Un Ponte tra Occidente e Oriente Intervista a Padre Agnello Stoia
Elaborazione Immagine di C.M.
Padre Agnello Stoia è il Parroco della Basilica dei Santi XII Apostoli
Perche’ la Basilica Santi Apostoli rappresenta un ponte fra oriente e occidente?

Saltando quasi mille anni di storia arriviamo a Bessarione, altro personaggio chiave di Santi Apostoli, che al Concilio di Firenze riesce a ricucire lo scisma d’oriente. Il corteo sfavillante che arriva da Costantinopoli conquista Ferrara, attraversa Mantova segnando un incontro straordinario fra oriente occidente. Senza questo incontro non avremmo avuto le ispirazioni di grandi artisti dell’Umanesimo come Pollaiolo o Benozzo Gozzoli, la rinascita del neoplatonismo che ispirò l’Umanesimo e il Rinascimento.
Da qui sono passati tanti personaggi da poter tracciare una storia della spiritualità, più di recente da Don Luigi di Liegro al Vescovo Romero…
Bessarione tornato in Grecia viene accusato di essere un traditore, allora il Papa Eugenio IV lo chiama a Roma e gli affida la Basilica dei Santi Apostoli come cardinale titolare. Bessarione sceglie uno stemma programmatico che richiama il suo impegno all’unità della Chiesa d’Oriente e di Occidente: due mani destre reggono una croce ricrociata latina alla barra trasversale, al piede della barra verticale la bilancia del grande giudizio, tipica della Chiesa ortodossa. Bessarione chiama al servizio della Basilica i Frati Minori Conventuali che pochi anni prima erano stati cacciati dall’Ara Coeli, e spinge perché il loro ministro generale, fra Francesco della Rovere, diventi Cardinale; diventerà poi papa col nome di Sisto IV. Suo nipote Giuliano della Rovere, futuro Giulio II e Felice Peretti, futuro Sisto V sono frati francescani di questo convento romano che hanno dato un forte contributo sia al papato che alla Città. Il palazzo apostolico e la costruzione della nuova Basilica di San Pietro, la Curia romana, la nuova forma urbanistica data alla Città con il tridente, gli acquedotti, i palazzi, programmi che hanno visto il coinvolgimento di grandi architetti e sommi artisti come Michelangelo, che era nostro parrocchiano. Oggi piazza Santi Apostoli è notevolmente cambiata, una volta invece era la piazza di Roma. Infatti non c’erano ancora la Chiesa nuova o piazza del Gesù, non c’era palazzo Odescalchi di fronte alla Basilica. Qua alle nostre spalle, a San Bonaventura dei Lucchesi, abitava fra Felice da Cantalice. Abitava proprio qui di fianco il Cardinal Borromeo (la sorella aveva sposato Marcantonio Colonna). Padre Ignazio di Loyola presso la Basilica aveva sostenuto la fondazione della Società dei dodici apostoli per soccorrere “poveri vergognosi”, Società che esiste tuttora. Fra Felice Peretti, allora guardiano del convento di Santi Apostoli, saputo da questi amici che sarebbe divenuto Papa, una volta creato cardinale, si è chiuso in casa con l’architetto ticinese Fontana e ha ideato progetti cantierabili realizzati in tempo record in appena cinque anni di pontificato. Dopo la morte di Michelangelo per vent’anni la cupola di San Pietro non era ancora stata costruita, si aveva paura dell’immane investimento e che i calcoli di Buonarroti fossero errati. Sisto V la fece voltare impegnando 800 uomini che, lavorando notte e giorno, la costruirono in poco più di un anno. Morente, dal Quirinale, riuscì a vedere la cupola innalzata. Un altro Papa, frate di questo convento, fu Clemente XIV cha avuto il merito di aver raccolto un’importante collezione di antichità cristiane, materiale che costituisce oggi il museo Pio Clementino presso i Musei vaticani. Purtroppo è famoso solo perché ha soppresso i Gesuiti. Papa Francesco, scherzando, mi ha detto in qualche occasione di incontro, che papa Clemente è un santo di cui non è particolarmente devoto. Io gli ho risposto, divertito, che le pene di un papa le può capire solo un altro papa. Con la costruzione del palazzo Chigi (poi Odescalchi) la Basilica ha perso la piazza, ma non ha smesso di essere lei stessa una piazza, uno spazio dove dare voce a chi non ha voce o a grandi temi emergenti per la vita della Chiesa o della Città. Le
