
Muro contro muro per il momento tra Alitalia e Sindacati in merito agli esuberi. Il confronto va avanti ma non è stato ancora definito. I sindacati vogliono approfondire il piano proposto da Ethiad. L’azienda conferma i numeri ma i sindacati avvertono che si ribelleranno mentre vorrebbero una situazione più chiara. I sindacati vogliono capire un pò di più.
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La governabilità-Il Democratellum favorisce la governabilità senza presentare profili di incostituzionalità. Il suo impianto limita la frammentazione dei partiti e avvantaggia le forze politiche maggiori. Il sistema non richiede coalizioni pre elettorali e cosi evita che i partiti debbano annacquare la propria proposta elettorale a causa di alleanze tattiche obbligate che nell’esperienza italiana si sono rivelate espedienti elettorali incapaci di reggere alla prova del governo del Paese. Non è un proporzionale puro bensì un proporzionale di un sistema. La forza politica che ottiene un 40% di consensi le consente di avere il 50% di seggi.
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“Cosi com’è l’operazione Mare Nostrum non può andare avanti: siamo assolutamente certi di avere fatto il bene, ma altrettanto certi che così non si può andare avanti perché il Mediterraneo è una frontiera europea e noi salviamo le vite di chi vuole andare in Europa non di chi vuole venire a Pozzallo, Augusta o Porto Empedocle”. Lo ha affermato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, a conclusione del vertice nella prefettura di Catania con i sindaci, i prefetti e i questori delle zone interessate dall’emergenza sbarchi. Il ministro poi ha insisito:”Noi salviamo le vite di chi vuole andare in Europa e quindi o l’Europa si fa carico di un operazione di ricerca dei possibili naufraghi, di salvezza e di intervento umanitario nel Mediterraneo oppure la mia proposta sarà quella di non proseguire l’operazione Mare nostrum”. Alfano ha citato le responsabilità della comunità internazionale e di “tutti coloro i quali hanno creato la instabilità” in Libia mandando a casa il regime di Gheddafi. In merito Alfano, “ovviamente non esprime giudizi”, ma “l’esito finale dopo alcuni anni è l’instabilità di quel Paese, e adesso dal Corno d’Africa vanno tutti a imbarcarsi dalla costa libica”. Secondo il ministro dell’Interno italiano il “conto” presentato dall’instabilità libica “non può esser pagato dalla sola Italia, o la sola Sicilia”. Alfano ha concluso annunciando che “il lavoro che si è sviluppato a Catania sarà replicato, con riunioni periodiche per affrontare in Sicilia il tema dell’emergenza migranti”. Il ministro ha poi annunciato la “costituzione nell’isola di un centro di accoglienza importante per evitare che ci siano sui Comuni enormi pressioni difficili da reggere” e “un’unità di missione al Viminale che avrà a che fare 24 ore su 24 con i sindaci coinvolti dall’emergenza immigrazione”. Perché, ha ricordato Alfano, “quando in una comunità come Pozzallo arrivano 12 mila migranti in un anno e gli abitanti sono 19 mila, oppure quando in una comunità come Porto Empedocle ne arrivano 9 mila, quanto il totale degli abitanti , è evidente che il rapporto diventa del tutto sproporzionato. Ed ecco il motivo per cui noi daremo una grande forza, un grande sollievo a quelle comunità”.
