione con la Divisione di Paleopatologia, Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina dell’Università di Pisa e con la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia) vengono integrati con quelli delle fonti storico-mediche in merito al decorso delle malattie ed all’evoluzione dei rispettivi trattamenti terapeutici.
A tale proposito, è estremamente interessante il confronto tra le antiche terapie e quelle applicate oggi, secondo le tecniche più moderne e innovative (tale aspetto è stato curato dalla Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia).

POLLOCK E GLI IRASCIBILI. LA SCUOLA DI NEW YORK
   Jackson Pollock ma non solo: anche Rothko, de Kooning, Kline. Rivoluzione artistica, rottura col passato, sperimentazione, energia: questo racconta la mostra “Pollock e gli Irascibili”, a Palazzo Reale dal prossimo 24 settembre.
L’esposizione, curata da Carter Foster con la collaborazione di Luca Beatrice, è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano ed è prodotta e organizzata da Palazzo Reale, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, in collaborazione con il Whitney Museum di New York.
Attraverso le opere dei 18 artisti, guidati dal carismatico Pollock, e definiti “Irascibili” da un celeberrimo episodio di protesta nei confronti del Metropolitan Museum of Art, il visitatore avrà un panorama completo di un fondamentale stile artistico che seppe re-interpretare la tela come uno spazio per la libertà di pensiero e di azione dell’individuo; uno stile proprio di quella che fu chiamata “la Scuola di New York” e insieme un fenomeno unico, che caratterizzò l’America del dopoguerra e che influenzò, con la sua forza travolgente, l’Arte Moderna in tutto il mondo.
La mostra, che consta di oltre 49 capolavori provenienti dal Whitney Museum di New York, inaugura infatti le celebrazione dell’“Autunno Americano” a Milano che proseguiranno con l’apertura di una grande monografica dedicata ad Andy Warhol a fine ottobre.

VASSILY KANDINSKY. LA COLLEZIONE DAL CENTRE POMPIDOU DI PARIGI
  La mostra, che si apre a Palazzo Reale il 17 dicembre, racconta il viaggio artistico e spirituale di uno dei pionieri dell’arte astratta: Vassily Kandinsky.
Promossa e prodotta dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, Palazzo Reale, il Centre Pompidou di Parigi, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group, l’esposizione, a cura di Angela Lampe – storica dell’arte nonché curatrice e conservatrice del Centre Pompidou di Parigi – è una grande retrospettiva monografica che presenta oltre 80 opere fondamentali dell’arte di Kandinsky in ordine cronologico.
Folgorato dalla visione di “I covoni” di Claude Monet nella mostra degli Impressionisti a Mosca nel 1896, Kandinsky lascia la carriera universitaria per diventare pittore. Segue il classico cursus degli studi sotto la guida di grandi maestri come Anton Azbé e Franz von Stuck a Monaco e soggiorna dal 1906 al 1907 a Sèvre, vicino a Parigi (Il parco di Saint-Cloud, viale ombreggiato 1906). Sviluppa così il suo pensiero artistico, che abbraccia numerosi campi, la pittura, la musica, il teatro nei quali cerca e difende lo spirituale nell’arte, titolo di un suo saggio fondamentale.
Il visitatore percorrerà le sezioni della mostra organizzata secondo i periodi principali della vita di Kandinsky, dagli esordi in Germania agli anni in Russia e in Francia poi. Scoprirà numerose e fondamentali opere da Città vecchia del 1902 a Azzurro cielo del 1940 passando attraverso Mulino (1904), Nel grigio (1919), Giallo-Rosso-Blu (1925) e Ammasso regolato (1938).
Il percorso espositivo comincia in modo sorprendente, “immergendo” il visitatore in un ambiente che avrà “il potere di trasportarlo fuori dallo spazio e dal tempo”: una sala con pitture parietali. Ricreata nel 1977 dal pittore restauratore Jean Vidal queste pitture sono state concepite rispettando fedelmente i cinque guazzi originali, eseguiti da Kandinsky per decorare un salone ottagonale della Juryfreie Kunstausstellung, una mostra senza giuria che si svolse annualmente a Berlino tra il 1911 e il 1930. Questi cinque guazzi sono entrati nella collezione del museo, in seguito alla donazione della vedova Nina nel 1976 al Pompidou.
Organizzata secondo un criterio cronologico, la mostra presenta quattro sezioni che si sviluppano lungo otto sale.

