Brexit: con la paura del “NO DEAL” è corsa al Made In Italy
Con il rischio del “no deal” volano le esportazioni di cibo e bevande Made in Italy in Gran Bretagna, dove i prodotti italiani registrano un balzo record del 5,2%, in netta controtendenza con l’andamento stagnante del commercio estero. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nei primi otto mesi del 2020 in occasione del colloquio tra il premier Giuseppe Conte e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
La corsa agli acquisti è spinta dal fatto che a pesare sui rapporti commerciali in caso di “no deal” è soprattutto il rischio dell’arrivo di dazi e ostacoli amministrativi e doganali alle esportazioni, che scatterebbero con il nuovo status di Paese Terzo rispetto all’Unione Europea. L’Italia, spiega la Coldiretti, ha importanti relazioni nell’agroalimentare con forniture che nel 2019 hanno raggiunto i 3,4 miliardi di euro e classificano la Gran Bretagna la quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese nell’agroalimentare.
A preoccupare, continua Coldiretti, è anche la tutela giuridica dei prodotti a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp) che incidono per circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare Made in Italy e che, senza protezione europea, rischiavano di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione da Paesi extracomunitari.
Con l’uscita dall’Unione Europea si teme anche che si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane come ad esempio l’etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti, che si sta già diffondendo in gran parte dei supermercati inglesi e che, sottolinea Coldiretti, boccia ingiustamente quasi l’85% del Made in Italy a denominazione di origine (Dop).
Dopo il vino, che complessivamente ha fatturato nel 2019 sul mercato inglese quasi 771 milioni di euro, spinto dal Prosecco Dop, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi e dell’olio d’oliva. Importante anche il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano per un valore attorno ai 85 milioni di euro.
dal sito www.aise.it
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