SULLA POVERTÀ IN ITALIA, I DATI
di Carla Morselli

Opera di David dalla Venezia
Alienazione , insicurezza, assuefazione stanno generando il malessere generale .
Nel parlare o scrivere di povertà il più delle volte si rischia di essere banali e di finire nella mera commiserazione. Preferisco analizzare dei dati significativi per fare un ragionamento al di là della retorica d’opinione o politica , che consenta di tentare di individuare cause e direzione della povertà
(termine abusato) della indigenza sociale nel Paese.
Propongo la definizione di povertà nella lingua italiana : “povertà s. f. [lat. paupertas -atis, der. di pauper -ĕris «povero»]. – 1. a. Genericam., la condizione di chi è povero, di chi cioè scarseggia delle cose necessarie per una normale sussistenza” da Treccani.
Il 28,7 % delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale: rischio di povertà assoluta, grave deprivazione materiale,bassa intensità di lavoro. Rispetto al 2014 la percentuale è passata dal 28,3 al 28,7%, l’aumento delle persone a rischio di povertà era nel 2014 del 19,4%, nel 2015 è al 19,9%, coloro che vivono a bassa intensità lavorativa passa da 12,1% a 11,7%, resta invariata la stima di coloro che vivono in famiglie gravemente deprivate con 11,5%. Nel mezzogiorno le persone più esposte a rischio di povertà o esclusione sociale salgono dal 46,4 al 46,6%, la quota è in aumento anche al Centro dal 22,1% al 24%,mentre al Nord si registra un calo dal 17,9% al 17,4 . Le famiglie con cinque o più componenti sono quelle a più alto rischio di povertà o esclusione sociale : passano a 43,7% nel 2015 dal 40,2% del 2014, la percentuale sale al 48% dal 39,4% se si tratta di coppie con tre o più figli e arriva al 51,2% nelle famiglie con tre o più minori. La metà delle famiglie italiane percepisceun reddito netto non superiore a 24.190 euro l’anno (circa 2.016 euro al mese), nel mezzogiorno scende a 20.000euro (1.667euro mensili). Fra le famiglie che hanno come fonte di reddito principale il reddito dalavoro, una su due dispone di 29,406 euro se si tratta di lavoro dipendente, e non più di 28.556 euro se si tratta di lavoro autonomo. Perle famiglie che vivono prevalentemente di pensione o trasferimenti pubblici la cifra scende a 19.487 euro. Includendo gli affitti figurativi si stima che il 20% più ricco delle famiglie percepisca il 37,3% del reddito equivalente totale, il 20% più povero solo il 7,7%. Il reddito delle famiglie più ricche passa dal 4,6 al 4,9 in più di quello delle famiglie più povere.
Sono 4,6 milioni le persone in povertà assoluta, il 7,6% ,500mila in più rispetto al 2014, 1.582.000 famiglie sono poveri assoluti coloro che non hanno risorse sufficienti per una vita dignitosa, per coprire bisogni essenziali come cibo, casa, istruzione e sanità.
La crisi economica e occupazionale ha cambiato il panorama sociale del Paese.
Avere un lavoro non basta a ripararsi dall’immiserimento, nel 2005 erano a rischio povertà 8,7 lavoratori su 100, nel 2015 sono a rischio 11lavoratori . Aumentano anche coloro che lavorano poche ore a settimana, in Italia, aumentano i giovani che non studiano e non lavorano , aumentano le donne che non lavorano dopo la maternità.
Sono raddoppiati i bambini sotto i sei anni che vivono in una condizione di grave privazione materiale.
Oltre la povertà assoluta vi è la povertà relativa, l’Istat la calcola in base alla spesa media di consumi pro capite. Le persone povere con questo discrimine salgono a 8,3milioni. Sommando le persone a basso reddito a coloro che vivono in grave deprivazione materiale o a bassa intensità di lavoro l’Italia registra un peggioramento inferiore solo a quello della Grecia Spagna e Cipro. (Eurostat). I nuclei famigliari in difficoltà sono quelli che dipendono da un operaio o da un capofamiglia in cerca di occupazione, è raddoppiata la povertà assoluta se il capofamiglia è un lavoratore autonomo. Il lavoro precario o part-time può essere fattore scatenante di una condizione di povertà. E’ aumentato Il numero di coloro che lavorano poche ore a settimana, i lavoratori pagati con i voucher erano poco meno di 25.000 nel 2008 sono 1,4 milioni nel 2015. Il sistema di protezione sociale non regge l’urto della crisi, le proposte come quella del reddito di inclusione sociale sembrano provvedimenti temporanei e tardivi difronte ai dati rilevati statisticamente dell’immiserimento crescente. Il fenomeno della povertà è profondo e nascosto dentro la nostra società, innesca uno stato di demotivazione generale, di rabbia e di malattia . L’alienazione, l’insicurezza, l’assuefazione a tutto questo generano uno stato di malessere generale .
di Carla Morselli