I FASTI DI CORTE – GLI ABITI DEI DELLA ROVERE
    Il Castello Brancaleoni di Piobbico, isolato maniero dalle linee eleganti, affacciato su ’orridi’ abissi, è oggi un luogo estremamente evocativo, certamente degno di divenire una delle mete artistiche più importanti delle Marche.
La piccola mostra che viene presentata segna l’inizio di un ciclo di attività culturali pensate per essere insieme di spessore scientifico e di accessibilità da parte del grande pubblico. Vi verranno esposti alcuni abiti che appartennero ai duchi Della Rovere, che sono stati oggetto di un delicato intervento di recupero.
Gli abiti dei duchi di Urbino, ora restaurati ed esposti nel castello Brancaleoni, sono stati per secoli nascosti nelle sepolture di santa Chiara di Urbino ; tuttavia se ne conosce una precisa descrizione, redatta in occasione della ricognizione delle sepolture voluta da Urbano VIII Barberini che, con la devoluzione del ducato allo Stato della Chiesa nel 1631, era allora il nuovo regnante. Papa Urbano aveva il desiderio di porre la sua famiglia, che veniva da Firenze, al di sopra delle orgogliose famiglie romane, quale famiglia regnante. Ordinò quindi al pittore Girolamo Cialdieri, allievo del Ridolfi, di disegnare a colori tutte le parti del costume da Prefetto indossato in morte da Francesco Maria I, per poterle riprodurre negli abiti che Taddeo Barberini avrebbe indossato in occasione del suo solenne ingresso come nuovo Prefetto. La tiara che completava il costume fu inviata in originale a Roma, fu indossata per l’occasione e divenne simbolo della famiglia, fino a comparire nel fregio sulla facciata del grandioso palazzo di famiglia, realizzato dal Bernini.

“UN SECOLO, MA NON SI VEDE”. L’OTTOCENTO SICILIANO DI ANTONINO LETO IN MOSTRA A MARSALA
  Approdano a Marsala, nelle sale del Convento del Carmine, le tredici opere di Antonino Leto riunite dalla Fondazione Sicilia nell’esposizione Un secolo, ma non si vede per celebrare il centenario della morte dell’artista siciliano(Monreale 1844- Capri 1913).
La mostra, visitabile dal 29 novembre fino al 26 gennaio con ingresso gratuito, giunge da Palazzo Branciforte di Palermo, dove è stata esposta dal mese di maggio, ed è una pregevolissima collezione di olii realizzati nell’ultimo scorcio dell’Ottocento. Accompagna l’allestimento una selezione di documenti bibliografici e d’archivio con cui si ricostruisce l’evoluzione dell’arte del pittore, celebre per le sue vedute e i paesaggi marini popolati di pescatori e fanciulle immortalate nella calda luce del sole siciliano e colte nella semplicità dei gesti quotidiani. Fra le opere in mostra, dove insolitamente figura anche un soggetto mitologico (“La fanciullezza di Zeus”, 1877), due in particolare hanno per protagonista il territorio di Trapani: sono la “Veduta dello Stabilimento Florio” (1865-70) di Marsala e “La Mattanza a Favignana” (1887), un documento storico, prima ancora di essere opera d’arte, stupefacente per qualità formale e pathos. Tutti i dipinti appartengono alla Fondazione Sicilia.
Artista dalla personalità complessa e inquieta, spesso in fuga dalla Sicilia tra Napoli, Roma, Firenze, Parigi e infine Capri – che si rifugiò negli ultimi decenni della sua vita – Leto accolse nella sua produzione tanto le suggestioni giovanili di Lojacono quanto gli esiti moderni e nervosi della ‘pittura di macchia’ appresa nei suoi soggiorni fuori dall’isola.
Giungono così a Marsala opere che al territorio di Trapani sono strettamente legate. Il nuovo allestimento presso le sale del Convento del Carmine, sede dell’Ente Mostra di Pittura Contemporanea, riveste un ulteriore significato per il rapporto che legava Leto a Ignazio Florio, che dell’artista fu protettore e committente sin dalla sua giovinezza.
  