FECONDAZIONE ETEROLOGA, I GIUDICI: “DIRITTO AD AVERE FIGLI E’ INCOERCIBILE”


ROMA – Carne bovina infetta ma con il marchio di qualità. E’ quanto hanno scoperto oggi i carabinieri del Comando per la tutela della salute, che hanno eseguito 78 decreti di perquisizione e sequestro in tutta Italia nell’ambito di un’indagine, denominata ‘Lio’ e condotta dal Nas di Perugia, relativa all’illecita commercializzazione di bovini infetti, con marchi auricolari contraffatti e dichiarati falsamente di razza pregiata. Sono in corso sequestri di allevamenti di bovini vivi per un valore stimato di circa 4 milioni di euro. L’operazione riguarda non solo il capoluogo umbro, ma anche altre 21 province in 12 regioni d’Italia: Arezzo, Avellino, Bari, Foggia, L’Aquila, Latina, Lodi, Matera, Padova, Perugia, Pesaro Urbino, Pistoia, Potenza, Ravenna, Rieti, Roma, Siena, Terni, Torino, Verona e Viterbo. Il comandante dei Nas Marco Vetrulli ha rassicurato sul pericolo contagio, scongiurato dalla cottura o dal congelamento della carne. Dagli accertamenti è emerso che venivano vendute come pregiate, talvolta anche chianine, carni in realtà di animali di razze meticce. I militari hanno ricostruito la filiera dei trasferimenti dei bovini da una regione all’altra. Dopo i primi 500 capi abbattuti sono ora in corso accertamenti sanitari su altri 100 animali rintracciati con la documentazione risultata irregolare.
La prima fase dell’indagine ha portato alla scoperta di un traffico illecito di bovini colpiti da malattie infettive alcune trasmissibili all’uomo. Gli animali, nati in aziende dell’Italia meridionale e insulare, venivano avviati alla macellazione grazie all’intermediazione di due aziende, una perugina e una aretina, nonchè di allevatori e medici veterinari che riuscivano a far eludere i controlli sanitari facendo apparire sani i bovini. Al termine di questa prima fase (inizio 2013) sono state sequestrate 4 aziende agricole e 500 bovini vivi che sono stati abbattuti e distrutti, per un valore commerciale di due milioni e mezzo di euro. Nella seconda fase delle indagini i militari hanno ricostruito minuziosamente la vasta organizzazione criminale in cui erano a vario titolo coinvolti 56 allevatori, 3 autotrasportatori e 6 medici veterinari delle Asl del centro-sud (Perugia, Arezzo, L’aquila, Foggia, Potenza e Matera) dediti alla falsificazione di passaporti e marche auricolari che permetteva di introdurre sul mercato bovini di razza ed età diverse da quelle certificate dai documenti.
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LIBIA: IL PREMIER MIITIG HA ACCETTATO LA SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA RITENENDOLA INCOSTITUZIONALE
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L’11 giugno andrà in onda lo sciopero dimezzato. Uno sciopero a metà. Senza l’adesione dell’Usigrai, storico sindacato dei giornalisti del servizio pubblico, l’agitazione contro il prelievo di 150 milioni del governo Renzi dalle casse della Rai contenuto nel decreto Irpef si conferma una protesta velleitaria e anacronistica.
La Tv pubblica è da sempre il microcosmo in cui si affermano tendenze e schieramenti che agiscono nel Paese. Ma mentre un tempo li anticipavano, stavolta li riproducono. Anche in Rai si ripete la divisione tra coloro che propendono per la volontà di riforma e i conservatori che, in forza di posizioni vetero-ideologiche, vogliono tutelare vecchi schemi e vecchie formule. Se, capeggiata da qualche conduttore come Giovanni Floris, la Rai doveva essere l’ultima trincea anti-renziana, ora appare chiaro che la battaglia contro il premier e la necessità della spending review è persa.
La decisione dell’Usigrai, arrivata già nella sera di giovedì, e ribadita dal comunicato di ieri, è giunta «dopo il voto a larghissima maggioranza delle assemblee tenute nelle ultime 48 ore in tutte le redazioni d’Italia». In particolare, pur esprimendo contrarietà alla vendita delle quote di RaiWay (l’azienda dei ripetitori del segnale) per compensare i tagli imposti dal decreto, il sindacato dei giornalisti mostra soddisfazione perché finalmente sono stati messi a tema questioni sollevate dall’Usigrai come l’anticipo della concessione di servizio pubblico di due anni, la lotta all’evasione del canone e la riduzione del controllo di partiti e governi sulla Rai. Una presa di posizione che ha influenzato le scelte degli aderenti all’Usigrai è stata quella di Giuseppe Giulietti, storico leader del sindacato e fondatore di Articolo 21, che nei giorni scorsi aveva sostenuto che soffermarsi sullo sciopero significava «affrontare i problemi della Rai partendo dalla coda». «Ora vediamo», si legge nella nota diffusa ieri, «se il governo è in grado di tenere il passo della sfida riformatrice o sono solo annunci».
