“ Il meglio è nemico del bene” (Voltaire)

di | 9 Mag 2014


Immagine di Carla Morselli

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Si, la partecipazione del cittadino alla vita del Paese è in piena decadenza.
“libertà è partecipazione” cantava Giorgio Gaber e Bennato ribatteva con “l’isola che non c’è”.
Francamente viene da sorridere quando ci si riempiono gli atti parlamentari di abolizione di Province, di Senato come ridisegnato come assemblea delle Autonomie locali , di una Inps e di un’Agenzia dell’Entrate a misura di cittadino perché non è vero.
La fotografia nitida è la seguente :” tutto per il Cittadino niente con il Cittadino”!
Tutti i trullallero rullallà dei politici, conditi da “costituzionalmente fedeli ,” danno una idea dell’indecente bombardamento di slogan cui siamo sopposti con l’eclatante assenza del Cittadino!
La parola “partecipazione” significa prendere parte, coinvolgersi e si distingue da “partecipare” vale a dire essere parte di una comunità .
Si fa questa distinzione, non per saccenza , bensì per comprendere adeguatamente che “il prendere parte” e “l’essere parte” sono entrambi momenti di una solidarietà socio-politica.
In uno prevale la spontanea volontà a condividere un interesse, nell’altro la decisione di fare; la partecipazione diventa quindi un sintomo di democrazia e rappresenta il campanello d’allarme di ogni situazione pericolosa per la comunità. Altra distinzione da fare è quella fra partecipazione e globalizzazione .Il fenomeno della globalizzazione non porta alla partecipazione sociale e culturale perchè è mossa solo da intenti economici e non sempre inevitabili.
Perché la gente non partecipa, nonostante ci siano regole di legge che impongono in qualche misura la presenza dei cittadini nelle gestioni pubbliche attraverso comitati , consulte, assemblee etc…?
Non si vuole partecipare , non si può o perché non si richiede?
Le risposte possono essere molteplici , ma in sintesi e da aggiornate rilevazioni statistiche , emerge che incidono fortemente sia l’informazione, sia la disponibilità economica che quella del tempo da dedicare ma la risposta chiave sta nell’assenza di motivazioni ideali.
Manca quindi quel coinvolgimento morale che porta a consolidarsi sempre più innanzi al malcostume politico, alle soverchierie politiche e amministrative alle ingiustizie fiscali, alla mancanza di lavoro, alla vacuità di provvedimenti legislativi, situazioni che producono una perplessità esistenziale.
In termini diretti si sta consolidando una sfiducia popolare verso “tutto”, anticamera dell’astensionismo elettorale.
Per far fronte a questo processo di decadenza e incentivare i cittadini ad attivarsi, bisogna ridare fiato alla Politica della costruzione attraverso un risveglio culturale.
Se l’Italia è un Paese” depresso”, la cura passa solo attraverso l’impegno popolare, come nel Dopoguerra.
Forse storicamente negli anni 50 non c’era ancora lo strapotere dell’Europa e i politici di allora erano leader che avevano una altissima concezione dello Stato.
I protagonisti di quella stagione erano Einaudi, De Gasperi, Togliatti, Nenni , Pertini La Malfa e poi Moro, Berlinguer, Craxi .
Oggi invece è sotto gli occhi di tutti la modestia dell’attuale classe politica che non è certo riferimento per chi desidera cambiare la situazione. , sono facce di bronzo riciclate.
I partiti si sono arroccati in scelte autoreferenziali che inibiscono il raggiungimento di obiettivi popolari a causa di una selezione interna che punta sulla qualità di candidare esclusivamente persone di fiducia del vertice .
Il movimento di Grillo e Casaleggio è l’unico, per ora , ad aver fatto una selezione più aperta vanificata però da proposte utopiche .
Tornando alla considerazione iniziale su “l’essere parte o prendere parte” dobbiamo capire le derivate di questa analisi. Non partecipare significa escludersi e sostanzialmente divenire sudditi acritici e tutto sommato comodi ad un miope potere; mentre l’attivarsi significa includersi socialmente rivendicando il ruolo di soggetto propositivo.
Come? Tentando di riscoprire il modello di volontariato politico dei cittadini attraverso un patto di solidarietà civile .
Non possiamo permettere di essere considerati “elettori” solo per la durata delle campagne elettorali !
Non dobbiamo rinunciare alla nostra dignità di liberi cittadini.
L’esasperata corsa ad affinare in questo trentennio il concetto di democrazia partecipativa ha fatto perdere di mira la semplicità del concetto “partecipazione politica”.
Prendiamo come esempio il decentramento amministrativo : leggi pensate a come far partecipare la cittadinanza alla cosa pubblica ma finite per conferire poteri straordinari ai presidenti di regione e sindaci relegando il cittadino pressochè ad un orpello!
Si è talmente parlato di trasparenza delle istituzioni locali che il cittadino non si vede più?
A che serve mettere on line redditi e curricula sui siti delle istituzioni locali quando il cittadino, una volta che pone un quesito di moralità o di comprensione viene disatteso?
E gli esempi di malaffare politico locale e di autocrazia sono aumentati spaventosamente alla faccia della trasparenza e dell’informazione !
Un tale ginepraio di leggi , delibere, determine , direttive europee , circolari attuative che uccide la partecipazione va rivisto decisamente ! Dobbiamo pretendere di capire !
Ecco , l’aneddoto di Voltaire da me ricordato , vuole essere un monito : diffidiamo da elaborazioni troppo raffinate , nascondono l’inganno di una incombente paralisi dello Stato.
Che la soluzione per combattere la crisi della partecipazione sia guardare ad una nuova Europa di cittadini e non di egoismi nazionali? Ci proviamo mandando al Parlamento dei veri Cittadini e non dei politicanti consumati? Se è questa una possibile via d’uscita siamo ancora una volta partiti male visti i manifesti elettorali….

Immagini di Carla Morselli