SUPER-BOMBA GIA INNESCATA NEI MARI ITALIANI: SI DEVE DISINNESCARE PRIMA CHE ESPLODA?
di Fulvio Biocca

di | 1 Set 2020

E’ la sera del 2 Dicembre 44, alle 19,15, sul mare ad est di Bari convergono da Ronchi dei Legionari 30 caccia-bombardieri Junkers 88 e due Savoia Marchetti 79 italiani della A.N.R. ai quali si uniscono altri 72, JU-88 provenienti dai Balcani. Sta per accadere la Pearl Harbor atlantica degli alleati. I soldati affollano i circoli di presidio ed i locali d’intrattenimento di Bari. La tenue luce di una falce di luna s’irradia nel cielo buio. I caccia bombardieri, sfiorando il mare per non esse rilevati dai radar si avventano alle 19,30, su 40 navi ormeggiate nel porto. Sono tutte stracariche di materiale bellico, munizioni, esplosivi e più di una, con carico “top secret” di bombe chimiche severamente vietate dalla convenzione di Ginevra del 1925 : nella stiva di una nave, la Harvey, 1450 tonnellate di bombe da bombardamento all’yprite. Le navi erano così assiepate che le colpite, esplodendo, facevano deflagrare le vicine. Altre bruciano, altre affondano. Dopo 15 minuti d’inferno, i bombardieri tornano agli aeroporti di provenienza. Il porto di Bari brucerà per due giorni. Ai 180 morti durante il bombardamento, se ne aggiungeranno oltre un migliaio, la maggioranza dei quali con sintomi insoliti diagnosticati da un medico barese in quelli da tioetere-cloro-etanolo (Yprite dal nome della città belga ove i tedeschi la usarono per la prima volta nel 1915 ) aggressivo chimico liposolubile dermo-penetrante altamente invalidante, generalmente mortale.
I primi sintomi apparvero nelle vittime, due giorni dopo la contaminazione proveniente da alcune bombe espose della Harvey, in tutti coloro che per trovar scampo, si erano tuffati nel mare ricoperto da un sottilissimo velo oleoso d’yprite.
Il primo ministro inglese Churchill ed il Presidente americano secretarono immediatamente l’accadimento e le morti venivano certificate “d’ordine” nell’ospedale neozelandese a Bari “da infezione respiratoria ignota”. L’episodio di Bari fu il solo con vittime da gas, della II guerra mondiale. A questo crimine di guerra se ne aggiungeranno altri su citta inermi voluti dal sadismo inglese emulato dagli USA : quelli d’Hiroshima e Nagasaki (veramente inutile dopo Hiroschima) Cassino e Roma S.Lorenzo, Edinburgo, altre città e Dresda in particolare bombardata per ventetta, con tonnellate di bombe incendiarie a guerra finita dagli inglesi seguiti il giorno dopo, maramaldescamente, dagli USA anche se ormai non c’erano che migliaia di morti , feriti e macerie.
Nel 65 iniziò ufficialmente la bonifica del porto di Bari. Purtroppo le bombe recuperate non venivano inertizzate ma inabissate nuovamente nel mare antistante Molfetta a profondità “ dichiarate” superiori ai 1000 mt. da ditte private, rendendo ancor più difficile e costosa una reale futura bonifica. Il ripescaggio di bombe impigliate nelle reti generano però, dubbi sulla profondità degli affondamenti e sulla tenuta delle ogive denunciata dalle numerose morti fra i pescatori specialmente, che seguitano ancora.
Nel 1987 la notizia dell’accadimento divenne ufficialmente resa pubblica dal Presidente americano Carter che tolse il segreto militare ai rapporti della marina che evidenziarono anche altri inabissamenti in mare di altre ingentissime quantità di sostanze chimiche avvenute fino al 1986 da parte USA, nel mare di Napoli, nel triangolo Ischia – Capri – Bagnoli, confermate da interventi dei palombari della marina. Questi eventi suscitarono ricerche per conoscere se vi fossero altri siti d’inquinamento in mare o terrestri per abbandoni accidentali o dolosi di armi chimiche. Organizzazioni quali Lega Ambiente, ISPRA, ARPA locali e Comitato per Bari sono state molto professionali ed attive, in merito. Il risultato è sconcertante e non ancora completo: centinaia di tonnellate di veleni pericolosissimi di origine bellica sono disseminati ancora, nel mare italiano.
La cultura che ogni giorno ci arricchisce, spinge la nostra civiltà a difendere sempre più il bene più prezioso che abbiamo, il nostro piccolo pianeta pulsante di vita, disperso nell’universo. Dunque mai nascondere quanto lo minaccia ma bonificare sempre e realmente ciò che a questo, è nocivo: ne vale la nostra esistenza. La fisica e la chimica moderna lo consentono, perché non farlo? I costi non sarebbero eccessivi e, comunque, giustificatissimi.
