Rientro dei capitali all’estero
Sul rientro dei capitali il decreto legge 29 gennaio 2014 n. 4 fissa i criteri dei vari passaggi per poter usufruire della voluntary disclosure.
Infatti, il contribuente dovrà compiere una verifica preliminare, entro il 30 settembre 2015, in relazione alle cause che impediscono l’attuazione di tale procedura e, quindi, decidere sulla convenienza della stessa anche sotto il profilo penale.
Dovrà, pertanto, presentare, con i modelli predisposti dall’Agenzia, la richiesta di disclosure documentando gli investimenti esteri per la loro tassazione nonché ricevere i relativi avvisi di accertamento, gli atti di adesione ove vi siano i margini di trattativa e gli atti di contestazione per sanzioni in relazione al quadro RW.
Le maggiori imposte e sanzioni, senza possibilità di rateazione o compensazione, dovranno essere versate nei termini. Bisogna tener conto che l’Agenzia sembra dover essere obbligata a comunicare alle Procure competenti la conclusione della procedura nei trenta giorni successivi.
Possono accedere alla procedura i soggetti obbligati alla presentazione del modulo RW cioè le persone fisiche anche se titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo indipendentemente dalla contabilità adottata, gli enti non commerciali e le società semplici oltre ai soggetti a essi equiparati residenti in Italia.
In maniera puntuale il contribuente è tenuto ad indicare e documentare tutti gli investimenti e le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero anche se indirettamente o per interposta persona, fornendo tutte le informazioni necessarie per la ricostruzione dei redditi che sono serviti per costituirli ed acquistarli.
Altresì dovranno essere forniti i documenti e le informazioni relativi ai guadagni derivanti dall’utilizzo o dalla dismissione delle attività finanziarie estere quali interessi, dividendi e plusvalenze. Tale documentazione riguarda tutti i periodi d’imposta per i quali non sono scaduti i termini per l’accertamento o la contestazione degli obblighi inerenti la presentazione del modulo RW.
trust estero
per quanto riguarda i beneficiari individuati di trust estero, fiscalmente residenti in Italia, l’obbligo di monitoraggio scatta a prescindere che siano titolari effettivi del trust, ed il predetto monitoraggio è a carico del beneficiario che se titolare effettivo è tenuto a dichiarare il valore complessivo degli investimenti detenuti all’estero, l’entità e le attività estere di natura finanziaria a queste intestate oltre che alla percentuale di patrimonio che riguarda le predette attività.
Il beneficiario di un trust estero, residente in Italia, che non è titolare effettivo deve indicare nel quadro RW il valore della quota di patrimonio ad esso riferibile.

RW: sanzioni ridotte estese
anche ai vecchi accertamenti
Infatti, l’omessa indicazione nel quadro RW delle attività detenute all’estero veniva sanzionata, nella precedente disciplina, applicando una percentuale dal 10 al 50 per cento del valore delle attività non dichiarate, oltre alla confisca di beni per un valore corrispondente. Attualmente, in riferimento alla legge europea in vigore dal 4 settembre 2013 la misura della sanzione in percentuale varia dal 3 al 15 per cento senza alcuna più aderente al principio di proporzionalità. Per quanto riguarda la confisca che in pratica, va precisato, è stata raramente applicata.
E’ previsto anche una maggiorazione della sanzione per le violazioni riferite ad attività ed investimenti in paesi indicati nella BLECK LIST. Infatti le percentuali sono raddoppiate e variano dal 6 al 30 per cento degli importi non dichiarati.
il principio del favor rei
il nuovo regime sanzionatorio trova applicazione anche per le violazioni precedenti, atteso che il principio del favor rei va applicato il regime più favorevole.
Unica eccezione vige per gli atti di irrogazione di sanzioni divenuti definitivi. Pertanto, le violazioni riferite al quadro RW di modelli Unico di precedenti periodi d’imposta, non accertate in modo definitivo, dovranno essere sanzionate con il nuovo regime cioè con la percentuale del 3 al 15 per cento e con la sanzione fissa di euro 258 per dichiarazione tardiva.
le sanzioni per gli intermediari abilitati
allo scopo di adeguare le comunicazioni sul monitoraggio fiscale a quelle dell’antiriciclaggio, il legislatore sottolinea gli obblighi per gli intermediari abilitati.
Infatti, se questi non rispettano gli obblighi di comunicazione all’Agenzia, saranno sanzionati con un’ammenda la cui percentuale va dal 10 al 25 per cento dell’importo dell’operazione non segnalata.
