Tavoli all’aperto, la rivolta dei ristoranti contro l’ordinanza “beffa” della sindaca Raggi
Tavoli all’aperto, la rivolta dei ristoranti contro l’ordinanza “beffa” della sindaca Raggi
Annunciata dal comune di Roma come un grande aiuto per la ristorazione, l’atteso provvedimento ha deluso i titolari: “Regole impossibili da applicare”. Seguici anche su Facebook
Diverse associazioni di categoria hanno accolto con entusiasmo l’ordinanza annunciata dalla sindaca di Roma Virginia Raggi, secondo cui bar e ristoranti “possono procedere immediatamente a un ampliamento dell’occupazione di suolo pubblico (OSP), pari a un massimo del +35% da dedicare agli arredi esterni”, con tanto di esonero dal pagamento del Cosap, il canone di occupazione del suolo pubblico.
Tra le voci positive quella della CNA, per esempio, che ha espresso e “viva soddisfazione” per il recepimento delle sue richieste.
Ma non si è fatta attendere, urlata a gran voce sui social network, la reazione negativa da parte di molti ristoratori perché sostengono che il tanto sospirato aiuto a incentivare i dehors non solo in centro, ma anche nel resto della città, sia in realtà una sorta di bluff.
I ristoratori delusi sottolineano che questa promessa possibilità di ampliare gli spazi esterni dei locali – per bilanciare in qualche modo la riduzione di quelli interni, dovuta all’obbligo di distanziamento fisico – risulta in realtà solo teorica, ma di fatto non applicabile. Il perché sta scritto nero su bianco nei moduli cui il titolare deve far riferimento ai fini della richiesta.
Altrettanto critico Giancarlo Casa della Pizzeria la Gatta Mangiona in via Ozanam: “Finalmente pubblicata l’ordinanza sulla tanto attesa estensione OSP” scrive sul suo profilo Facebook, facendo i suoi ironici complimenti – “per i risultati ottenuti dalla task force dopo un mese di lavoro. I cinque locali di Roma che potranno usufruirne, visti i criteri minimi che rimangono, ringraziano”.
Il problema dunque è questo stesso sottolineato da Dandini: pochissimi rispondono ai criteri: “Nel 90 per cento dei casi a Roma non è applicabile” calcola e amareggiato continua: “Quindi ci prendono in giro e prendono in giro in particolare gli onesti perché ai disonesti basterà comunque mettere fuori i tavoli e ci vorrà del tempo per capire chi era in regola chi no”. L’amarezza di Casa si aggiunge alla preoccupazione per i dipendenti: “La cassintegrazione di marzo e aprile non è ancora arrivata e questo brucia. Da maggio gliele pagheremo noi”.
In ogni caso: “La vogliono far passare come un atto del Comune che va incontro al cittadino, ma sanno che non è così. Non si vogliono assumere rischi. Non vogliono scontentare le associazioni degli abitanti del centro storico, che sono fortissime e molto ascoltate. Lo chiamano decoro urbano questo evitare i tavoli all’esterno. Avrebbero potuto sino a settembre derogare a vecchie norme. I tempi sono eccezionali”.
Su questo punto anche Fabrizio Pagliardi di Barnaba: “Saranno contenti tutti quelli che metteranno tavoli esterni illegalmente, perché gli uffici comunali hanno 60 giorni di tempo per controllare le pratiche e rispondere a quelle che saranno 5-6mila richieste. Nel frattempo si fa cassa”. Pagliardi parla per solidarietà di categoria, nonostante per lui l’ordinanza porterà buoni frutti. “Sono sincero: per quanto riguarda il mio locale è perfetta, però fa ridere per tutti quelli che hanno il ristorante in centro. Facevano prima a dire che non lo possiamo fare perché altrimenti i residenti si arrabbiano. Solo pensare che si debbano lasciare un due metri su un marciapiede romano fa ridere. Non ci sono marciapiedi così grandi. E poi l’ordinanza ha molte incongruenze. Per esempio il mio vicino ha già il permesso di occupazione di suolo pubblico. Lo aveva di 25 metri, quindi ora può ampliare del 35 per cento di quei 25. Io che non ho mai chiesto dunque avuto l’occupazione adesso ho diritto a molto più di lui, mi spetta il 35 per cento della superficie del locale. Insomma bizzarro. Hanno partorito una normativa che finge di voler andare incontro ai ristoratori. Ma non è colpa di questa giunta. Ci siamo abituati. In 25 anni è cambiato poco”.
Secondo lui il problema è intrinseco: “Chi ci governa è ancora convinto che i turisti vengano a guardare i monumenti. Il problema è che poi la città la devi vivere”.
Mario Sansone di Marzapane è passato dalle stelle alle stalle. “Ero a mille perché quando hanno annunciato l’ordinanza speravo di aprire coi tavoli fuori, ma ora la delusione è cocente, visti i moduli con i criteri per far accettare la richiesta. La buona volontà noi ristoratori ce la mettiamo, ma così è davvero demoralizzante. Siamo in una situazione drammatica, almeno si eviti di fare proclami, perché oltre che in crisi ci sentiamo disperati. Avevo richiamato i ragazzi a lavorare, ma ho dovuto stoppare il rientro. Non riesco a mettere fuori nemmeno un tavolo, anche se teoricamente avrei il 35 per cento della superficie del locale interno. Eppure niente: tutti i parcheggi tariffari non si possono occupare, i parcheggi con strisce bianche non si possono occupare, idem per i parcheggi motorini. Il Comune prima ci ha detto che avrebbe dato la possibilità di far accomodare fuori, anche per compensare i ridotti posti all’interno, poi la doccia fredda. Eravamo felicissimi per un provvedimento che finalmente ci avrebba aiutato. Ma la fregatura è in agguato nei fogli applicativi”.
Che l’ordinanza non sia tutta questa manna è chiaro anche nelle risposte, sia pure positive, di chi ne trae beneficio. Per esempio Davide Del Duca, chef e socio con Andrea Marini di Osteria Fernanda, non ha mai avuto un dehors ma da anni ne progettava uno. Adesso potrebbe crearlo più grande del progetto iniziale ma non lo farà: “Non è chiaro come vogliono impostare l’attuazione dell’ordinanza. Le attività che hanno una piazza si possono allargare, ma gli altri devono comunque avere una pedana. Dovendola costruire, non la farò del 35 per cento in più della superficie, perché poi magari tra tre mesi che non me la fanno più lasciare e avrei sprecato inutilmente soldi investiti”.
dal sito www.repubblica.it