In verità qualcosa è stato fatto ma, quanto e come è stato fatto! Gli aggressivi chimici non devono essere nascosti perche la loro pericolosità è sempre attuale se non addirittura maggiorata in funzione del degrado dei contenitori. Le loro molecole devono invece essere modificate per essere trasformate in altre sostanze non pericolose. La BPD di Colleferro fu fondata per convertire le ingenti quantità di esplosivo non impiegato nell’ultimo conflitto, in concimi per l’agricoltura. Così molecole di yprite potrebbero essere trasformate con uso di cloruro di calcio o ipoclorito di sodio in molecole non pericolose o meglio, ossidate in forno industriale o super ossidate con ozono quando possibile; i nervini e il sarin possono essere trasformati per idrolisi, da composti organici del fosforo in acidi fosforici; a questo scopo gli USA hanno ottimamente attrezzato una nave laboratorio la Cas Ray con un equipaggio di 35 marinai 65 chimici specialisti e 5 medici che empie la stiva di veleni bellici per poi inertizzarli, in osservanza alla convenzione ONU del 2009 a cui hanno aderiti 188 Stati.
Ri-naturalizziamo dunque il nostro mare e quanto produce, recuperando e trattando queste bombe che fanno già molto male al suo ecosistema e più ne faranno quando le migliaia di queste, in questo disseminate, verseranno nelle acque tutto il loro contenuto per l’ulteriore corrosione dei contenitori. Si tratta di centinaia di tonnellate di sostanze altamente velenose e sicuramente cancerogene che non devono essere lasciate in eredità ai nostri figli.
E’ un avviso molto significativo che lungo le coste a sud del Gargano, tanta gente muoia ancora per tumori linfoidi attribuibili probabilmente, a contaminazione lenta da yprite. L’yprite è così penetrante che è capace di danneggiare il DNA cellulare inducendo neoplasie linfatiche. Un effetto paradosso che originò la nascita della chemioterapia, fu scoperto dai professori Godman e Giemon della Yale university incaricati di studiare gli effetti dell’yprite sugli intossicati, a Bari. Lo studio mise in luce che l’yprite generava tumori linfoidi ma attaccando prima linfociti cancerosi nei già malati, allungava la vita delle vittime, per tempi non lunghi. Da fonti attendibili si riportano i seguenti siti:
– Coste pesaresi. Ai tedeschi in ritirata viene dato ordine di trasferire in Germania l’armamento chimico italiano anche se obsoleto (i tedeschi già disponevano dei nervini). Furono requisite all’aereonautica centinaia di bombe all’iprite da bombardamento della guerra 15-18 e realizzati trasferimenti in Germania in sicurezza. L’ultima “tradotta” di tre vagoni, fu richiamata a Pesaro dopo la sua partenza, perché il viaggio era divenuto insicuro ed il materiale fu inabissato tra Cattolica e Pesaro. Una qualche bonifica dovrebbe essere stata fatta. l’ARPA di Pesaro con l’università di Urbino, eseguono monitoraggi semestralmente.
– Coste a sud del Gargano. Palombari della marina eseguirono un ottimo ripescaggio dell’enorme materiale giacente nel porto di Bari a partire ufficiosamente dal 1947. Dai rapporti consegnati al Ministero furono ripescate 15.551 bombe all’yprite più, grossi quantitativi in bombe o barili di altri aggressivi chimici severamente vietati dalla convenzione di Ginevra : acido clorosolforico, cloropicrina, cloruro di cianuro. Purtroppo quanto ripescato, come accennato, non fu trattato per rendere gli aggressivi innocui ma fu consegnato a ditte civili che lo inabissarono tra Molfetta e Torre Gavetone in gran parte inglobato in cubi di cemento in fondali più profondi. E’ stato cosi ripulito il porto di Bari (se effettivamente completato) ma la pericolosità d’inquinamento biologico, del pescato e degli abitanti resta: le persone ammalate in aumento lo dimostrano. Nel progetto RED commissionato dalla UE all’ISPRA nel 2012 si è ipotizzata ancora la presenza di un milione di ordigni il cui stato di conservazione è pessimo con conseguente aumento della difficoltà per la rimozione, dell’incolumità per gli operatori e per l’inquinamento
