Cosa rimarrà del nostro futuro?

di | 1 Giu 2021

Cosa rimarrà del nostro futuro?

La paura del contagio, le varie difficolta della DAD (didattica a distanza), la “nuova” povertà e l’isolamento hanno portato più di 200mila giovani a non iscriversi al prossimo anno accademico.
E difronte a questo dato il ministro dell’istruzione dovrebbe essere allarmato perché la nostra salvezza sono i giovani, sono il nostro futuro, saranno la nuova classe politica, di dirigenti di operai, Taccafondi dichiara che la scuola la vorrebbe obbligatoria anche d’estate e non solo su base volontaria; ma è realmente il modo giusto per evitare la dispersione di questi ragazzi? Per far si che la curva delle iscrizioni risalga? Cos’ha fatto realmente il governo per evitare questo problema? Quali sono stati realmente i suoi aiuti?
Dov’è finito il diritto all’istruzione? Ce ne siamo dimenticati, perché i politici erano troppo occupati a inseguire i likes sui social e a dibattere nei salotti tesevisi, mentre non si accorgevano dei danni che stavano procurando a una generazione che già nasce precaria e priva di certezze.
Quello che è sicuro che la DAD ha provocato un forte aumento della dispersione scolastica, il corriere della sera riporta le frasi di un preside di un liceo di Modena “non sappiamo dove siano finiti gli studenti, abbiamo scritto alle famiglie”
E’ un campanello d’allarme quello della dispersione scolastica che emerge dai dati contenuti nell’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da Ipsos per Save the Children su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni. Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera a oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni.
Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado potrebbero aggiungersi a fine anno ai dispersi della scuola.
Le cause principali dell’abbandono, sono la difficoltà della connessione e la fatica a concentrarsi davanti a uno schermo.
I ragazzi si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza, molti sono convinti di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, altri si sentono accusai dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, altri ancora ritengono ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non era permesso di andare a scuola. Stanchezza, incertezza e preoccupazione sono i principali stati d’animo che hanno dichiarato di vivere gli adolescenti in questo periodo, ma anche disorientamento, apatia, tristezza e solitudine.
I professori in questi due anni si sono ritrovati a dover inseguire i propri alunni su qualsiasi piattaforma social, da Whatsupp a Tik Tok, passando anche per Instagram e WeChat, e negli istituti tecnici i ragazzi hanno perso la possibilità di fare i laboratori e gli stage nelle aziende.
A farne le spese però sono soprattutto i ragazzi più deboli, le cui condizioni sociali e culturali di partenza li ponevano già in una condizione forte rischio prima del Covid e delle misure di confinamento.
A farne le spese sono soprattutto i ragazzi più deboli, le cui condizioni sociali e culturali di partenza li ponevano già in una condizione di forte rischio prima della pandemia e delle varie misure di sconfinamento.
E poi ci sono i ragazzi che sapendo che avrebbero già passato l’anno a priori si sono sentiti liberi di non fare niente, perché la ministra oltre a fare la grandissima riforma scolastica dei banchi con le ruote che poi si sono rivelati inutili e sono stati solo uno spreco di soldi, ha stabilito che chi doveva entrare all’ultimo anno dalla quarta sarebbe stato promosso a priori.
Se nel 2018 sono stati 62 mila circa i cosiddetti “cervelli in fuga” che hanno lasciato l’Italia per trasferirsi all’estero, per contro, ci sono giovani in età compresa tra i 14 e i 18 anni hanno abbandonato precocemente l’attività scolastica, rischiando di finire ai margini della nostra società.
Forse non sarebbe l’ora di ripensare, di rinnovare il metodo d’insegnamento?
Chi insegnerà a questa generazione il Bel canto, Rossini, il Rinascimento, Giuseppe Verdi, già viviamo in un Paese dove si va avanti con la gloria degli anni passati vogliamo adesso anche rischiare che questo tramandare, che questo telefono senza fili non funzioni?

Immagine dal sito www.anffasteramo.it

di Andrea Galasso