LA «SACRA FAMIGLIA» DI ZINGARETTI ALL’IPAB EX MANAGER E POLITICI

di | 1 Ago 2014

LA «SACRA FAMIGLIA» DI ZINGARETTI ALL’IPAB EX MANAGER E POLITICI 
Sul sito dell’Ipab Sacra Famiglia figura ancora come presidente Enrico Zappacosta, nominato dalla Polverini nel novembre 2012 poco prima di cedere le armi e mandare ad elezioni anticipate la Regione Lazio, vinte poi da Nicola Zingaretti. Ed è proprio di Zingaretti la firma del decreto del Presidente della Regione n. T00265 del 7 agosto 2014 che rinnova il Consiglio di amministrazione dell’Ipab, tra le più prospere, e nomina presidente Jean Leonard Touadi. Ex assessore con Veltroni, ex deputato Pd e capolista dei democratici proprio nelle regionali 2013, quando risulta tuttavia clamorosamente non eletto. Dato in pole position per un posto nella neo giunta Zingaretti, il suo nome è finito "nel cassetto", fino a una settimana fa. Uomo senza dubbio di spessore e di esperienza, come del resto un altro big del Pd romano, Massimo Pompili nominato circa un anno fa alla guida dell’Isma Santa Maria d’Aquiro.
Il nuovo Consiglio di amministrazione dell’Ipab Sacra Famiglia resterà in carica cinque anni ed è dunque composto da Touadi quale presidente e dai nuovi consiglieri, Fabrizio Di Cencio (già Sviluppo Lazio, in accorpamento con altre due società regionali); Antonietta Bellisari, alla direzione delle Politiche sociali della Regione, Domenico degli Eredi, già nell’Agenzia regionale per il Turismo (in liquidazione). Ha resistito allo tsunami soltanto Francesco Alario, che resta dunque membro del Consiglio di amministrazione.
Senza entrare nel merito di professionalità certamente corrispondenti alle esigenze dell’istituto, vale tuttavia la pena riportare la dichiarazione dell’allora capogruppo alla Pisana del Pd, Esterino Montino a commento della nomina di Zappacosta alla guida della Sacra Famiglia nel novembre 2012: «…Gli amici non si abbandonano ed ecco la soluzione: la Polverini interviene per salvare il soldato Zappacosta dall’oblio della disoccupazione nominandolo presidente dell’Ipab Sacra famiglia assicurandogli uno stipendio decente fino al giugno del 2014 quando scadrà l’attuale Cda dell’Ipab nominato nel 2009. Questa scelta è vergognosa, illegittima e uno spreco di denaro pubblico». Rapportate ad oggi, nel bel mezzo della spending review, salario accessorio tagliato ai dipendenti e alla raffica di nomine e promozioni di giunta e consiglio regionale (guarda caso lo stesso giorno, il 7 agosto), sono parole che fanno riflettere. Un giro di poltrone non si nega proprio mai a nessuno.
dal sito www.iltempo.it
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POLITICI E TAGLI, CONSIGLIERE REGIONE LAZIO: "CON 5.200 EURO NON VIVO"

 
In questo momento dove la crisi economica sta sferzando tutte le categorie e le famiglie italiane partono a singhiozzo per le vacanze, ha fatto inorridire l’uscita di un consigliere della Regione Lazio di sponda centro-destra.
La riforma costituzionale appena approvata al Senato prevede infatti una dieta pesante per le loro tasche. All’articolo 29 del ddl Boschi si legge infatti che «gli emolumenti spettanti ai consiglieri regionali non potranno superare quelli spettanti ai sindaci dei comuni capoluogo di regione». Per i consiglieri di molte regioni sarà un taglio considerevole, variabile a seconda dello stipendio di partenza (diverso da Regione a Regione) e del sindaco del capoluogo di riferimento, anche questi molto differenti tra loro. Il sindaco di Napoli prende 4.100 euro al mese, quello di Bologna 7.600, a Roma 4.300 euro, a Bari 5.800, quello di Milano è 5.600 (autoridotto a 3.600 euro).
