Stiglitz Euro: ‘Gli zombie dell’austerità europea’

di | 1 Ott 2014

 dal sito www.lafucina.it

"L’articolo del Premio Nobel su The Project Syndicate"

“Se i fatti non si adattano alla teoria, cambia la teoria”, dice un vecchio proverbio. Ma troppo spesso mantenere la teoria e cambiare i fatti — o così, pare, pensano Angela Merkel e gli altri leader europei pro-austerità. Nonostante sia facile capire quale sia la realtà dei fatti, loro continuano a negarla.

L’austerità ha fallito, ma i suoi apologeti sono disposti a reclamare vittoria sulla base della prova più scarsa possibile: l’economia non sta più crollando, quindi l’austerità sta funzionando! Ma se questo è il punto di riferimento, potremmo dire che saltare giù da un dirupo è il miglior modo di scendere da una montagna; dopotutto la discesa è stata arrestata.

Ma ogni declino giunge al termine. Il successo non dovrebbe essere valutato in base al fatto che alla fine arriva la ripresa, ma in base alla rapidità con cui si afferma e quanto è grave il danno provocato dalla recessione.

Vista in questi termini, l’austerità è un completo disastro, che è diventato sempre più apparente da quando le economie dell’Unione Europee sono alle prese con la stagnazione economica, se non una tripla recessione, con la disoccupazione che continua a registrare nuovi record e il PIL pro-capite che rimane sotto livelli pre-recessione in molti paesi. E anche nelle economie più performanti, come la Germania, dal 2008 la crescita è stata talmente bassa che, in ogni altra circostanza, verrebbe considerata scarsa.

I paesi più colpiti sono in depressione. Non ci sono altre parole per descrivere economie come quelle di Spagna e Grecia, dove quasi una persona su 4 — e più del 50% dei giovani — non riescono a trovare lavoro. Dire che la medicina funziona perché il livello di occupazione è diminuito di un paio di punti percentuali, o perché si può vedere un barlume di magra crescita, è simile ad un chirurgo del Medioevo che dice che un prelievo è andato a buon fine perché il paziente non è ancora morto.

Estrapolando la modesta crescita europea dal 1980 in poi, i miei calcoli mostrano che oggi la produzione nell’Eurozona è oltre il 15% sotto i livelli a cui avrebbe dovuto essere se non fosse scoppiata la crisi nel 2008, comportando una perdita di circa 1.6 trilioni di dollari solo quest’anno e una perdita cumulativa di più di 6.5 trilioni. È ancora più inquietante che il buco si stia allargando e non restringendo (come uno si aspetterebbe in seguito ad una crisi, quando la crescita è più rapida del normale, dato che l’economia recupera il terreno perduto).

Detto semplicemente, la lunga recessione sta riducendo la potenziale crescita dell’Europa. I giovani, che dovrebbero accumulare competenze, non lo stanno facendo. C’è una prova schiacciante che si trovano di fronte la prospettiva di vedere abbassarsi in maniera significativa il proprio reddito nel corso della loro vita rispetto a quanto sarebbe accaduto se fossero cresciuti in un periodo di piena occupazione…

[…] Tutta la sofferenza in Europa — inflitta nel nome di un artificio creato dall’uomo, è ancora più tragica perché non è necessaria.