IL QUADRO DI FINE LEGISLATURA E LE INCOGNITE DEL VOTO

Opera di Igor Morski
L’esito delle elezioni tedesche induce nuove ulteriori riflessioni nel dibattito politico italiano, ormai inevitabilmente concentrato sui possibili effetti dell’appuntamento elettorale che ci attende nell’anno venturo.
La discreta affermazione di AFD, la forza “sovranista” che, a seguito di queste ultime consultazioni, ha fatto il suo esordio nel Bundestag e il contestuale sensibile decremento dei due maggiori partiti, CDU e SPD, in termini di consensi e di seggi non dovrebbero, probabilmente, provocare condizioni di tendenziale instabilità o di ingovernabilità. Democristiani e socialdemocratici restano, infatti, i due principali partiti, i primi costituiranno ancora la principale forza di governo, i secondi saranno il maggiore partito di opposizione. Viene ripristinato quel quadro bipolare che ha consentito alla RFT, per quasi settant’anni, un sistema equilibrato di alternanza, su sicure basi democratiche, limitando a circostanze eccezionali il ricorso alla Grande Coalizione, quando siano mancate alternative realistiche. Con queste elezioni, stando almeno ai segnali finora pervenuti da Berlino, viene accantonata la Grande Coalizione CDU-SPD e si torna alla contrapposizione tra i due partiti. La cancelliera Angela Merkel, per continuare a governare, dovrà realizzare un’alleanza con FDP (i liberali) e Verdi, cercando di mediare tra le differenze culturali e programmatiche di questi due partiti, le cui rappresentanze parlamentari le consentirebbero di acquisire la maggioranza necessaria. Si evince quindi, al di là delle pessimistiche valutazioni emerse da più parti, un risultato elettorale che determina condizioni di governabilità e ripristina un equilibrato bipolarismo dell’alternanza. Per quel che riguarda i “cugini” italiani il quadro appare un po’ più complicato, nella prospettiva delle ormai imminenti elezioni politiche. Tutti gli indicatori che emergono dai sondaggi evidenziano una probabile condizione di estrema frammentazione a rischio di ingovernabilità, se si votasse oggi. E, valutando il quadro politico attuale e le posizioni dei singoli attori della contesa, nessuna delle coalizioni ipoteticamente possibili sembrerebbe in grado, realisticamente, di conseguire la maggioranza assoluta dei seggi nelle due camere e questo effetto appare ancor più probabile, nel momento in cui alcuni tra i maggiori partiti (PD, Forza Italia, Lega) sembrano convergere su un disegno di legge elettorale in prevalenza proporzionale. L’intesa tra il PD a trazione renziana e i centristi di Alfano e Lupi, sul quale si regge l’attuale esecutivo a guida Gentiloni, potrebbe essere riproposta in sede di campagna elettorale, come compagine candidata a governare anche nella prossima legislatura, ma, in questo caso, Renzi non potrebbe probabilmente contare su una contestuale alleanza con la nuova formazione di Giuliano Pisapia, né tanto meno su un recupero del rapporto con Articolo 1 di Bersani e Speranza, con i quali le distanze appaiono, già da tempo, fin troppo marcate. Si troverebbe quindi un po’ scoperto a sinistra, scontando l’insofferenza di quegli elettori del PD fin troppo contrariati dai veti posti da Alfano su riforme come lo ius soli, ma non soltanto, nelle quali una larga parte della sinistra stessa, trasversalmente a tutti i partiti in cui quella galassia si articola, ha individuato ormai delle priorità che ne integrano l’identità culturale. In Sicilia, tuttavia, nelle elezioni regionali, Renzi e Alfano sono tuttora alleati, insieme a Leoluca Orlando, a sostegno della candidatura del prof. Micari alla Presidenza della Giunta. Anche l’esito di quelle elezioni, in novembre, concorrerà a delineare le future alleanze nelle elezioni politiche. Sarà un banco di prova importante, sia pure parziale, tanto per l’asse Berlusconi-Salvini, che appoggia Musumeci, quanto per la coalizione Pd-centristi. E un termometro indicativo della persistente capacità di attrazione di 5 Stelle, dopo le primarie che hanno reso ufficiale la leadership di Luigi Di Maio. Quello della Sicilia sarà il primo test significativo e dovrebbe uscirne, quanto meno, un risultato chiaro, mentre sul piano nazionale, le elezioni del prossimo anno potrebbero delineare un quadro di eccessiva frammentazione. E anche l’ipotesi più volte profilata della Grande Coalizione (ossia un’intesa di governo Renzi-Berlusconi, per capirci) potrebbe non integrare i numeri di maggioranza, salvo pensare a coinvolgimenti inverosimili sul piano delle compatibilità (Lega e Fratelli d’Italia alleati con il PD, o bersaniani alleati con Berlusconi o Alfano, ipotesi che non sembrano realistiche e, politicamente, non avrebbero senso). Di tanto in tanto, affiora poi, nelle supposizioni, un possibile asse 5 Stelle-Lega, ma non appare, al momento, molto realistico.
Quella stessa esigenza di stabilizzazione e di governabilità che aveva ispirato, lo scorso anno, il tentativo di riforma costituzionale del bicameralismo, a prescindere dalle diverse valutazioni che si registrarono su quello specifico disegno, dovrebbe indurre ora le forze politiche a realizzare le condizioni per “mettere in sicurezza” la prossima legislatura, attraverso una legge elettorale che possa coniugare rappresentanza e governabilità, ma anche con la costruzione di alleanze omogenee che assicurino a ciascuna di esse la necessaria coesione e una credibile vocazione di governo.
di Alessandro Forlani