RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: preservare “il diritto-dovere” del legislatore nel rispetto della Costituzione

L’operatore del diritto è costretto a vivere tempi ben lontani da quelli in cui Gaetano Filangieri insegnava la “Scienza della legislazione”. Il prodotto normativo, infatti, si caratterizza sempre più per inadeguatezze tecniche che conducono ad incomprensioni del messaggio giuridico che il legislatore emana. Tutto ciò crea un duplice ordine di problematiche. Da un lato è difficile “prevedere” e “comprendere” quale comportamento possa essere legittimamente realizzato, dall’altro lato chi è chiamato ad applicare la legge si insinua nei varchi dell’incertezza legislativa dando luogo ad un formante giurisprudenziale extra normativo. Si assiste, così, alla creazione di fonti di origine giurisprudenziale che evidenziano un disallineamento col principio di legalità che conduce anche ad un’imprevedibilità delle decisioni.
La situazione impone di analizzarne le cause. E’ sotto gli occhi di tutti che nel nostro Paese ogni tentativo di riforma della giustizia suscita vere e proprie “guerre sante”. Anche un osservatore non particolarmente attento coglie come la realtà giudiziaria sia composta da una molteplicità di associazioni di categoria che, con particolare forza, offrono al legislatore i propri “suggerimenti”. Tale attività, nella misura in cui è condotta entro i limiti del ragionamento democratico, è la benvenuta, ma non può tollerarsi che la stessa si erga a condizionamenti esterni sull’operato del potere legislativo. E non deve sfuggire come la paventata deriva sia tanto più reale laddove l’associazione di categoria che interviene possieda una particolare “ascendenza” politica. Il rischio che si corre non è solo quello di un prodotto legislativo frutto di compromessi e, quindi, inadeguato ad esprimere una regola chiara, ma è quello di un etero direzione della genesi del medesimo. In tal modo, però, si perdono i caratteri fondanti dell’attività legislativa, e cioè astrattezza e generalità. Di qui il pericolo di dare alla luce enunciati normativi espressione non di un interesse generale, bensì di categoria. Se poi tale interesse è connotato dalla finalità di raggiungere un predominio economico o politico, la situazione si complica ulteriormente. Ma, anche a prescindere da ciò, non pare controvertibile che in tal modo si abdica a quel dovere di neutralità nei confronti dei cittadini; dovere che, viceversa, deve costituire il punto di partenza per la genesi del prodotto normativo. In tale contesto si inserisce il dibattito relativo alla riforma dell’ordinamento giudiziario. Qui i segnalati profili si accentuano in ragione della rilevanza costituzionale della materia in ordine a cui ben vengano critiche e suggerimenti purché tutto ciò non si trasformi in un’opera di condizionamento del legislatore. Quest’ultimo, infatti, quale espressione di autonomo potere separato dagli altri, ha il diritto-dovere di preservare la sua indipendenza nel rispetto del comando costituzionale.

Immagine dal sito www.generativita.it

di Filippo Dinacci

 

Filippo Dinacci
Filippo Dinacci – Professore ordinario di diritto processuale penale nell’Università Luiss Guido Carli di Roma – Avvocato in Roma. In precedenza ha insegnato sempre come professore ordinario nell’Università degli Studi di Bergamo.

Nel 2006 è stato nominato componente della segreteria scientifica della Commissione di riforma del Codice di procedura penale istituita con decreto del Ministro della Giustizia del 27/07/2006
Dal 2007 al 2017 è stato titolare del corso “Diritto processuale penale interno e comparato” presso la Scuola Superiore di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza
È codirettore del Comitato scientifico della collana di studi “Le ragioni del garantismo”, Casa Editrice Dike Giuridica
È componente del comitato scientifico:
Della rivista “Archivio Penale”
Della collana di studi “Questioni nuove di Procedura Penale”
Della rivista “Anales de Derecho” dell’Università di Murcia
È componente del comitato dei revisori
Della rivista “Cassazione penale”
Della collana di studi “Collezione di giustizia penale” dedicata a Massimo Nobili
È stato componente del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in Diritto processuale penale internazionale, interno e comparato presso l’Università di Urbino ed è componente del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in Teoria generale del processo presso l’Università LUM Jean Monnet di Bari

Biografia dal sito www.giurisprudenza.luiss.it