Vuol dire che i consiglieri regionali lombardi, se la riforma diventerà legge, dovranno rinunciare a circa 3mila euro al mese (l’attuale stipendio è di 8.400 euro netti al mese). Per quelli della Regione Lazio di «Er Batman» Fiorito, capostipite degli scandali sui soldi regionali sottratti a piene mani, il taglio vale 2mila euro al mese. Troppi, secondo il partito trasversale dei consiglieri regionali avversi alla riforma. «Con 5.200 euro al mese la politica non si può fare, dovrò ridurre sedi e collaboratori» dice al Messaggero Giuseppe Cangemi, consigliere regionale del Ncd in Lazio. Anche in Lombardia sono pronti alla guerra. Tra i più agguerriti c’è Raffaele Cattaneo (Ncd), presidente del Consiglio regionale lombardo. «Se il problema sono i tagli, li abbiamo già fatti. Il Consiglio lombardo ha già tagliato i fondi ai gruppi dell’86%, l’indennità del presidente del 40% e dei consiglieri del 27%. Equiparare in Costituzione l’emolumento dei consiglieri regionali a quello dei sindaci è una follia legislativa. Si capisce che il governo ha un’intenzione punitiva verso le Regioni e vuole fare un’operazione di facile comunicazione di facciata, ma le riforme fatte così non hanno senso. Noi non ci opponiamo ai tagli, che anzi abbiamo già fatto, ma ci opponiamo alla distruzione del modello regionale».
L’altro fronte aperto è quello dei vitalizi dei consiglieri regionali, inclusi gli ex (solo quest’anno il Veneto elargirà 11,2 milioni di euro). Si mettono a punto tagli, innalzamenti dell’età pensionabile, meccanismi per limitare l’enorme spesa pubblica per i vitalizi degli eletti nelle Regioni. In Piemonte i consiglieri si sono tagliati il vitalizio, con la paradossale conseguenza – denunciata da M5S – che il loro stipendio è aumentato di 1.600 euro al mese, per effetto del taglio della contribuzione previdenziale. Problema vitalizi che pesa in particolare sulla Regione Lazio, che ha abolito il vitalizio per gli attuali (e futuri) consiglieri regionale, ma per gli ex la faccenda si complica. «Lì ci sono dei diritti acquisiti che nel corso degli anni, prima di noi, sono partiti, ed è evidente che andranno affrontate le storture, evitando il pericolo di aprire vertenze o ricorsi» dice Luca Zingaretti presidente della Regione Lazio. Dove, per effetto di una serie di norme (in primis l’età sufficiente a far scattare la pensione, solo 50 anni), si potrebbe abbattere un salasso da 20 milioni l’anno con una quarantina di neopensionati pronti a chiedere l’assegno, «diritto acquisito»
dal sito www.salernonotizie.it
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TASSE AL 53,3 % IN ITALIA
Secondo una ricerca effettuata dal centro studi della Confcommercio il totale delle tasse pagate rispetto al reddito complessivo del Paese ha raggiunto il 53,2 % rispetto a quella ufficiale,di appena il 44,1, che pero’ non terrebbe conto del sommerso, pari al 17,3% de Pil. Cio’significa che su ogni euro prodotto 53 centesimi vanno via per tasse varie. Tra le economie avanzate l’Italia sale al primo posto della classifica Ocse per il carico fiscale.
In Germania la pressione fiscale è diminuita del 6% , in Svezia del 14% e il Pil nei due paesi è salito rispettivamente del 15 e del 21 %.Secondo la ricerca della Confcommercio le tasse sono la mortificazione della crescita e le performance al 2014 distruggono le basi per la ripresa del 2015 e l’effetto bonus degli 80 euro si farà sentire nella seconda parte dell’anno con la ripresa dei consumi dello 0.7%.
Immagine dal sito www.focusitaly.net
n.d.r.
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VITALIZI, LO SCANDALO DEI CUMULI: NEL LAZIO C’E’ CHI NE SOMMA ADDIRITTURA TRE
L’offensiva contro i vitalizi, anche contro quelli del passato, è partita. Ormai è chiaro che si tratta di una situazione eticamente ed economicamente insostenibile in tutte le Regioni perché i soldi disponibili per le attività dei Consigli stanno diminuendo ma contemporaneamente le spese per i vitalizi aumentano. Di qui l’ondata di tagli: il Trentino ha varato il divieto di cumulo fra vitalizi, la Lombardia e il Friuli puntano a tassarlo con un contributo di solidarietà, altre Regioni vogliono alzare l’età d’accesso al privilegio.
Nel Lazio c’è più timidezza. Nella Regione del maxi debito della Sanità e dell’addizionale Irpef tra le più alte d’Italia, c’è una spesa che continua a crescere, quella dei vitalizi dei consiglieri, che vale il 25 per cento del bilancio del Consiglio regionale (oltre 20 milioni di euro all’anno). Ma nel fantastico mondo dei 266 ex consiglieri ed ex assessori del Lazio baciati dal vitalizio che, come i diamanti, è per sempre a partire da soli 50 anni, c’è anche chi riesce a raddoppiare il privilegio. Come? Abbinando il vitalizio regionale a quello da parlamentare. Non basta? Se le regole non cambieranno, tra chi è appena entrato in Parlamento europeo vi sono alcuni ex consiglieri del Lazio ed ex senatori o deputati che tra cinque anni potranno puntare al triplete: vitalizio dal Parlamento europeo, vitalizio dal consiglio regionale, vitalizio dal Parlamento italiano. Un triplo assegno mensile in grado di svettare oltre la quota dei 10 mila euro netti al mese.