– Acque adriatiche ad est di Bari. La capitaneria di porto di Molfetta e quella di Pianosa, pubblicarono due rapporti con mappe – poi subito fatte secretare – di un’altra nefandezza generata questa volta della NATO alle soglie del 2000. Bombardieri di ritorno dal Kosovo hanno inabissato in almeno 11 siti identificati e certificati, bombe non usate e tra queste le pericolosissime testate all’uranio impoverito che per centinaia di anni regaleranno tumori in Kosovo come quelli regalati i nostri militari li presenti ( ad oggi 7500 malati e 372 decessi). La ”sapienza spiccia” di bonificare sostanze nocive annegandole in mare, è ancora imperante dunque, nella cultura militare .
– Acque campane. Un primato USA: nel triangolo Bagnoli, Ischia, Capri è stato realizzato il cimitero di armi chimiche documentato, più grande del Mediterraneo. I rapporti top sycret USA Brankowiz e Aberdeen resi pubblici dal Presidente Clinton, riportano in 187 pagine spostamenti o inabissamenti di centinaia di tonnellate di armi chimiche dal 1945 al 1986 (bombe e o barili di fosgene, cloruro di cianuro, cianuro idrato, lewisite ). In somma quanto basta, con quanto inabissato anche nel mare pugliese, per “innaffiare ogni lembo italiano, alla faccia delle convenzioni e della lealtà degli alleati. A quando la nave Cas Ray nel golfo di Napoli……sarebbe doveroso da parte USA e veramente benvenuta da parte italiana!
E’ confortante aver appreso qualche notizia sul centro CETIL NBC dell’esercito. Nella sua area di 150 ettari, nei pressi di Civitavecchia nel quale opera con sapienza ed in sicurezza, per alienare definitivamente le armi chimiche, ripescate comprese. Ma il lavoro è lento e lungo. Ad es, alle bombe chimiche viene tolta la spoletta, poi l’esplosivo ed in fine dopo il congelamento segate per l’estrazione dell’ aggressivo chimico che viene poi ossidato chimicamente, adsorbito in sabbia e cementato in blocchi da spedire in Germania per essere “tumulati” in miniere di sale abbandonate. Un forno industriale per ossidare gli aggressivi chimici estratti, con relativo trattamento dei prodotti della combustione, semplificherebbe tutto e ridurrebbe sensibilmente costi e tempi. Il Ministero Difesa lo ha appaltato, ma i soliti tuttologi dalla scienza infusa per sentito dire ma non per studio, imbonitori politicizzati culturalmente e accaparratori di stolti alla stregua dei terrapiattisti, hanno organizzato la piazza per ostacolare la realizzazione del forno. Si spera che il Ministero sia andato avanti altrimenti si deve vivamente spalleggiare con l’impegno dei mass media responsabili e non politicizzati, perché abbia la meglio. Sarebbe veramente il caso che trasmissioni televisive di denuncia, si occupassero comunque, seriamente del caso per costringere i politici a muoversi e la popolazione a capire, per renderla responsabilmente matura. (si fa riserva di dare notizie puntuali appena possibile. Queste risalgono al 2018) La Costituzione vuole il nostro esercito non per l’offesa ma per la difesa : quale miglior occasione per difendere il popolo da questo immanente pericolo?
Le numerose interrogazioni parlamentari fino ad oggi esposte, non hanno dato esiti pregnanti. Se i politici volessero veramente risolvere l’annosa emergenza a favore della collettività, dovrebbero insediare una commissione con portafoglio, operativa e referente trimestralmente al Senato, a durata prestabilita, così costituita per avere i requisiti culturali, operativi, democratici e di auto-controllo: da una presidenza duumvira formata da un senatore di maggioranza ed uno di minoranza, da due magistrati delle procura della regione interessata uno civile ed uno militare, da due dirigenti dell’ ARPA locale, da un ufficiale superiore del Regimento CBNR -NBC e da tre giornalisti volontari sorteggiati fra gli iscritti regionali all’albo.
Non si ha più tempo. La terribile bomba chimica, da 76 anni innescata nel Mediterraneo non deve deflagrare. I contenitori delle bombe ormai corrosi, come certificato dal rapporto ISPRA al Senato, non tengono più. Gli aggressivi chimici contenuti in barili già si disperdono inesorabilmente nel Mediterraneo.
E’ ora che venga dato mandato pieno agli ottimi tecnici militari del CETIL- NBC perché ci liberino definitivamente da questo pericolo non più tale, perché oggi, è già divenuto lesivo.
Ogni ritardo è ingiustificabile se non si promuove razionalmente e definitivamente la bonifica dalle armi chimiche criminalmente annegate in questo bel mar Mediterraneo, culla della civiltà : La sua e la nostra vita sono in pericolo serio.

Immagine dal sito www.galileonet.it

 

di Fulvio Biocca
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