frequentazioni di David Maria Turoldo, Don Luigi di Liegro, ricordano le frequentazioni degli amici di cui sopra… c’è sempre da ricostruire la Città, da rinnovare la Chiesa, stavolta in modo diverso che cinquecento anni fa. Il ricordo annuale di Don Di Liegro si fa nella nostra Basilica, anche il ricordo del nuovo Beato Oscar Romero, anche i rapporti con Don Benzi vengono ricordati. Abbiamo celebrato, partendo da Santi Apostoli, la Via Crucis delle donne crocifisse, anche quest’anno abbiamo celebrato qui la veglia contro la tratta delle nuove schiavitù, il giorno di Santa Bachita. La Basilica deve continuare ad essere luogo di risonanza per la Città, una sentinella, dove possano trovare voce le emergenze.
La missione francescana di parroco come si sviluppa?
Dietro un frate c’è una comunità, e la testimonianza della nostra comunità ha un momento importante nella preghiera, due volte al giorno preghiamo in Basilica e abbiamo tre turni di confessioni al giorno. Oltre all’ accoglienza dei pellegrini, si tiene un laboratorio di liturgia musicale con dei corsi diretti da fra Gennaro, nostro maestro di cappella, e Suor Noemi incaricata del Vicariato di Roma. In questi tempi di trasformazione e c’è chi grida alla barbarie: allora il canto, l’attenzione al bello, la capacità di cogliere ciò che c’è di buono, costruisce e informa, contro la tendenza alla sciattezza, all’improvvisazione, al vuoto di idee o alla lamentela. Noi frati abbiamo sempre fatto da ponte fra il popolo e queste espressioni altissime della musica, della pittura, dell’arte. In Basilica custodiamo anche la tomba di Girolamo Frescobaldi. Altra attività molto importante è l’accoglienza e il rapporto personale e l’ascolto ai poveri, ci aiuta un gruppo di Vincenziani che assiste i poveri quindicinalmente. Facciamo evangelizzazione di strada in italiano e in inglese con un gruppo di giovani frati davanti alle rettorie della nostra parrocchia: fuori della Chiesa canti e catechesi, dentro la chiesa i frati pregano o li trovate disponibili per poter parlare e ascoltare le confessioni. Il vasto territorio parrocchiale comprende otto rettorie dove ci sono Rettori che hanno fatto la storia del clero romano dopo il Concilio Vaticano II. Io non sono mai stato parroco, sto imparando a fare il parroco in una città molto complessa, ho 800 residenti sulla carta, la parrocchia è molto vissuta, ma poco abitata. Durante il giorno 30.000 persone vi passano senza contare il fiume dei turisti che vi scorre. Vi sono giovani famiglie che portano a battezzare i loro figli. Il francescano cerca le impronte del Signore nella creazione e per le vie della Città… cerca di seguire le orme del Signore soprattutto dove non ci si immagina di trovarle.

Da quali esperienze viene? Fra vissuto personale e tensione alla spiritualità come riuscite ad armonizzare le contraddizioni?

All’inizio a Roma mi sentivo un po’ spaesato, ma anche qua sono partito dal saluto, conoscere per nome, essere accogliente come una casa. I poveri lo sanno, a volte non so come venire incontro a tutti, il lavoro in portineria è decuplicato. Penso che si trovi una buona strada nelle cose semplici, come il fatto di accogliere ascoltare le persone più svariate. Un po’ come il granellino di senape che è una cosa minuscola su cui nessuno scommetterebbe, la spiritualità del vangelo passa attraverso questo scandalo. Un pugno di lievito in quattro staia di farina. Questa inadeguatezza è la strada. Tento dei passi, francescani.
Immagini dal sito www.; www.abitarearoma.net
Foto di C.M.