IL PIENO
Sì, perché se è vero che per i consiglieri del Lazio in carica il vitalizio è stato abolito, per quelli del passato nulla è cambiato, con un ulteriore paradosso: 5 anni alla Pisana valgono un vitalizio ”privilegiato” calcolato in maniera assai più favorevole di quello assicurato da 5 anni in Parlamento o a Strasburgo. Non finisce qui: vi sono almeno 40 ex consiglieri ”under 50” pronti a festeggiare il cinquantesimo compleanno con qualche rimpianto in meno per il tempo che passa, perché andranno in banca a incassare il bonifico che gli arriverà dal Consiglio regionale tranquillamente cumulabile con altri vitalizi. Se nel resto d’Italia si cambia, anche alla Regione Lazio circolano alcune proposte per vietare il cumulo dei vitalizi: tra i primi a muoversi i 5Stelle, nella maggioranza la consigliere Teresa Petrangolini va in questa direzione, un’analoga proposta è arrivata da La Destra (che tra due settimane però festeggerà il cinquantesimo compleanno dell’ex consigliere regionale Roberto Buonasorte che comincerà a ricevere il vitalizio). Ma intanto il club del ”doppio vitalizio” si allarga ai politici che hanno appena lasciato il parlamento europeo. Prendete Potito Salatto, ad esempio, assessore regionale negli anni ’90 della Dc, per poi essere eletto nel parlamento europeo nel 2009, per il Pdl, passare a Futuro e Libertà e oggi, finita l’esperienza a Strasburgo, godersi i vitalizi a Paxos, in Grecia (anche se è ancora vicepresidente nazionale del Partito popolare di Mario Mauro). Il suo personale triplete mensile è così formato: 5.200 euro il vitalizio della Regione, 1.200 euro il vitalizio dal Parlamento europeo, 800 euro per la pensione maturata dopo 25 anni di lavoro all’Enasarco. «Tutto in regola – racconta Salatto – ho sempre fatto il mio dovere, con onestà». Nessuno lo mette in dubbio, però che ne pensa dell’ipotesi di proibire anche in forma retroattiva il cumulo? «E’ anticostituzionale, i diritti acquisiti non si toccano». Altra ipotesi: un contributo di solidarietà. «Ok, ma dipende dalla percentuale: c’è chi ci vive con il vitalizio». Altro caso: Luciano Ciocchetti, già consigliere regionale e parlamentare centrista, oggi è in Forza Italia. Lui aggiunge il vitalizio della Camera (3.000 euro scarsi), ai quasi 2.350 euro maturati alla Pisana. Vogliono vietare il cumulo, sa. «Vedremo cosa dirà la Consulta. Non abbiamo rubato nulla. E la legge non l’ho fatta io. Poi, a dirla tutta, spero di tornare in Parlamento presto, così non riceverò più il vitalizio…». Altri sono più malleabili, come Augusto Battaglia, Pd, parlamentare e assessore regionale (3.000 euro mensili di vitalizio per appena 5 anni alla Pisana, 3.800 per 10 in Parlamento): «Per i politici valgano le regole di tutti i lavoratori. Se chi ha fatto più lavori può unificare i contribuiti, lo si preveda anche per i politici con un vitalizio unico».
RECORD
Tra i recordman c’è Domenico Gramazio, Pdl, già parlamentare e consigliere regionale, che grazie al cumulo supera i 10 mila euro mensili. Non se la cava male Angiolo Marroni, storico esponente della sinistra, che supera gli 8 mila euro mensili, abbinando il vitalizio da ex consigliere regionale, alla reversibilità di quelli – si noti il plurale – della moglie (scomparsa nel 2011, fu parlamentare e consigliere regionale). Marroni, 83 anni, è Garante dei detenuti, e per questo incarico percepisce 3 mila euro al mese. «Tutto nel rispetto della legge. E comunque i vitalizi non nascono dal nulla, ma dalle trattenute sui compensi dei consiglieri».
E se Paolo Cento, 52 anni, scherza sul fatto che ha mancato la doppietta di un soffio (prende il vitalizio da ex consigliere regionale, non quello da parlamentare perché la Camera ha alzato l’età minima a 60 anni nel 2012), Donato Robilotta, già assessore regionale di Forza Italia, è infuriato per la crociata contro i vitalizi: «Prendo il vitalizio previsto dalla legge ma non ci sto più ad essere trattato per questo come un malfattore, messo all’indice da esponenti regionali che vogliono solo farsi pubblicità, per coprire i loro attuali privilegi. Con l’intera cifra del vitalizio pago la rata del mutuo. Porterò in tribunale chiunque fornisca e utilizzi miei dati sensibili». Robilotta riceve 3.000 euro di vitalizio mensile.
