IL GIORNALISMO TRA NUOVI MEDIA. INTERVISTA A LAZZARO PAPPAGALLO
Lazzaro Pappagallo è nato a Molfetta 47 anni fa, laureatosi con pieni voti in Diritto Internazionale alla Luiss, dopo aver frequentato la Scuola di Giornalismo di Perugia diventa giornalista professionista nel 1997. Attualmente lavora in Rai alla TGR Lazio.
Lei è consigliere e segretario del sindacato unitario dei giornalisti del Lazio “Associazione Stampa Romana”. Qual è il ruolo e la finalità dell’Associazione?
“L’Associazione tutela i diritti morali e materiali dei colleghi, dei giornalisti di Roma e del Lazio. É la più antica associazione sindacale dei giornalisti, nata 140 anni fa.”
L’Associazione si occupa anche di formazione e aggiornamento della figura professionale del giornalista. Che tipologia di corsi organizzate?
“Siamo un ente di formazione riconosciuto dall’Ordine dei giornalisti. Organizziamo due tipi di corsi entrambi validi per la formazione ordinistica; quelli gratuiti, sui grandi temi di interesse pubblico: libertà di informazione, deontologia professionale, le leggi di settore, il welfare di categoria, il corretto racconto dei minori, il mobbing, il racconto dell’Islam o del rischio idrogeologico (è una lista non esaustiva). I secondi sono corsi a pagamento, con tariffe contenute rispetto agli analoghi corsi sul territorio italiano, e riguardano la “cassetta degli attrezzi” dei colleghi. Pensiamo che di fronte ad una crisi molto dura sia necessario puntare su politiche attive del lavoro. Queste si traducono nel rendere più solidi professionalmente i giornalisti, e più “digitali”. Di qui un primo ciclo di corsi a trecentosessanta gradi che ripeteremo da gennaio a ciclo continuo. Abbiamo fatto e stiamo facendo corsi molto validi sull’uso degli smartphone, sulle telecamere professionali, sui droni, sugli uffici stampa digitali, sui social, sui social media manager, sull’autodifesa digitale. É uno sforzo non indifferente ma crediamo ne valga la pena se il sindacato vuole avere come obiettivo non solo la difesa dell’esistente.”
La professione – vista la quantità di Colleghi senza lavoro – va verso il numero chiuso?
“Potrebbe essere una prospettiva ma in questo caso è l’Ordine dei giornalisti a dover decidere cosa fare. Diciamo che 110mila giornalisti, tra professionisti e pubblicisti, sono assolutamente impensabili per il nostro mercato del lavoro. I colleghi che vivono di giornalismo, secondo i dati Inpgi, sono solo 50mila.”
Per i Colleghi giovani e le Colleghe donne quali prospettive?
“Ci sono le redazioni strutturate che ancora esistono e resistono. Meglio, molto meglio nella grande editoria radiotelevisiva. E ci sono i freelance, gli autonomi: sono due colleghi su tre. Questi colleghi, se non si vogliono ridurre ad elemosinare collaborazioni da pochi spiccioli, devono puntare su un diverso modello produttivo. Devono scrivere conti economici, presentare progetti editoriali, attingere a fondi regionali ed europei. Solo così si svincolano dalla morsa del ricatto dell’editore tradizionale più retrivo.”
Ci spieghi la figura del “MoJo”, ovvero del Mobile Journalist. Cambierà il modo di fare notizia?
“Il MoJo o Mobile Journalist è una delle nostre grandi novità formative. Gli smartphone di ultima generazione consentono di fare delle cose di buona qualità dal punto di vista della notiziabilità audio e video, e con App di montaggio si possono creare buoni prodotti aumentando la capacità di fornire informazioni sul modello non semplicemente cartaceo.”
L’avvento di Facebook e dei social network ha portato alla moltiplicazione e spersonalizzazione della figura del giornalista: tutti sembrano essere diventati giornalisti. Le conseguenze di questa tendenza?
“Non tutti possono essere giornalisti. In questo è importante il ruolo dell’Ordine. Gli stessi strumenti di ultima generazione vanno maneggiati con grande cura.”
Informazione e “disinformazione colposa”. Spesso su internet si assiste alla diffusione intenzionale di “bufale”, ovvero di notizie volutamente mendaci ma di grande impatto mediatico che creano confusione e disagio nei lettori (esemplare il sottobosco di articoli e pubblicazioni che negli ultimi anni ha rafforzato la convinzione che i vaccini potessero causare l’autismo). In molti sono convinti che servirebbero pene più severe a riguardo.
“La moneta buona scaccia sempre quella cattiva. Ci vuole attenzione ed educazione alla lettura e ai nuovi strumenti di comunicazione. E un minimo di intelligenza. Non interverrei sul lato penale.”
Su quali aspetti della propria professionalità dovranno invece puntare i giornalisti per continuare a fare della buona informazione?
“I soliti con nuove forme tecniche: verificare le fonti, incrociare le informazioni, specializzarsi con più accuratezza. Non essere generalisti e tuttologi.”
Immagine dal sito stamparomana.it
di Elisa Josefina Fattori