Un Ponte tra Occidente e Oriente Intervista a Padre Agnello Stoia

di | 1 Lug 2015

Elaborazione Immagine di C.M.


Padre Agnello Stoia è il Parroco della Basilica dei Santi XII Apostoli

Perche’ la Basilica Santi Apostoli rappresenta un ponte fra oriente e occidente?

La Basilica nasce ai tempi di Narsete nel VI secolo, la guerra contro i Goti aveva ridotto la popolazione di Roma a poco più di diciottomila abitanti. Papa Pelagio, che era stato nunzio a Costantinopoli, volle costruire una grande Basilica nel centro della città. Le dimensioni andavano da via Lata (odierna via del Corso) fino alle falde del Quirinale. Papa Pelagio la costruisce nel centro della città perchè qui si raccoglie il grande villaggio della Roma che era rimasta. Le altre Basiliche erano per lo più cimiteriali ed erano periferiche. Il Papa porta da Costantinopoli le reliquie degli apostoli Filippo di Betsaida e Giacomo il minore. L’intenzione è quella di riprodurre l’apostoleion di Costantinopoli. Il potere si è spostato a Bisanzio, l’impero è lì, ma la “civitas cristiana” fondata su Pietro e Paolo resta a Roma. Il 29 giugno, oggi festa di Pietro e Paolo, era prima la festa di Quirino. Il mito fondativo di Roma è quello del fratricidio fra Romolo e Remo, mentre la civitas cristiana si fonda sulla comunione dei due apostoli: l’antica iconografia riproduce i due apostoli che si scambiano un bacio sulla bocca. Sulla fede degli apostolica il papa rifonda la città e con questa grande Basilica, lega oriente e occidente. Per sollevare la città, ridotta allo stremo, il Papa usa l’edilizia. Fa arrivare il grano dalla Sicilia, dà pane alla gente che lavorando innalza questo tempio. Nella dedicazione venne scritto che la Basilica è il luogo dove “ i romani per sfuggire al morso del lupo si possono rifugiare in tempi di calamità e discernere la luce che emana dal sepolcro degli apostoli”. Giacomo il minore è stato il primo vescovo di Gerusalemme, Filippo è stato martirizzato a Gerapoli in Turchia.
Saltando quasi mille anni di storia arriviamo a Bessarione, altro personaggio chiave di Santi Apostoli, che al Concilio di Firenze riesce a ricucire lo scisma d’oriente. Il corteo sfavillante che arriva da Costantinopoli conquista Ferrara, attraversa Mantova segnando un incontro straordinario fra oriente occidente. Senza questo incontro non avremmo avuto le ispirazioni di grandi artisti dell’Umanesimo come Pollaiolo o Benozzo Gozzoli, la rinascita del neoplatonismo che ispirò l’Umanesimo e il Rinascimento.