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LA POVERTA’ CONFRONTO GERMANIA – ITALIA
In Italia è considerato “povero” chi vive con meno di 599 euro al mese e i nuclei di due persone con meno di mille euro mensili .
In Germania sono considerati a rischio povertà tutti coloro che hanno entrate inferiori a 940 euro mensili. Il costo della vita dei due Paesi è quasi uguale, mentre il welfare in Germania è migliore soprattutto per le famiglie con figli. Solitamente in Europa la definizione di povertà si basa sul reddito medio nazionale.
Quando il reddito medio nazionale cala , come sta avvenendo in Italia , un primo effetto si ha la riduzione
di occupazione e il tasso dei lavoratori poveri aumenta.
Italia e Germania sono considerati per certi aspetti modelli di sviluppo.
La Germania ha visto una crescita della diseguaglianza tra tutti i Paesi occidentali.
Oggi , metà dei lavoratori tedeschi ha un salario inferiore alla media nazionale .Questo non significa che
siano poveri ma godono di sussidi statali importanti.
La Germania è passata da politiche di sostegno ai disoccupati a politiche cosiddette di “attivazione”
legando il sussidio allo svolgimento di attività lavorative.
I disoccupati continuano a ricevere il sussidio ma devono sottoporsi a qualsiasi tipo di lavoro, anche non
pagato e senza considerazioni per qualifiche e aspirazioni personali.
Sono esplosi di conseguenza lavori a 1 euro l’ora o mini job a 400 euro al mese.
Queste politiche hanno una spinta depressiva.
In Italia sembra che si stia imboccando questa strada e finora la percentuale dei lavoratori a basso salario è
stata più bassa che negli altri Paesi.
Immagine dal sito www.caritastortona.it
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CASO MARO’, DELEGATO COCER MARINA: PERCHE’ IL SILENZIO DI RENZI E MOGHERINI?
(Adnkronos) – Il delegato della rappresentanza militare denuncia “una lesione dei diritti, c’è un problema anche di aver consegnato dei militari, dei cittadini italiani, a uno Stato che ha ancora in vigore la pena di morte”
Il caso marò arriva in Australia. La radio di Stato, la Sbs Network, intervista il Capitano di fregata Antonio Colombo, rappresentante del Cocer della Marina Militare: “La cosa che non mi piace – spiega l’ufficiale – è che non ho ancora sentito una volta Renzi, la Mogherini, non parlano di questi ragazzi! Ma perchè non parlano? Li ignorano. Vogliono fare in modo che la cosa cada nel dimenticatoio? Io non lo capisco, e non lo dico da militare ma da italiano”.
“Sono pronto a festeggiare i 1.000 giorni di permanenza in India dei ragazzi che avverrà il 12 di novembre“, dice lasciandosi andare ad una provocazione. “Cercheremo di attirare l’opinione pubblica con qualche forma di iniziativa, non so quale, dovremo studiarla, dovremo pensarci. Che sia un’iniziativa che faccia riflettere che 1.000 giorni lontani dagli affetti, lontani dal Paese, lontani dalla divisa, lontani dallo svolgere quotidianamente un lavoro veramente importante e impegnativo sono pesanti, sono lunghi”.
A giudizio dell’esponente del Cocer Marina, dietro alla decisione di rimandare i due fucilieri di Marina in India “ci sono delle motivazioni di opportunità economiche”. Il delegato della rappresentanza militare denuncia “una lesione dei diritti, c’è un problema anche di aver consegnato dei militari, dei cittadini italiani, a uno Stato che ha ancora in vigore la pena di morte, quindi ci sarebbero stati mille motivi per non rimandarli indietro”, rimarca Colombo.
Immagine dal sito www.ilgiornaleditalia.org
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GOVERNO BATTUTO COL VOTO SEGRETO. SI COMPLICA LA RIFORMA DEL SENATO. PASSA L’EMENDAMENTO DELLA LEGA: "AULA COMPETENTE SUI TEMI ETICI". PD IN ALLARME: "TORNANO I 101 FRANCHI TIRATORI CHE AFFOSSARONO PRODI"
Si complica il percorso della riforma del Senato. Il governo è stato battuto a Palazzo Madama su un emendamento della Lega. L’Aula con 154 voti a favore, 147 contrari e 2 astenuti ha approvato a scrutinio segreto la norma che assegna al Senato competenze «su materie eticamente sensibili», sul quale governo e maggioranza avevano espresso parere negativo. Esultanza tra i banchi di M5S e Lega in Senato dopo il voto segreto sull’emendamento, a firma del senatore della Lega Stefano Candiani
dal sito www.lastampa.it