VENEZUELA, UNA “POLVERIERA”
di Elisa Josefina Fattori
Quando nel 2013 Maduro vinse le elezioni servivano 25 Bolivar Venezuelani per comprare un Dollaro Americano, mentre oggi ne servono quasi 10.000 e la crisi economica ha gettato oltre l’80% dei venezuelani sotto la soglia di povertà. Il prezzo del petrolio è crollato trascinando nel baratro l’economia. Ora in Venezuela mancano medicinali e cibo persino negli ospedali. Il crollo delle importazioni – provocato da una crescente inflazione annua dell’800% (attualmente al 1.600%) e dal “programma governativo di distribuzione a prezzo politico”– ha determinato l’esplosione del mercato nero, praticato anche da alcuni gruppi privati connessi al regime. Il Venezuela è un Paese ai vertici nelle statistiche mondiali relative agli omicidi e ai rapimenti, la cui economia è gestita secondo i criteri dei cartelli dei narcos.
La crisi venezuelana che negli ultimi mesi è balzata all’attenzione della cronaca mondiale pone le radici in questo forte disagio socio-economico, ma la data che ne segna ufficialmente l’inizio è quella del 29 marzo 2017 quando una sentenza del Tribunale Supremo, organismo controllato dal Governo socialista di Nicolás Maduro, ha esautorato il Parlamento dove l’opposizione aveva la maggioranza assoluta dei seggi. La sentenza, seppur ritirata dopo qualche giorno, scatena l’avvio delle proteste per costringere Maduro ad indire elezioni generali al più presto, elezioni richieste anche dal segretario dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA). E – per tutta risposta – mentre Cile, Perù e Colombia ritiravano i propri ambasciatori, Maduro avviava le procedure per uscire dall’OSA.
Ma il primo vero passo verso il nuovo regime dittatoriale è avvenuto il 1 maggio 2017, con l’annuncio della convocazione di un’Assemblea Costituente per redigere una nuova Costituzione, decisione appoggiata dagli alti gradi delle forze armate venezuelane che dall’8 maggio hanno potuto avvalersi del Plan Zamora, tramite il quale le persone arrestate durante le manifestazioni di protesta si sarebbero potute processare nei Tribunali militari (nel 2017 almeno 1.500 persone sarebbero state arrestate durante le proteste e 100 uccise durante la detenzione).
Ma, il mese successivo, la nuova Assemblea Costituente inizia ad essere sconfessata proprio dall’interno del movimento chavista: la Procuratrice dello Stato Luisa Ortega, magistrata vicina all’ex Presidente Chávez, chiede di annullarne il decreto. Il 27 giugno 2017 Oscar Perez, capitano dei Corpi Speciali dell’Esercito, con un elicottero sorvola il Palazzo del Tribunale Supremo e lancia alcune granate in nome dell’Articolo 350 della Costituzione di Chávez, che autorizzava gli elettori a ripudiare ogni regime che ostacolasse la democrazia.
Il 30 luglio è stata eletta la nuova Assemblea Costituente, il 4 agosto si è insediata. La Costituente rimarrà in carica senza scadenze precise (posponendo a data indefinita le elezioni presidenziali previste per il 2018) col compito di redigere una nuova Costituzione e sostituire il Parlamento nelle sue funzioni principali, senza limiti di competenze e scavalcando l’autorità delle altre cariche dello Stato. L’Assemblea, di cui fanno parte anche il figlio e la moglie dello stesso Maduro, ha eletto come Presidente l’ex ministra degli Esteri Delcy Rodriguez. Secondo i dati rilasciati dal Governo, avrebbe votato il 41,5% degli aventi diritto, pari a 8 milioni di persone, mentre secondo l’opposizione – che aveva chiesto di boicottare le votazioni – il tasso di astensione avrebbe toccato addirittura l’88%. Anche Smartmatic, la società che ha gestito il voto fornendo le macchine elettorali, discorda con le cifre rilasciate dal Governo dichiarando che risulterebbero almeno un milione di “voti supplementari”.
Inutilmente la Procuratrice Luisa Ortegaha chiesto al Tribunale di bloccare l’insediamento della nuova Assemblea Costituente: il 5 agosto – mentre i militari ribelli insorgevano nelle caserme di Fuerte Paramacay nello stato di Carabobo – è stata rimossa dal suo incarico con il primo atto votato all’unanimità ed ora su di lei pende un mandato di cattura internazionale dopo essere fuggita prima in Colombia e poi in Brasile, Paese dal quale ha ricevuto “asilo politico” e dove annuncia di avere portato con sé le prove che il Presidente venezuelano avrebbe utilizzato delle imprese in Messico e Spagna per stornare denaro ricevuto da tangenti.
La nuova Assemblea Costituente è stata disconosciuta dall’UE e da molti Paesi dell’America Latina tra cui Messico, Colombia, Perù, Argentina e Cile. La Santa Sede ha rilasciato un comunicato ufficiale in cui ha espresso “profonda preoccupazione per la radicalizzazione e l’aggravamento della crisi” invitando Maduro ad “evitare o sospendere le iniziative in corso come la nuova Costituente”. Il Mercosur, l’organizzazione che tutela il libero commercio in Sud America, ha espulso il Venezuela a tempo indeterminato per aver violato la cosiddetta “clausola democratica”: la decisione è stata presa dai Ministri degli Esteri di Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay.
E mentre Iran, Cina (interessata al petrolio venezuelano) e Russia (attirata dalla posizione geopolitica) appoggiano Maduro, il Presidente americano Donald Trump ha prima respinto la proposta di un colloquio telefonico con il Presidente venezuelano, affermando che non avrebbe parlato con lui fino a quando non avesse ristabilito la democrazia, in seguito il 25 agosto ha ufficialmente adottato le misure che impediranno alle istituzioni finanziarie Usa di comprare e vendere nuovi bond emessi dal Governo venezuelano e da Petróleos de Venezuela, la compagnia petrolifera di Stato. Sarà inoltre proibita la gestione di alcuni bond esistenti posseduti dal settore pubblico venezuelano oltre al pagamento di dividendi al Governo stesso.
“La dittatura di Maduro continua a privare il popolo venezuelano di cibo e medicine, imprigiona l’opposizione democraticamente eletta e sopprime violentemente la libertà di parola”, si legge in un comunicato della Casa Bianca. “Sforzandosi di preservare sé stessa– accusa la Casa Bianca – la dittatura di Maduro premia e arricchisce dirigenti corrotti nell’apparato di sicurezza del Governo gravando le future generazioni di venezuelani di debiti enormemente pesanti” ed invita il Venezuela a “ripristinare la democrazia, tenere elezioni libere ed eque, rilasciare tutti i prigionieri politici immediatamente e senza condizioni, mettere fine alla repressione del popolo venezuelano”.
Ma l’Assemblea Costituente di Caracas ha replicato che la politica di Trump favorirà l’avvicinamento del Venezuela alle economie emergenti dei Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cinae Sud Africa), approvando inoltre un decreto per processare per “tradimento conto la Patria” tutti coloro che “si sono squalificati promuovendo azioni immorali contro gli interessi del popolo venezuelano” mentre l’esercito di Caracas da qualche giorno – in segno di sfida contro gli Usa – è impegnato in esercitazioni militari.
Immagine dal sito www.europarl.europa.eu
di Elisa Josefina Fattori