Da qui sono passati tanti personaggi da poter tracciare una storia della spiritualità, più di recente da Don Luigi di Liegro al Vescovo Romero…
Bessarione tornato in Grecia viene accusato di essere un traditore, allora il Papa Eugenio IV lo chiama a Roma e gli affida la Basilica dei Santi Apostoli come cardinale titolare. Bessarione sceglie uno stemma programmatico che richiama il suo impegno all’unità della Chiesa d’Oriente e di Occidente: due mani destre reggono una croce ricrociata latina alla barra trasversale, al piede della barra verticale la bilancia del grande giudizio, tipica della Chiesa ortodossa. Bessarione chiama al servizio della Basilica i Frati Minori Conventuali che pochi anni prima erano stati cacciati dall’Ara Coeli, e spinge perché il loro ministro generale, fra Francesco della Rovere, diventi Cardinale; diventerà poi papa col nome di Sisto IV. Suo nipote Giuliano della Rovere, futuro Giulio II e Felice Peretti, futuro Sisto V sono frati francescani di questo convento romano che hanno dato un forte contributo sia al papato che alla Città. Il palazzo apostolico e la costruzione della nuova Basilica di San Pietro, la Curia romana, la nuova forma urbanistica data alla Città con il tridente, gli acquedotti, i palazzi, programmi che hanno visto il coinvolgimento di grandi architetti e sommi artisti come Michelangelo, che era nostro parrocchiano. Oggi piazza Santi Apostoli è notevolmente cambiata, una volta invece era la piazza di Roma. Infatti non c’erano ancora la Chiesa nuova o piazza del Gesù, non c’era palazzo Odescalchi di fronte alla Basilica. Qua alle nostre spalle, a San Bonaventura dei Lucchesi, abitava fra Felice da Cantalice. Abitava proprio qui di fianco il Cardinal Borromeo (la sorella aveva sposato Marcantonio Colonna). Padre Ignazio di Loyola presso la Basilica aveva sostenuto la fondazione della Società dei dodici apostoli per soccorrere “poveri vergognosi”, Società che esiste tuttora. Fra Felice Peretti, allora guardiano del convento di Santi Apostoli, saputo da questi amici che sarebbe divenuto Papa, una volta creato cardinale, si è chiuso in casa con l’architetto ticinese Fontana e ha ideato progetti cantierabili realizzati in tempo record in appena cinque anni di pontificato. Dopo la morte di Michelangelo per vent’anni la cupola di San Pietro non era ancora stata costruita, si aveva paura dell’immane investimento e che i calcoli di Buonarroti fossero errati. Sisto V la fece voltare impegnando 800 uomini che, lavorando notte e giorno, la costruirono in poco più di un anno. Morente, dal Quirinale, riuscì a vedere la cupola innalzata. Un altro Papa, frate di questo convento, fu Clemente XIV cha avuto il merito di aver raccolto un’importante collezione di antichità cristiane, materiale che costituisce oggi il museo Pio Clementino presso i Musei vaticani. Purtroppo è famoso solo perché ha soppresso i Gesuiti. Papa Francesco, scherzando, mi ha detto in qualche occasione di incontro, che papa Clemente è un santo di cui non è particolarmente devoto. Io gli ho risposto, divertito, che le pene di un papa le può capire solo un altro papa. Con la costruzione del palazzo Chigi (poi Odescalchi) la Basilica ha perso la piazza, ma non ha smesso di essere lei stessa una piazza, uno spazio dove dare voce a chi non ha voce o a grandi temi emergenti per la vita della Chiesa o della Città. Le frequentazioni di David Maria Turoldo, Don Luigi di Liegro, ricordano le frequentazioni degli amici di cui sopra… c’è sempre da ricostruire la Città, da rinnovare la Chiesa, stavolta in modo diverso che cinquecento anni fa. Il ricordo annuale di Don Di Liegro si fa nella nostra Basilica, anche il ricordo del nuovo Beato Oscar Romero, anche i rapporti con Don Benzi vengono ricordati. Abbiamo celebrato, partendo da Santi Apostoli, la Via Crucis delle donne crocifisse, anche quest’anno abbiamo celebrato qui la veglia contro la tratta delle nuove schiavitù, il giorno di Santa Bachita. La Basilica deve continuare ad essere luogo di risonanza per la Città, una sentinella, dove possano trovare voce le emergenze.

La missione francescana di parroco come si sviluppa?

Dietro un frate c’è una comunità, e la testimonianza della nostra comunità ha un momento importante nella preghiera, due volte al giorno preghiamo in Basilica e abbiamo tre turni di confessioni al giorno. Oltre all’ accoglienza dei pellegrini, si tiene un laboratorio di liturgia musicale con dei corsi diretti da fra Gennaro, nostro maestro di cappella, e Suor Noemi incaricata del Vicariato di Roma. In questi tempi di trasformazione e c’è chi grida alla barbarie: allora il canto, l’attenzione al bello, la capacità di cogliere ciò che c’è di buono, costruisce e informa, contro la tendenza alla sciattezza, all’improvvisazione, al vuoto di idee o alla lamentela. Noi frati abbiamo sempre fatto da ponte fra il popolo e queste espressioni altissime della musica, della pittura, dell’arte. In Basilica custodiamo anche la tomba di Girolamo Frescobaldi. Altra attività molto importante è l’accoglienza e il rapporto personale e l’ascolto ai poveri, ci aiuta un gruppo di Vincenziani che assiste i poveri quindicinalmente. Facciamo evangelizzazione di strada in italiano e in inglese con un gruppo di giovani frati davanti alle rettorie della nostra parrocchia: fuori della Chiesa canti e catechesi, dentro la chiesa i frati pregano o li trovate disponibili per poter parlare e ascoltare le confessioni. Il vasto territorio parrocchiale comprende otto rettorie dove ci sono Rettori che hanno fatto la storia del clero romano dopo il Concilio Vaticano II. Io non sono mai stato parroco, sto imparando a fare il parroco in una città molto complessa, ho 800 residenti sulla carta, la parrocchia è molto vissuta, ma poco abitata. Durante il giorno 30.000 persone vi passano senza contare il fiume dei turisti che vi scorre. Vi sono giovani famiglie che portano a battezzare i loro figli. Il francescano cerca le impronte del Signore nella creazione e per le vie della Città… cerca di seguire le orme del Signore soprattutto dove non ci si immagina di trovarle.


