Ue: presidenza del Consiglio, l’Austria di Kurz alla prova

di | 1 Lug 2018

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Ue: presidenza del Consiglio, l’Austria di Kurz alla prova

Passati sei mesi dall’insediamento del governo Kurz–Strache, possiamo fare un primo bilancio e domandarci cosa ci si deve aspettare dalla presidenza austriaca che debutterà il 1° luglio.

Buona intesa sul fronte interno e convergenza sui migranti
All’interno si conferma la buona intesa fra i due leader. Sebastian Kurz rispetta lealmente le concessioni fatte nell’elaborare il programma comune, ad esempio obbligando i suoi a votare per l’abrogazione della legge anti-fumo, ma per il resto tiene saldamente le redini.

Conclusa una fase di attesa per varie elezioni regionali, il governo sta mettendo mano ad alcune delle riforme previste nel programma, a cominciare da quella delle casse malattia, da cui ci si ripromettono cospicue riduzioni delle spese di amministrazione.

E’ in corso l’approvazione di tagli (peraltro non molto drastici) alle prestazioni sociali per gli immigrati : misure che mirano sia a ridurre il deficit, sia a rendere meno attraente la “migrazione verso il welfare”.

La questione migratoria è quella su cui vi è una convergenza quasi piena fra i due partiti della coalizione (è anche quella che ha portato l’indipendente Karin Kneissl a farsi arruolare da Strache). La chiusura di alcune moschee e l’espulsione di decine di predicatori indica la fine del laissez-faire ma non una svolta anti-islamica: si tratta di singoli casi, motivati da violazioni della legge (propaganda politica di una organizzazione di estrema destra turca, prediche estremiste di arabi salafiti), e le misure sono state approvate da autorevoli esponenti della comunità musulmana .

L’Austria rimpiazzata dall’Italia come sorvegliata speciale dell’Europa
Sul piano internazionale l’Austria non è più il sorvegliato speciale cui l’Europa guarda con sospetto perché ha aperto le porte del governo ad un partito populista ed euroscettico, sia pure come junior partner. Questo onore spetta ormai all’Italia, che vanta una coalizione interamente populista e in parte pronta a sfidare apertamente Bruxelles.

Indubbiamente permangono riserve verso un partito, l’Fpoe, fortemente infiltrato da membri di associazioni nazionalistiche, con nostalgie pangermaniche. A Gerusalemme non sono gradite visite di ministri appartenenti a quel partito, neanche della già citata ministra degli Esteri Kneissl, indipendente ma nominata in quota Fpoe. Di conseguenza le rimane chiusa, almeno per ora, anche la porta del segretario di Stato americano (che invece si dedica al dialogo con il dittatore nord-coreano Kin Jong-un). Ma questa freddezza non tocca il Cancelliere Kurz, democristiano.

Ingiustificati i sospetti di adesione al blocco di Visegrad
I sospetti di adesione al blocco di Visegrad continuano ad essere ingiustificati, soprattutto se intesa come involuzione della democrazia secondo le ricette ungaro-polacche e come rivolta sovranista contro Bruxelles. Come Kurz ha ribadito in una recente intervista, i due partiti della coalizione hanno visioni diverse, ma hanno concordato un programma comune in cui figura l’orientamento europeista. Ciò non toglie che si ponga più che in passato l’accento
sull’interesse nazionale e sul principio di sussidiarietà: “fare meno cose (a livello europeo) ma in modo più efficiente”, limitare la produzione normativa di Bruxelles. Possiamo perciò definire il giovane cancelliere, se non un euro-scettico, un euro-tiepido, poco incline a fughe in avanti verso una maggiore integrazione europea quale
delineata dal Presidente Macron.

Se dunque non c’è una affinità con il sovranismo e l’autoritarismo di Orban (a parte le convergenze sul blocco della rotta balcanica), va detto che non c’è neanche una presa di distanza da Budapest e dagli altri Paesi di Visegrad; ma ciò è normale considerando che quelli sono Paesi confinanti o molto vicini, e che ancora cento anni fa appartenevano all’impero asburgico (tre interamente, uno in parte).

In più, l’attuale governo si attribuisce una vocazione a lenire la spaccatura Est-Ovest in seno all’Unione europea. Non sarà dunque l’Austria a promuovere sanzioni contro l’Ungheria per il rifiuto di accogliere migranti o per violazioni dei principi democratici.

Migranti, Brexit, dazi, bilancio nel menù della presidenza
Cosa possiamo attenderci dalla presidenza austriaca del Consiglio dei Ministri dell’Ue? Intanto, va premesso che in sei mesi non si può incidere più di tanto sugli orientamenti dell’Unione e che il programma viene presentato da un
trio di presidenze successive. Inoltre il Consiglio europeo è presieduto dal polacco Tusk e la politica estera e di sicurezza comune è diretta da Federica Mogherini. Un maggior ruolo propositivo spetterà nel prossimo semestre all’Austria nelle altre formazioni del Consiglio, a cominciare dall’Ecofin. A presiedere il Consiglio Affari Interni, e quindi le discussioni sull’immigrazione e l’asilo, sarà un falco come Kickl, braccio destro di Strache nell’Fpoe (entrambi hanno avuto un incontro a Roma con Salvini nei giorni scorsi).

I temi obbligati che impegneranno la presidenza nel prossimo semestre saranno in primo luogo la conclusione del difficile negoziato sulla Brexit, la trattativa sulla programmazione finanziaria per il periodo 2021-27, la guerra dei dazi.

