Donare tempo e competenza alla solidarietà Intervista a Gianni Bottalico Presidente Acli – Associazioni cristiane lavoratori italiani

Vignetta di Giulio Laurenzi



Presidente,

Ci parla della proposta Acli-Caritas “Patto Aperto contro la Povertà”
Il Patto Aperto contro la Povertà ha consentito la nascita dell’Alleanza contro la povertà in Italia, una iniziativa a carattere nazionale che si compone di una pluralità di soggetti di rilevanza nazionale e differente estrazione culturale e ambito di competenza. Si spazia dalle istituzioni, ai sindacati, alle Associazioni del terzo settore. L’obiettivo è quello di ottenere il varo di un Piano nazionale di lotta alla povertà e l’adozione del Reis, il reddito di inclusione sociale per i cittadini in povertà assoluta.

Quali sono le origini e le motivazioni della nuova povertà in Italia?
La crisi economica ha fatto raddoppiare la povertà in Italia. Nel 2013 sperimentavano la condizione di povertà assoluta 6 milioni di persone residenti in Italia, pari all’9.9% del totale, mentre nel 2007 erano 2,4 milioni, cioè il 4,1%. La crisi, dunque, ci restituisce l’esplosione della povertà assoluta nel nostro Paese. 6 milioni e 9,9% sono i numeri chiave da tenere a mente perché meglio di qualsiasi altra cifra aiutano a “toccare con mano” la presenza della povertà nella società italiana. E l’origine della crisi a sua volta risiede nell’aumento delle disuguaglianze. L’Italia, ha calcolato l’Ocse, ha perso il 6,6 per cento di Pil a causa della disuguaglianza, registrando una crescita dal 1985 al 2010 leggermente superiore all’8 per cento, mentre sarebbe potuta essere del 14,7 per cento. Come dire, il nostro prodotto interno lordo sarebbe potuto crescere di quasi il doppio rispetto a quanto è cresciuto, se la nostra società avesse diminuito drasticamente le disuguaglianze. Dobbiamo tener conto di queste dinamiche e in generale penso che si possa dire che la lotta alla povertà in tempo di crisi costituisce anche un investimento per la ripresa.

Come combattere veramente la povertà ?
La radice della povertà sta in quella cultura dell’indifferenza e dello scarto, che, come ci ricorda papa Francesco ci rende insensibili ai nostri fratelli e sorelle in difficoltà. Alla base di tutto vi è l’idolatria del denaro. Ancora il papa ci mette in guardia, nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium da “un denaro che governa invece di servire”. Per combattere la povertà occorre una svolta: va tolto il potere a quei pochi grandi banchieri privati che controllano i mezzi di comunicazione e la politica, per restituirlo ai popoli ed alle loro istituzioni democratiche. La prima riforma da fare è quella monetaria. Bisogna riconquistare la proprietà pubblica della moneta. Non sia più il grande capitale privato a creare la moneta ed a darla in prestito agli stati, creando in questo modo un indebitamento alla fonte che viene colmato con i tagli al welfare e che rende i poveri sempre più poveri, ma sia lo stato a creare tutta la moneta, compresa quella che le banche d’affari usano per speculare.

A suo vedere c’è uno Stato di abbienti contro una nazione di indigenti?
Credo che stiamo assistendo ad un mutamento strutturale della società. In pochi anni siamo passati dalla società dei due terzi, nella quale la maggioranza era tutelata, ad una società, come ha indicato l’Eurispes, dei “tre terzi”, nella quale solo più un terzo risulta garantito dai rischi della vita, mentre i restanti due terzi sono costituiti da ceti medi e lavoratori in via di impoverimento e da schiere crescenti di poveri. Ciò che preoccupa è che questa grande maggioranza di cittadini in difficoltà è rimasta sostanzialmente priva di rappresentanza. É come una pentola a pressione destinata prima o poi ad esplodere, se non si dà ascolto alle istanze che provengono da questi ceti intermedi in caduta libera verso la povertà.

Il Governo Renzi vi da una mano?
Va riconosciuto al governo un grande impegno innovatore in molti campi. Il limite è che questa spinta di rinnovamento rimane rinchiusa entro il perimetro dei vincoli delle politiche di austerità che il governo ha deciso di non mettere in discussione. Il Paese reale è allo stremo, altri anni di austerità produrranno un cataclisma sociale. Non illudiamoci che la situazione del nostro Paese, per quel che riguarda la sostenibilità delle politiche di austerità, sia molto diversa da quella della Grecia: è un nodo che prima o poi dobbiamo sciogliere anche noi, se vogliamo arrestare il declino e creare le condizioni per la ripresa.

