ORIGINAL PD: NUOVA FASE E VECCHI PROBLEMI POLITICI

di | 1 Apr 2021

                                        Vignetta di Andre Seri

Lo scorso febbraio si è aperta una nuova fase di riorganizzazione del sistema politico nazionale grazie all’appello del Presidente Mattarella all’unità di azione per uscire dalla crisi economica e sanitaria. Con quell’atto si è ritenuta conclusa, o forse meglio sospesa, la contrapposizione in Italia tra populisti Vs istituzioni, che aveva portato a due diversi governi a maggioranza alternata, ma entrambi basati sull’essere contro o all’establishment precedente o all’onda populista che metteva in dubbio la stessa convinta appartenenza italiana al sistema valoriale dell’Unione europea.

L’appello alla responsabilità nazionale e la conseguente nomina del governo Draghi ha segnato un spartiacque rispetto alla fase politica precedente: ormai esiste un unico nemico in tutto il mondo, il COVID-19 e le drammatiche conseguenze della pandemia, ed è necessario un novello CLN per far uscire presto e bene il paese da questa sorta di guerra a tutto campo al virus.

Le varie forze politiche sono state più o meno reattive al nuovo contesto. C’è chi ha contribuito a creare questa nuova fase, facendo di tutto per destrutturare gli equilibri frutto della fase precedente (Italia Viva o Forza Italia); c’è chi si è rapidamente adeguato, modificando prontamente le proprie tradizionali proposte per rispondere da protagonisti alla chiamata alla nuova “guerra di liberazione” al virus (Lega) o solo per riaffermare la sua posizione di opposizione anche al neo governo Draghi, ma ben consapevoli della nuova fase politica in cui si è stati chiamati (Fratelli d’Italia).

Viceversa i partiti che più di altri avevano investito sugli equilibri politici del periodo pre coronavirus per definire la linea di azione anche per il loro futuro (M5S e PD) hanno avuto più difficoltà ad adeguarsi alla nuova fase e oggi sono soggette ad un profondo ripensamento della loro strategia a medio termine, a partire dal proprio profilo identitario. Se è ancora prematuro prevedere quali saranno gli sbocchi di un travagliato dibattito interno ai M5S che si concentra sul ruolo e gli sviluppi del movimento che saprà imprimere l’ex premier Conte, nel Partito Democratico la discussione interna ha avuto una prima accelerazione a seguito delle inaspettate dimissioni del Segretario Zingaretti.

La pronta adesione del PD all’appello del Presidente della Repubblica e il convinto sostegno al governo Draghi insieme a forze consistenti del centrodestra, ha messo in crisi la strategia della passata gestione fondata sull’alleanza privilegiata con i M5S in visione anti lega, oggi partner occasionale di governo. Tale nuovo scenario impone di ripensare la strategia politica per ridare un ruolo centrale ai Democratici nel tentativo di mantenere inalterata l’ambizione di tornare al governo nel prossimo futuro. L’obiettivo è di riscoprire la vocazione originaria del PD, ossia di svolgere il ruolo di pivot centrale di una alleanza larga capace di coinvolgere diverse forze non solo politiche presenti nella società, riuscendo a fare sintesi attraverso ad una credibile proposta di governo alternativo alle destre.

L’elezione plebiscitaria di Enrico Letta, già candidato alle primarie fondative del PD e vicesegretario, risponde esattamente all’esigenza di fondo di riscoprire le motivazioni originarie per cui era nato il partito, ossia di unire le diverse sensibilità politiche che si riconoscono in un centrosinistra senza trattino in una proposta comune di governo.

Da subito Letta ha dato segnali di discontinuità, nominando una nuova segreteria con nuovi vicesegretari e pretendendo il cambio dei capi gruppi parlamentari con due donne. Allo stesso tempo ha lanciato una campagna di ascolto degli iscritti attraverso un vademecum dibattuto da migliaia di iscritti in tutti i circoli e sulla base del quale ha garantito il lancio di un processo decisionale partecipato per rinverdire la stessa identità e disegnare le future priorità di azione del partito.

Ovviamente è ancora presto per sapere se un segretario nominato senza passare dalle primarie avrà la forza di non essere travolto dagli interessi di bottega dei diversi capi corrente e realizzare alle prossime elezioni quel progetto di nuovo centrosinistra alleato con M5S per cui il rilancio del sistema elettorale maggioritario ne è necessaria premessa. Ma per recuperare quei milioni di voti delle origini è condizione necessaria ma non sufficiente ricomporre le diverse scissioni di ceti politici avvenute nei suoi 14 anni di vita.

La vera sfida riguarderà la capacità collettiva di tornare a parlare a quei cittadini che si pongono il problema di ripensare i rapporti interpersonali economici e sociali per costruire una società più equa e moderna dopo la pandemia. Per farlo servirà chiarezza nelle proposte che andranno a determinare la sua identità politica. Per dirla con le parole del neo segretario bisognerà essere coerentemente “Progressisti nei valori, riformisti nei metodi, radicali nei comportamenti”, ma solo vedendo gli assetti che scaturiranno a seguito di un nuovo congresso alla fine di questo percorso si potrà avere la definitiva conferma che sarà riuscita l’operazione “Original PD recovery”.

di Paolo Acunzo

 

Paolo Acunzo
Nato a Roma nel 1971, padre di due figli, dopo la laurea in Scienze politiche ha conseguito il titolo di Esperto
in diritto, economia e politiche dell’Unione europea. Ha lavorato diversi anni a Bruxelles presso il Parlamento e la Commissione europea. E’ stato European Affairs Adviser per diverse organizzazioni. Attualmente rappresenta l’Italia in alcuni comitati tecnici comunitari e tiene le relazioni con istituzioni, agenzie e industrie europee per uno dei principali Enti di Ricerca nazionali. Vice Presidente nazionale del Movimento Federalista Europeo.

Biografia e Immagine dal sito www.eurobull.it