Elaborazione Foto di C.M.

Da quali esperienze viene? Fra vissuto personale e tensione alla spiritualità come riuscite ad armonizzare le contraddizioni?

La sapienza è una fiaccola di Jahveh che illumina i recessi dell’anima, è un dono di Dio, non è solo frutto di fatica, studio, formazione, ma la gioia e la fortuna di aver dato attenzione a persone che ti hanno acceso quella fiaccola, con una visione della vita che fa volare alto. Questo ti chiede di coinvolgerti, ti può maturare se l’accogli con un atteggiamento di umiltà e di ascolto: se l’accogli scopri una sorgente. E’ l’esperienza spirituale di Abramo, “esci da te stesso per andare verso te stesso”. Vengo da un’esperienza di vent’anni, da una terra quella di Pagani (SA) dove sono nato e vissuto, ho studiato in convento a Benevento e a Roma, sono rimasto per 20 anni in provincia di Avellino. Una zona di verde lussureggiante, legata al passaggio di San Francesco pellegrino verso Monte Sant’Angelo. Sei paesi ruotavano attorno al convento. Ho cominciato portando il saluto a gente semplice e man mano è cresciuto un rapporto profondissimo. Il convento, il silenzio, mi hanno insegnato ad ascoltare e a leggere. Ho messo a posto un archivio dal 1400 in poi, sono andato a Napoli a studiare per un diploma in paleografia archivistica e diplomatica, acquisendo la capacità di interpretare e di capire memorie del passato lontano e recente, di leggere le pietre. La Duke University del North Carolina, l’Università di Odenza in Danimarca, il CNR-IBAM di Potenza, il Suor Orsola Benincasa di Napoli… ho coinvolto amici con tante competenze mettendole intorno a un tavolo a discutere su come potesse sorgere un convento in un contesto rurale, in ottocento anni, a confronto con un convento francescano in un contesto urbano, come San Lorenzo a Napoli. Questo luogo periferico man mano diventava un centro. Con un gruppo di ragazzi abbiamo sistemato la biblioteca (20.000 volumi). Giuseppina Zappella massima esperta delle cinquecentine ha seguito il lavoro per la parte antica. Lucia Portoghesi ha restaurato gli abiti di un cavaliere del ‘400, coinvolgendo i ragazzi nel lavoro. La cultura passata attraverso il fare. Il convento è una realtà relazionale, si fa convento, il chiostro diventa il mondo. Ho portato in convento una condotta di Slowfood, sostenendo il territorio a fare presidi dei prodotti locali. Un convento organizza un territorio. Montella, Nusco, Bagnoli, Cassano, Montemarano, Castelfranci c’è una storia comune, e sulla base di un “atto d’intenti” sottoscritto dai sindaci che si impegnavano a festeggiare San Francesco il 4 ottobre, il convento è divenuto per tutte queste Comunità una “zona neutra” e per tutti luogo di incontro. Il convento appartiene a tutti, e per realizzare l’Unione dei Comuni dell’Alta Valle del Calore il suo spazio aperto a tutti è una possibilità perché questo sogno si avveri per tutti i cittadini della zona.
All’inizio a Roma mi sentivo un po’ spaesato, ma anche qua sono partito dal saluto, conoscere per nome, essere accogliente come una casa. I poveri lo sanno, a volte non so come venire incontro a tutti, il lavoro in portineria è decuplicato. Penso che si trovi una buona strada nelle cose semplici, come il fatto di accogliere ascoltare le persone più svariate. Un po’ come il granellino di senape che è una cosa minuscola su cui nessuno scommetterebbe, la spiritualità del vangelo passa attraverso questo scandalo. Un pugno di lievito in quattro staia di farina. Questa inadeguatezza è la strada. Tento dei passi, francescani.

Immagini dal sito www.; www.abitarearoma.net
Foto di C.M.