“Di poesia si vive”

Come è nata e quali difficoltà ha affrontato la rivista che cura da dieci anni?
– E’ una storia assai poco drammatica, per niente tormentata. Solo una notevole fatica, se si può considerare fatica un’impresa a cui ci si dedica convinti e contenti e che rende concreto quel che si considera in sé un bene. Tutto cominciò nei primi anni del Duemila. Luciano Lucarini, con la casa editrice Pagine, fra varie riviste pubblicava “Poeti e Poesia”, dedicata interamente alla poesia, che non brillava per qualità. L’editore in più occasioni m’invitò a condirigere la rivista, ogni volta rifiutai. Tornò a propormene la direzione, ancora rifiutai. Verso la fine del 2003 finii con l’accettare. Era accaduto, durante quell’anno, che avevo parlato spesso con un amico della possibiilità di creare una rivista di poesia on line dove fosse possibile pubblicare autori di qualità fuori dei baratti e delle combriccole. Così, quando mi venne l’ultima offerta di Lucarini a dirigere una rivista cartacea tutta da reinventare, dissì di sì, a patto di esser completamente libero e, vale precisarlo, in dieci anni non ho avuto da parte dell’editore una sola anche minima intrusione. Fu chiaro che all’editore lasciavo solo il titolo della rivista e questo fu dichiarato da me e accettato da lui in una pubblica presentazione a Palazzo Ferraioli, in Largo Chigi, alla quale partecipò buona parte della più nota poesia romana. IL primo numero apparve nel maggio 2004, e presentava in gran parte la struttura che lungo dieci anni e trentadue numeri ho voluta la stessa. Volevo allora, e voglio ancora, che la rivista accogliesse la poesia in cui credevo e credo: che non cede a facili rivolte, non si chiude in vuoti esperimenti, non si limita a gruppi e scuole, non assegna precedenze, e prima ancora non dimentica la poesia del passato, non trascura la strumentata riflessione, riflette e rispecchia quel che credo, e che mi viene additato da testimoni capaci, il meglio di quanto accade in poesia. Per ciò italiani e stranieri, poeti da rileggere perché trascurati o addirittura dimenticati, traduzioni di qualità, saggi e note di esperti non serrati negli specialismi e nelle accademie. E copertine, ognuna con opere di artisti generosi ed entusiasti. Insomma una vera impresa che, di quadrimestre in quadrimestre, prende molto del mio tempo e della mia attenzione.
Questa è pressappoco la storia della rivista. Quanto a difficoltà non ne ho trovate. Ho chiamato a collaborare qualche centinaio di autori italiani, dai notissimi a quelli poco o per niente noti ma già degni di essere segnalati, tutti pubblicati con gli stessi spazi e per ordine alfabetico. Tutti, da Loi a Magrelli, dalla Merini a Cucchi, tutti hanno risposto senza esitazioni al mio invito. Così come ho potuto, con entusiasmo di traduttori e di studiosi acclarati, pubblicare traduzione con testo a fronte di poeti viventi e contemporanei poco conosciuti in Italia ma di grande valore internazionale. Insomma centinaia di presenze e altrettante sollecitazioni a validissime letture. E basti quanto ho detto finora a consuntivo e a testimonianza.

– Breve panorama del dialogo culturale con altre realtà e riviste in Italia?
Dialogo non c’è stato, né l’ho chiesto. Intendevo dare la possibilità di conoscere la poesia fuori, come ho già detto, delle mode e delle parentele. M’è riuscito. Ho chiamato e pubblicato anche numerosi poeti che fanno parte di redazioni di altre riviste. Preciso che nella mia rivista m’è accaduto in trenta numeri di pubblicare rarissime volte miei interventi, mai mie poesie.

– Scoperte di autori stranieri e relazioni con il resto del mondo?