Si tratta delle violazioni relative all’obbligo di monitoraggio dei trasferimenti pari o superiori ai 15.000 euro contenuti nell’Archivio unico informatico oggetto di rilevazione ai sensi dell’art. 36, co. 2, lett. b) del D.Lgs. n. 231/2007 (normativa antiriciclaggio), eseguite per conto o a favore dei soggetti obbligati al rispetto della disciplina sul monitoraggio.
decesso del contribuente
caso particolare è quello della successione ereditaria. Nessuna sanzione è prevista per l’erede se il de cuius ha commesso violazione nella compilazione del quadro RW.
I capitali ereditati e non derivanti da redditi d’impresa, ma da successione, implicano per l’erede l’obbligo di presentare la denuncia di successione se il de cuius è residente in Italia.
Le possibilità dell’erede sono:
operare con una società fiduciaria italiana che tassa il reddito derivante da attività estere e non avere così alcun obbligo di compilazione del quadro RW;
compilare per tutti gli anni da dichiarare il quadro RW oltre ai specifici quadri della dichiarazione secondo la natura dei redditi prodotti.
Va comunque sottolineato che per le vecchie violazioni l’erede non è responsabile delle violazioni del de cuius e nessuna sanzione può essere comminata.
autoriciclaggio e voluntary disclosure
l’autoriciclaggio è una nuova fattispecie di reato, tanto discussa negli ultimi tempi, specialmente se si fa riferimento alla procedura di voluntary disclosure in quanto é invocata da tutti i principali attori sulla scena politica.
I motivi di tale insistenza possono essere colti immediatamente dove si consideri che, allo stato delle cose, nel nostro ordinamento penale è previsto che qualora un soggetto occulti i proventi criminosi ciò non configura reato se il soggetto in questione è lo stesso che ha compiuto il reato presupposto. In questo caso si parla, quindi, semplicemente di fatto derivante non punibile.
Infatti, affinchè si possa applicare l’art. 648-bis del codice penale, il soggetto attivo del reato di riciclaggio deve essere diverso dal soggetto che ha commesso il reato presupposto o che ha concorso allo stesso.
Quanto detto è esclusivamente riferibile alla disciplina penale e non può essere esteso a quella amministrativa con la quale ogni giorno si confrontano i professionisti.
Ai fini dell’autoriciclaggio vi sono due discipline che corrono parallele quella del nostro codice penale dove non vi è traccia di tale fattispecie e quella comunitaria che considera riciclaggio quello commesso dal soggetto responsabile e/o concorrente del reato presupposto.
Da più parti è stato sollevato il problema dell’autoriciclaggio nel nostro ordinamento tributario ed il dibattito si fa ancora più acceso sulla voluntary disclosure poichè nello specifico decreto legge è sparito tale reato nonostante fosse stata annunciata l’introduzione con decorrenza agosto 2014.
Ultimamente, il direttore dell’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza, in una audizione alla Commissione Finanze alla Camera, hanno proposto l’introduzione del reato di autoriciclaggio nel decreto legge sul rientro dei capitali dall’estero ed in particolare la GdF ha tracciato alcune importanti linee nei rapporti tra riciclaggio e voluntary disclosure.
Il Ministro Andrea Orlando pur concordando nella necessità dell’introduzione del reato di autoriciclaggio, ha sottolineato come la soluzione migliore sia quella di un disegno di legge organico sulla criminalità organizzata, piuttosto che un intervento all’interno di disposizioni volte a disciplinare la voluntary disclosure.
ITALIA SEMPRE PIU’POVERA
misery index
La povertà crea un disagio sociale per gli italiani ed il Belpaese risulta incapace di resistere all’onda negativa generata dal misery index che a gennaio è incrementato, secondo la Confcommercio, di tre decimi.
Il numero dei disoccupati è aumentato, come risulta dalla rilevazione all’inizio del corrente anno, raggiungendo la quota di 3.293.000 unità. Con una disoccupazione in percentuale del 12,9% .
Confidiamo che l’Italia continui nelle riforme affinché queste comincino a dare i frutti sperati garantendo lavoro ai giovani, pagando i debiti della P.A., attuando le privatizzazioni e realizzando la tanto sbandierata spending review.
Le sfide comunque restano: il debito alto è ancora lì e la competitività è bassa e il Belpaese rimane ancora vulnerabile e fragile e non c’è motivo di compiacersi.
Bisogna augurarsi che l’aggiustamento strutturale continui il suo cammino
Immagine da economia.panorama.it;