IL CAPPELLO FRA ARTE E STRAVAGANZA

  La Galleria del Costume apre le porte ad un accessorio destinato a non passare inosservato.
Si tratta della prima mostra monografica dedicata al cappello, le cui collezioni, patrimonio del museo – ascrivibili alla generosità di molti donatori – ammontano a oltre mille unità custodite solitamente nei depositi, di cui soltanto una parte sarà destinata alla mostra.
Pur prevalendo esemplari di note firme di casa di moda fra cui Christian Dior, Givenchy, Chanel, Yves Saint Laurent, John Rocha, Prada, Gianfranco Ferré e celebri modisti internazionali del presente e del passato come Philip Treacy, Stephen Jones, Caroline Reboux, Claude Saint-Cyr, Paulette, è anche la prima volta che sono presenti in esposizione manufatti di modisterie italiane e fiorentine, di alcune delle quali si conosceva appena l’esistenza.
Ed ecco che il cappello diviene ‘opera’ d’arte, con una sua armonia estetica cui contribuiscono la conformazione ‘scultorea’, la componente cromatica e la raffinatezza ornamentale.
La mostra annovera importanti prestiti di Cecilia Matteucci Lavarini, collezionista privata di haute couture nonché illustre donatrice della Galleria del Costume, che si caratterizzano nel percorso per valore, gusto e stile. Questa è anche l’occasione per esporre gli straordinari bozzetti realizzati appositamente dal Maestro Alberto Lattuada e per riproporre all’attenzione gli esemplari creati da Clemente Cartoni, celebre modista romano degli anni Cinquanta-Sessanta.

