Vertice di Samarcanda, finita l’era americana nasce il nuovo ordine mondiale
Vertice di Samarcanda, finita l’era americana nasce il nuovo ordine mondiale
Passata quasi sotto silenzio nei media, la Dichiarazione di Samarcanda offre un altro punto di vista sulle cause del disordine internazionale (e su come governarlo in positivo). La parola d’ordine del multilateralismo indica un percorso alternativo rispetto all’approccio sostenuto a Madrid dalle nazioni occidentali per giustificare il sostegno alla resistenza ucraina e puntellare la dottrina del contenimento della Cina. Il fatto che la Turchia ambiguamente si muova tra i due campi indica che la situazione è molto fluida e la ridefinizione dei rapporti di forza tra i grandi Paesi è aperta a degli sbocchi eterogenei.
Il vertice di Samarcanda è stato letto in Italia alla luce di giudizi contingenti, che rimarcano il peso dell’isolamento di Putin negli incontri internazionali, il mancato appoggio militare all’invasione ucraina e la volontà di rompere con la Russia quale potenza ritenuta responsabile di una guerra di occupazione. In realtà, l’incontro che si è concluso con la Dichiarazione di Samarcanda assume un ben altro profilo se guardato entro una prospettiva più ampia. È soprattutto il tentativo di trascendere l’antica Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), concepita inizialmente per la risoluzione di dispute territoriali tra gli Stati aderenti e in seguito apertasi al coordinamento di compiti di economia e commercio, ridefinendola ora come un più incisivo organismo interstatale che si impegna per garantire la stabilità geopolitica su scala globale.
Il passaggio dal terreno economico a quello di carattere politico-internazionale è il segno, in particolare, di un accresciuto protagonismo cinese che affiora anche dal viaggio del presidente Xi Jinping. La progettazione della nuova governance mondiale rientra tra gli obiettivi strategici ritenuti più rilevanti dal governo di Pechino. L’ingresso nella grande politica diventa una necessità una volta acquisito il rango di grande attore nell’economia globale. L’accelerazione sul piede della geopolitica è dovuta certamente alla guerra russa che disturba l’età del commercio e irrompe come momento che solleva problemi essenziali nella gestione dei mercati energetici ed alimentari. L’investimento cinese nella politica internazionale sembra però legato soprattutto alle forti tendenze alla de-globalizzazione che sono riscontrabili nelle politiche dell’Occidente. Il richiamo alla globalizzazione come fattore positivo, da non disperdere con i ripiegamenti sovranisti e protezionisti molto forti in diversi Paesi occidentali, costituisce il nucleo della strategia di Xi Jinping. Sotto la regia cinese, si punta a trasformare l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai da aggregazione regionale a vera e propria organizzazione internazionale aperta ai Paesi in via di sviluppo che si ritengono maltrattati negli equilibri attuali del mondo.
dal sito www.ilriformista.it