Nell’attesa di saperlo, numerosi apprezzamenti per la decisione dell’Usigrai giungono da esponenti del Pd (Vinicio Peluffo, capogruppo in Vigilanza, Marina Sereni, vicepresidente della Camera, Paola De Micheli e Camilla Fabbri, senatrice e membro della Vigilanza). Molto meno fiduciose sull’esito del dibattito restano le altre sigle sindacali (Slc-Cgil, Uilcom-Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind-ConfSal) che ribadiscono l’adesione alla protesta di mercoledì. «Lo sciopero dei giornalisti è scongiurato, non il nostro. Non sono la stessa cosa», ha affermato a margine di un convegno Luigi Angeletti della Uil. «Vogliamo che il governo costringa la Rai a tagliare gli sprechi. Ma non siamo d’accordo che riduca le potenzialità dell’impresa. Renzi è bravo a spiegare che togliere 150 milioni significa ridurre i privilegi, ma non è così. Perché si potrebbe indebolire la Rai e lasciare inalterati i privilegi», ha concluso Angeletti. Ma questo, com’è noto, non è compito del governo quanto degli amministratori che gestiscono le risorse aziendali. Il taglio di 150 milioni su 1700 di entrate dal canone può essere uno stimolo a ridurre gli sprechi nelle 22 sedi regionali, a cominciare dalla logistica esorbitante per proseguire con la razionalizzazione delle edizioni dei tg. Infine, pur in presenza dei 700 prepensionamenti disposti nel 2013, un discorso a parte meriterebbero assunzioni e promozioni di dirigenti e manager apicali. Sarà la (s)volta buona? MC

Vodafone fornisce i dati relativi al numero di richieste di dati pervenute in modo legale alla compagnia.
L’Italia spicca con 600 mila richieste contro le 99 della Tanzania, le 76 mila dell’Ungheria, le 49 mila della Spagna e le 6000 mila dell’Albania. In merito a tutto ciò servono delle regole chiare e comuni per tutti i paesi che fanno parte dell’Europa affinchè queste regole limitino queste attività al minimo.
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VISCO: ITALIA PUO’ SFRUTTARE LA FLESSIBILITA’ DELLE REGOLE EUROPEE CON LE RIFORME


I numerosi dati che i siti della Pa si apprestano a pubblicare dovrà rispettare la privacy dei cittadini. I fini della trasparenza e dell’anticorruzione non dovranno calpestare i diritti fondamentali dei cittadini. E ciò che ha tracciato il garante della privacy in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Le linee guida riflettono il decreto legislativo n.33/2013 in vigore dal mese di aprile scorso. Riguardano dati e documenti che le Pa devono mettere on line per finalità di trasparenza e anticorruzione .Il garante tutela i diritti della privacy in due modi: limitando sia il tipo di dati pubblicabili sia la modalità di pubblicazione. Le Pa sono tenute a pubblicare solo dati esatti e aggiornati e contestualizzati e obbligatori per legge.
E’ sempre vietata la pubblicazione di dati sulla salute e sulla vita sessuale mentre i dati sensibili (etnia, religione, appartenenza politica)possono essere diffusi solo laddove indispensabile al perseguimento delle finalità di rilevante interesse pubblico. In merito ci saranno diversi dibattiti in quanto l’attuale normativa lascia molto a desiderare. Le norme sono alla ricerca di un nuovo equilibrio. Trasparenza e privacy sono i temi su cui si gioca il futuro della cittadinanza nella società digitale.

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