LA VIA AL PRINCIPE: MACHIAVELLI DA FIRENZE A SAN CASCIANO
   Una mostra avvincente, 120 opere esposte, fra cui il manoscritto autografo di Machiavelli sull’Arte della guerra e la celebre Tavola Doria che raffigura la leonardesca Battaglia di Anghiari. Tutto questo alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, per celebrare i 500 anni de Il Principe di Niccolò Machiavelli.
Inaugurata martedì 10 Dicembre 2013, data della lettera di Machiavelli a Pier Vettori. Ore 12, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Il vero volto di Machiavelli. L’esposizione La Via al Principe. Machiavelli da Firenze a San Casciano (10 dicembre 2013-28 febbraio 2014) vuole infatti presentare in maniera chiara e non specialistica il Machiavelli storico, per sfatare quel Machiavelli mitico, fondato su una conoscenza arbitraria e spesso lacunosa della sua opera e della sua biografia. Nella mostra si ricostruisce la figura storica di Machiavelli fino alla stesura del Principe: una biografia tortuosa per una vita difficile, dagli studi dell’infanzia, fino alla Segreteria della Repubblica, alla caduta in disgrazia, all’esilio di San Casciano e alla redazione de Il Principe. Grazie alla impressionante ricchezza di documentazione posseduta dagli Istituti fiorentini (dai documenti di cancelleria e registri dell’Archivio di Stato ai manoscritti e cinquecentine della Biblioteca Nazionale Centrale e delle altre importanti biblioteche fiorentine), nel percorso della mostra Machiavelli esce dallo stereotipo e ritrova le ragioni storiche che ne hanno motivato l’agire, le contingenze sottese alla stesura della sua opera più celebre. Un Machiavelli finalmente non più machiavellico si riappropria della complessa profondità delle proprie azioni e del proprio pensiero. In un momento storico cardine per Firenze e per la civiltà occidentale tutta.
Fra i tesori della Mostra fiorentina il Manoscritto autografo dell’Arte della guerra, conservato presso la sezione Manoscritti e rari della BNCF e la leonardesca Battaglia d’Anghiari, detta Tavola Doria, databile post 1503. L’esposizione all’interno della Mostra di Machiavelli rappresenta l’ultima occasione per ammirare questo capolavoro prima del suo rientro in Giappone, previsto dall’accordo con il museo giapponese. Fra le circa 120 opere in mostra, viene esposto anche il Bando di cattura di Niccolò Machiavelli, 19 febbraio 1512, conservato all’Archivio di Stato di Firenze, l’estratto originale della registrazione ufficiale scoperto recentemente dallo storico Stephen Milner. Non mancano inoltre autografi di lettere, minute di documenti, carteggi legati all’incarico di Cancelliere fino ai manoscritti delle opere letterarie di Machiavelli del periodo quali Belfagor, Andria, Serenata. Si finisce con un piccolo epigramma, scoperto proprio durante le ricerche per la mostra dallo studioso Alessio Decaria, in memoria di un cagnolino appartenuto a Lorenzo Strozzi.
Ad arricchire la mostra e a fornire una contestualizzazione anche iconografica dei documenti esposti, ci sono circa 15 opere, provenienti dalle collezioni del Polo Museale fiorentino e di privati, tra cui molti ritratti di personaggi chiave del periodo storico quali il Ritratto di Pier Soderini di Ridolfo del Ghirlandaio e il Ritratto di Cesare Borgia detto il Valentino di Cristofano dell’Altissimo, e l’elegantissimo bronzetto raffigurante La Fortuna dell’artista veneziano Danese Cattaneo.
Il Comitato per le celebrazioni del V Centenario de Il Principe, presieduto dall’onorevole Valdo Spini e dal professor Sergio Givone, assessore alla cultura del Comune di Firenze, di cui fanno parte rappresentanti di tutte le istituzioni politiche e culturali del territorio, ha affidato alla BNCF il compito di organizzare la Mostra con cui Firenze celebra il suo illustre concittadino. Si è quindi costituito un comitato scientifico, composto dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, il Polo Museale, l’Archivio di Stato di Firenze, l’Università degli studi, rappresentata da illustri docenti, esperti di Machiavelli, quali Francesco Bausi, Riccardo Bruscagli e Marzia Pieri che ha organizzato la mostra La Via al Principe. Machiavelli da Firenze a San Casciano (10 dicembre 2013-28 febbraio 2014) con il sostegno del MiBACT e della Regione Toscana.
La mostra fiorentina segue la grande esposizione Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo tempo, 1513 – 2013, dedicata alla fortuna e alla diffusione dell’opera del grande Segretario fiorentino, organizzata, su iniziativa dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, a cura di Alessandro Campi e Marco Pizzo, con il supporto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, a Roma presso il Complesso del Vittoriano da Comunicare Organizzando, con il coordinamento generale di Alessandro Nicosia, e riproposta, dopo il grande successo di pubblico, a Washington e a New York nell’ambito dell’Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti.

UNIVERSO DEPERO – OLTRE 100 OPERE DEL MAESTRO TRENTINO DAL 1912 AL 1950
  Organizzata dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta in collaborazione con il Mart di Rovereto che ha assicurato il prestito di una serie particolarmente significativa di opere, alcune mai esposte prima d’ora, che spaziano dal 1910 alla fine degli anni Quaranta.
La mostra fa parte di un progetto teso alla valorizzazione dell’artista, come confermano i tanti eventi internazionali che lo coinvolgono tra cui Depero y la reconstruccion futurista del universo proposta sino al 12 gennaio 2014 a La Pedrera di Barcellona, la grande rassegna sul futurismo in programma al Guggenheim di New York dal 21 febbraio al 1° settembre 2014 a cui farà seguito, in giugno, la personale Depero futurista alla Fundacion Juan March di Madrid.
I prestiti del Mart sono arricchiti da testimonianze significative provenienti da altre realtà museali fondazioni, gallerie e musei aziendali come la Campari con cui si è sviluppato un lungo sodalizio durato dal 1925 al 1939. Non manca, poi, un nucleo di testimonianze che fanno parte della collezione personale dell’artista Ugo Nespolo che ha sempre considerato Depero un suo fondamentale punto di riferimento.
Nel celebre manifesto Ricostruzione futurista dell’universo firmato da Giacomo Balla e Fortunato Depero nel marzo 1915 gli intendimenti erano chiari: “Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra ispirazione, per formare dei complessi plastici che metteremo in moto.”
La mostra in programma ad Aosta affronta l’Universo Depero nelle sue differenti declinazioni: sono esposte oltre 100 opere tra dipinti, arazzi, tarsie, panciotti futuristi (il Panciotto di Tina Strumia proviene del museo dell’Aeronautica Gianni Caproni di Trento), mobili, sculture, bozzetti, progetti, libri (tra cui il celebre Libro imbullonato del 1927), disegni e schizzi in un’esposizione che ripercorre l’iter creativo dell’artista dai suoi esordi in ambito simbolista (la mostra si apre proprio con un’opera simbolista come Il taglialegna del 1912) alla sua adesione al futurismo giungendo sino alle realizzazioni degli anni Quaranta quando appare evidente il recupero della tradizione e dell’arte popolare.
La rassegna è divisa in sei sezioni che delineano le fasi salienti della sua esperienza artistica: 1) Esordi e Futurismo; 2) Clavel e il Teatro; 3) Casa del Mago; 4) Pubblicità; 5) Stile d’acciaio; 6) Rivisitazioni.