Un’Europa che protegge il motto di Kurz
Le priorità scelte dall’Austria per dare una propria impronta alla presidenza sono state enunciate sin dal marzo scorso e ribadite all’inizio di giugno. Kurz ne parlerà il 3 luglio al Parlamento europeo, e nei giorni successivi a Vienna riceverà la Commissione. Il motto è “un’Europa che protegge”.

In primo luogo si applica alla protezione delle frontiere esterne dell’Unione, che è la priorità delle priorità. Al secondo posto viene la protezione del livello di benessere, che richiede di essere competitivi, onde la particolare attenzione alla digitalizzazione, nei vari suoi aspetti: lo sviluppo delle infrastrutture informatiche e il completamento del mercato unico in questo campo, ma anche la “giustizia digitale”, cioè l’obbligo per i giganti di internet di pagare le imposte dove vengono prodotti i profitti.

Con una ulteriore forzatura, il concetto di protezione (inteso come sinonimo di sicurezza dell’Unione, la quale richiederebbe la stabilità del vicinato sudorientale) viene utilizzato per far rientrare in una cornice unitaria un terzo obiettivo: il mantenimento della prospettiva di ammissione all’Ue per tutti i Paesi balcanici.

La preminenza della questione migranti
La preminenza della problematica migratoria è evidente: vi sarà fra l’altro dedicato il Vertice di Salisburgo il 20 settembre (come del resto, in gran parte, il Consiglio europeo del 28-29 giugno) ; e sarà al centro della riunione informale dei ministri dell’Interno a Innsbruck, dall’11 al 13 luglio. Vienna, come la maggioranza delle capitali europee compresa Parigi, vuole una disciplina più rigorosa del diritto di asilo e l’espulsione di coloro che non vi rientrano .

Anche il testè citato sostegno alle aspirazioni europee dei paesi balcanici è dettato non tanto da sopravvalutazione dei progressi da loro fatti quanto dall’interesse a blindare la chiusura della rotta balcanica. Altrettanto dicasi per il miglioramento dei rapporti con Orban.

La ricetta di Kurz e Strache è piuttosto semplicistica: proteggere la frontiera esterna, cioè chiudere la rotta mediterranea, rafforzando Frontex. Non solo più uomini e mezzi, ma anche un mandato più incisivo: depositare sul suolo nordafricano i migranti ripescati o respinti. Gli ipotetici centri per rifugiati da istituire in Paesi di transito servirebbero non tanto a selezionare gli aventi diritto all’asilo (come vorrebbe la Merkel) quanto a fermare i migranti illegali, rifocillarli e rispedirli a casa o in altri Paesi disposti ad accoglierli. Gli austriaci ipotizzano anche “campi dindeportazione” da creare in Paesi che si rendano disponibili (Albania?, Kossovo?), in cambio di adeguati aiuti finanziari. I soldi risparmiati non dovendo pagare tanti sussidi nei nostri Paesi servirebbero a pagare tali aiuti, a finanziare generosi programmi di reinsediamento, a disincentivare l’emigrazione “aiutandoli a casa loro”.

Kickl e Seehofer alleati di Salvini fino a un certo punto
L’evidente somiglianza con le ricette delle destre nostrane non deve suscitare illusioni. Salvini troverà alleati nei suoi omologhi Kickl e Seehofer (quello che con espressione quanto mai infelice Kurz ha chiamato Asse dei Volenterosi fra Berlino,Vienna e Roma!) finchè si tratta di rafforzare Frontex, ostacolare le operazioni di salvataggio delle Ong e respingere quanti più migranti possibile prima che si imbarchino. Ma nella misura in cui i flussi sono inarrestabili e i
naufraghi dovranno continuare ad essere salvati e portati sul suolo italiano, quei like-minded saranno strenui oppositori delle nostre richieste di solidarietà e condivisione. Il vero Asse è quello fra Austria e Baviera, come dimostra il recente vertice di Linz fra Kurz e il capo del governo regionale bavarese Soeder.

Dalla presidenza austriaca non dobbiamo dunque attenderci alcun sostegno per l’abolizione della regola di Dublino (responsabile per le domande di asilo è il Paese di primo approdo), nè per la redistribuzione dei rifugiati e tanto meno per le sanzioni ai Paesi membri che vi si oppongono.

L’abbandono del ricollocamento obbligatorio dei rifugiati e la concentrazione degli sforzi sul rafforzamento delle frontiere esterne è stato definito dal ministro degli Interni Kickl una “rivoluzione copernicana”: un chiaro segno che in questo campo la presidenza austriaca non si comporterà da “onesto sensale”.

Punti di convergenza tra Roma e Vienna in politica estera
Al di fuori della straripante problematica migratoria possiamo individuare punti di convergenza fra Roma e Vienna in politica estera: attenuazione delle sanzioni alla Russia (se vi sarà qualche progresso nell’attuazione degli accordi di Minsk sull’Ucraina orientale), dialogo con la Turchia malgrado la deriva dittatoriale, un occhio di riguardo indulgente ai Paesi dell’ex-Jugoslavia e all’Albania. Ma più rilevante è la divergenza su fiscal compact (contenimento del deficit) e il rifiuto di condivisione del debito pubblico.

E dietro l’orizzonte rimane la delicata questione del conferimento della cittadinanza austriaca agli alto-atesini: durante il semestre di presidenza Vienna non dovrebbe prendere iniziative destinate a precipitare una crisi diplomatica con un Paese vicino. Ma a meno breve termine questo nodo potrebbe venire al pettine.

dal sito www.affarinternazionali.it