– Di autori stranieri ne ho pubblicati non meno di novanta, tre per numero, e delle più diverse lingue e nazioni. Mi sono stati proposti da docenti e traduttori valenti di quelle letterature. I testi a fronte hanno portato ai lettori della mia rivista testi originali nelle lingue più diverse, dal russo al persiano e all’arabo. Questo il mio relazionarmi con il resto del mondo. Di recente un famoso italianista russo mi ha chiesto alcuni esemplari della rivista con l’intento di antologizzarli in una delle maggiori riviste russe. Ne sono stato contento, per ora è il solo dal mondo non italiano che si profonde in una tale attenzione.

– Politica e letteratura oggi? Cosa resta del dialogo con la società?

Mi limito alla poesia: non deve e non può dialogare con la politica. La precede, la nutre quando viene scorta e riconosciuta da un gruppo propenso alle domande e capace di vedere, parla ai sentimenti, si pronuncia sul profondo. La poesia è nuda e la politica è fin troppo vestita, troppo spesso mascherata. E’ da stolidi pensare che, in altri tempi, la poesia ha dialogato con la politica. Esisteva, fino a metà Novecento, una società aristocratico- borghese, piccola di numero, che veniva da una scuola attenta ben più dell’odierna alla buona letteratura. Fin dalle elementari si mandavano a memoria molte poesie dei poeti maggiori. Nascerà un vero dialogo della poesia con la politica quando i politici e la maggioranza di una popolazione smetteranno di nascondersi nelle chiacchiere e intenderanno la necessità e la verità della parola.

– Criteri di scelta fra intelligenza, ritmo , precisione della parola e contenuti?
La scelta viene dalla conoscenza e questa dalla frequentazione quotidiana, cominciata fin dalle prime scuole, della poesia che ci viene consegnata dal tempo che la rende durevole e dal gusto di chi possiede i necessari strumenti per riconoscerla e goderne. Come posso giudicare e valutare un poeta di oggi se manco di raffronti, di confronti? Poesia è rivelare l’essere e l’esistente, accoglierlo in parole capaci di esprimere esattamente e di durare nella mente e nell’animo.

– Rapporti con la scuola e con le istituzioni culturali ?
I rapporti con la scuola riguardano me e sono folti, ma vengono da decenni in cui ho incontrato, e tuttora incontro, studenti di varie città e e di diversi ordini scolastici. Sono rapporti che precedono di molto la vita della rivista e ne prescindono. Parlo con ragazzi e ragazzini di poesia e di come vada avvicinata e compresa fuori degli schemi scolastici. Escluso qualche liceale, nessuno di loro s’interessa ancora a una rivista di poesia. Quanto alle istituzioni culturali non credo, al di là di anche troppe generiche approvazioni, nel loro interesse, tranne da parte di qualche funzionario per lo più mediocre versificatore.

– Poesia e filosofia, ricerca del sé : c’è un segreto per restare giovani?

In una recente intervista Rubbia, premio Nobel per la scienza, ha affermato che la maggiore qualità umana, la più necessaria all’uomo, è la curiosità. Se filosofia è amore per il sapere, e per ciò porsi domande, sciogliere dubbi, tracciare mappe, la poesia addirittura la precede e la nutre. E la poesia sta perennemente affacciata sulle giornate del mondo. Come ben sapevano i primi sapienti greci, sui cui frammenti “filosofici” ancora lavoriamo, che si esprimevano con le parole e le immagini di quel che chiamiamo poesia.

– Il futuro? E i suoi desideri.
Il futuro della rivista? Penso che fino a quando me la lasceranno fare non mi allontanerò da quella che, da dieci anni e da trentadue numeri, mando avanti con fatica lieta e con chiarezza d’intenti. Il mio desiderio? auguro ai lettori di “Poeti e Poesia” di accostarsi alla poesia per nutrirsene, fuori delle ambizioni scrittorie.

Immagine dal sito mrkpoesia.blogspot.it
Immagine di copertina della Rivista Internazionale "Poeti e Poesia" di Carla Morselli

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