LE GRAZIE DI ANTONIO CANOVA
  Le Tre Grazie, con la Venere di Milo e il busto di Nefertiti, è il gruppo scultoreo forse più famoso al mondo.
E poco importa se non tutti sanno che è opera di Antonio Canova e che le tre giovani bellezze da lui immortalate sono figlie di Zeus e rispondono al nome di Aglaia, Eufrosine e Talia, sodali di Venere, e che simboleggiano, rispettivamente, lo splendore, la gioia e la prosperità.
Canova le ha interpretate in due esemplari, molto simili. Il primo, ora all’Ermitage di San Pietroburgo, glielo commissionò Josephine de Beauharnais, all’epoca moglie di Napoleone; il secondo al Duca di Bedford che, visto il gesso che lo scultore teneva nel suo atelier romano, lo supplicò di creargli un ulteriore esemplare in marmo. Canova riprese il modello, apportando piccoli cambiamenti e, quasi per allontanare il momento di distacco dall’opera, l’accompagnò personalmente sino alla nuova dimora inglese. Oggi quel magnifico marmo è equamente suddiviso, sette anni ciascuno, dalla National Gallery of Scotland di Edimburgo e dal Victoria & Albert Museum di Londra.
Dall’inizio di quelle vicende sono passati esattamente due secoli: il modello originale in gesso delle Grazie è infatti datato 1813. In questi due secoli la fama delle tre bellezze canoviane è diventata universale. La sinuosità delle forme femminili, la delicatezza e la morbidezza nonché la ricercata levigatezza del marmo determinano un gioco di luci ed ombre che affascinano chiunque le ammiri.
Nella sua Casa-Museo, nella natia Possagno, Canova lasciò il gesso originale della prima versione delle Grazie, quel gesso su cui aveva lavorato per creare il suo capolavoro. La levigatezza del marmo finale era qui ricreata da una patina in cera d’api. A Possagno giunse anche il gesso tratto dalle Grazie inglesi, quale documento da conservare a perenne memoria dell’arte del grande scultore.
Grazia e violenza non vanno d’accordo. Lo conferma, se ce ne fosse bisogno, il destino dei due capolavori del Canova.
I gessi, con altre opere conservate nella Gipsoteca vennero investiti dalla nuvola di calcinacci causata dai cannoneggiamenti austroungarici durante la Prima Grande Guerra, quando Possagno, ai piedi del Grappa, era zona di battaglia. Particolarmente gravi i danni subiti dal gruppo “inglese” che vide le Grazie ritrovarsi con volti e busti drammaticamente lesionati. All’indomani del conflitto, Stefano e Siro Serafin, custodi e abilissimi restauratori, sanarono molti dei danni. Non agirono invece sulle Grazie di Bedfod che, deturpate trovarono sede nella sala del consiglio comunale di Possagno, a stridente ricordo di un guerra terribile per il paese. Il secondo gruppo di Grazie, restaurato è esposto nell’Ala Scarpina della Gipsoteca.
 

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