Quali sono le specificità qualitative dell’offerta sociale delle Acli ? Quali sfide per il terzo settore?
Le Acli sono una associazione che da settant’anni (ricorrenza che celebriamo proprio quest’anno, il particolare il prossimo 23 maggio, quando le Acli saranno in udienza da Papa Francesco) opera nel campo della formazione e dell’educazione ad una cittadinanza attiva nel mondo del lavoro, nell’impegno sociale e nell’ambito ecclesiale. In particolare l’ispirazione cristiana e le nostre radici popolari costituiscono le nostre principali peculiarità. La sfida principale del terzo settore, anche alla luce della riforma in corso, è quella dell’autonomia e della capacità di rappresentanza. Di fronte a dei processi che cercano di spinare la strada all’ingresso dei grandi capitali nel business del sociale, i soggetti autentici del terzo settore hanno il compito di dimostrare che il sociale non è un business ma una missione, un farsi carico di bisogni ed interessi popolari e diffusi, di dare voce ai più deboli, tutte cose che configgono con la pura logica del profitto, perseguita dai grandi gruppi industriali e finanziari. Le Acli non esisterebbero senza il fondamentale apporto di tantissimi volontari che donano le loro competenze ed il loro tempo per una causa di solidarietà.

Cosa fanno le Acli per i Ns Connazionali all’Estero?
Attraverso la Fai (Federazione Acli Internazionali) mettiamo in collegamento le diverse esperienze nazionali delle Acli. Siamo in una fase di profonda riorganizzazione della macchina amministrativa dello Stato, ed anche le reti consolari stanno subendo dei tagli che aumentano il disagio per molti nostri connazionali all’estero. Per questo chiediamo al governo che venga riconosciuto il valore della nostra rete di solidarietà, che venga soprattutto riconosciuto il diritto dei cittadini più deboli di usufruire delle prestazioni dello stato sociale, con modalità e costi alla loro portata. Su queste linee le Acli stanno riprogettando e rilanciando la loro presenza all’estero, senza rinunciare a cogliere altre opportunità di servizi come ad esempio per gli studenti dell’Erasmus e per le nuove forme dell’emigrazione italiana.

Come si giustifica la stretta connessione fra le Acli e la politica?
Se per connessione con la politica si intende, un impegno di mediazione e di traduzione sul piano storico del Vangelo e dei principi della Dottrina sociale della Chiesa, questo è un elemento connaturale alle Acli. Ma paradossalmente, in questo tempo in cui il messaggio cristiano di fraternità e di speranza, urta frontalmente contro la divinizzazione del denaro che comanda sulla politica, questa connessione con la politica richiede una grande capacità di andare contro corrente e di essere testimoni di un nuovo modello di società e di economia.

Come combattere il crescente degrado politico, culturale e sociale in Italia?
Con la formazione alla legalità, alla sobrietà ed alla giustizia sociale. Le Acli sostengono una cultura della legalità che deve riguardare ogni aspetto della vita privata e pubblica, a cominciare dal nostro interno. Intendiamo prima di tutto governare l’Associazione secondo criteri di massima trasparenza in modo da essere credibili nel sostenere la battaglia della legalità. Il degrado che si constata nella vita pubblica è anche il risultato di una progressiva personalizzazione della politica e di un finanziamento della politica sempre più lasciato ai grandi interessi economici, In tal modo si opera un surrettizio trasferimento delle gerarchie economiche a quelle politiche, impedendo una adeguata rappresentanza degli interessi popolari. Questa appare essere la forma di corruzione più grande che produce sempre nuove e più grandi disuguaglianze.

Biografia Gianni Bottalico
Nato a Bari nel 1957, si trasferisce presto a Seregno (Mb). È sposato e ha un figlio.
È stato presidente delle Acli provinciali di Milano, Monza e Brianza dal 2004 al 2012 e componente del Consiglio Nazionale e della Direzione Nazionale Acli.
Nel maggio del 2012, in occasione dell’ultimo Congresso nazionale delle Acli, è stato nominato vicepresidente nazionale, con delega alla Comunicazione.
Ha acquisito una lunga esperienza professionale come Responsabile Commerciale e Marketing in una importante società di servizi. Ha inoltre ricoperto incarichi politici e istituzionali: nel 1987 è stato eletto Consigliere comunale e poi, nel 1991, Assessore ai Servizi Sociali e alle Attività Produttive nella città di Seregno.
Ha collaborato con il cardinale Dionigi Tettamanzi per il progetto del Fondo diocesano di solidarietà per le famiglie colpite dalla crisi e della disoccupazione.
È autore, insieme a Giuseppe Davicino, del libro: Cattolici e politica un’agenda per ildomani (Ancora, Milano 2007) e coautore di Ceto medio: la nuova questione politica e sociale (Gdl Comunicazione, Milano 2011).

Immagine dal sito www.diocesidiragusa.it

Biografia dal sito www.acli.it

Post Comment