ED ORA AVANTI NEL RISPETTO NEI RUOLI VOLUTI DAGLI ELETTORI

                                   Opera di Marx Ernst

La sensazione che emerge nettamente dal dibattito parlamentare che si è svolto nei giorni scorsi, in vista del voto di fiducia, è quella di un ritorno alla centralità della politica e, negli auspici, ad una coalizione di governo, contraddistinta da un orientamento politico tendenzialmente definito. Una squadra che si è presentata compatta alle elezioni. A seguito delle dimissioni del quarto governo Berlusconi, nel novembre 2011, in un’atmosfera fosca e per certi versi drammatica, abbiamo assistito, in Italia, ad un susseguirsi di governi – a guida tecnica o politica – fondati su maggioranze eterogenee, su contingenti alleanze tra partiti che non si erano presentati tra loro collegati alle elezioni e che erano stati poi costretti alla collaborazione di governo dalla mancanza di possibili alternative in Parlamento. Con tutte le prevedibili conseguenze in termini di disarmonia nei propositi e nelle priorità e gli inevitabili compromessi. A questo si aggiungeva il ricorso, in alcuni casi, ad un premier tecnico, o ad un outsider, come è avvenuto con il professor Conte, agli inizi della sua avventura politica, nel 2018, per evitare sbilanciamenti a favore di una delle diverse parti presenti nella coalizione. Ora abbiamo finalmente un governo autenticamente politico, presieduto, come è normale, dalla leader del partito risultato più forte e sostenuto da un’alleanza che affonda le radici in epoche ormai remote. Si tratta, sostanzialmente, del centrodestra fondato da Berlusconi, Fini e Bossi nel 1994, sopravvissuto, con alti e bassi, evoluzioni di sigle e successioni nelle leadership, nonché mutamenti nei rapporti di forza, fino ai nostri giorni.
Uomini e donne ormai avvezzi a lavorare e lottare insieme e uniti, nelle linee generali, da una comune visione della società e del Paese e da comuni priorità, pur con alcune differenze su temi specifici. Hanno trovato condizioni favorevoli in questo recente passaggio elettorale, si sono presentati uniti in coalizione, mentre gli avversari sono rimasti divisi e quindi non competitivi, hanno vinto il 25 settembre, ottenendo una doppia maggioranza, alla Camera e al Senato, realizzando così tutte le condizioni per una stabile governabilità. Nello stesso tempo, le forze che ora sono all’opposizione, già divise prima del voto, sono oggi ugualmente divise, tanto che Matteo Renzi ha parlato, in Senato, di “due opposizioni” distinte. E questo non può non rafforzare politicamente la nuova compagine di governo. In tutto questo, forse perché lo scenario si presentava fin troppo favorevole, il centrodestra (o destra-centro, come malevolmente lo definiscono taluni osservatori e oppositori) è riuscito ugualmente a farsi male, partendo con il piede sbagliato, a causa delle polemiche di Berlusconi nei confronti della Meloni, a proposito della lista dei ministri e del caso Ronzulli e poi della diffusione del video, sempre di Berlusconi, sui rapporti con Putin. Tensioni e contrasti che, in quel momento, la coalizione vincente avrebbe dovuto assolutamente evitare. Ora sembra che le scaramucce siano superate. Berlusconi, nell’aula di Palazzo Madama, si è posto come “padre nobile” di questa maggioranza e speriamo che continui lealmente a sostenere e favorire il difficile impegno cui si accinge la giovane premier. Sulle spalle di Giorgia Meloni gravano, infatti, ora, pesanti responsabilità di governo e i suoi alleati, se intendono valorizzare la vittoria, devono garantirle una tranquilla navigazione, a fronte di condizioni assai difficili su tutti i fronti (conflitto, energia, inflazione, migrazioni, PNRR e relative riforme, famiglie e aziende in una crescente precarietà). Il programma enunciato in Parlamento e i primi atti dell’Esecutivo sono coerenti con la connotazione di centrodestra della coalizione: tassa “piatta”, tregua fiscale, innalzamento del limite del contante, contenimento dell’immigrazione irregolare, tendenza a non inceppare con eccessivi vincoli le attività produttive. E’ una sfida che viene affrontata con l’angolazione ben precisa di una particolare cultura politica, come è giusto che sia, in un normale sistema di alternanza democratica. Vedremo ciò che ne uscirà e, se falliranno, gli elettori richiameranno, con tutta probabilità, gli odierni sconfitti. Già, gli sconfitti…, nuove prospettive devono delinearsi anche per l’opposizione: il Terzo Polo continua a evidenziare la propria distanza dal Movimento 5 Stelle e la necessità di un confronto non pregiudiziale, rispetto alla maggioranza, mirato ai temi specifici dell’attività di governo e invita il Pd a optare per un rapporto preferenziale con questo nuovo “centro” (appunto Calenda e Renzi), in un orizzonte riformista. Altrimenti, secondo i terzopolisti, il Pd dovrà scegliere di allinearsi a Conte che ormai ha una posizione molto chiara, tendenzialmente affine alla sinistra radicale e ha ottenuto un positivo riscontro elettorale. Quindi il Pd deve scegliere, ma deve prima avviare una seria e “corale” riflessione sull’esigenza di una più netta definizione della propria identità e sugli errori commessi in campagna elettorale, tanto nella mancata costruzione di un’adeguata alleanza competitiva, quanto rispetto ad alcuni eccessi polemici nei confronti degli avversari, fondati più su anacronistici pregiudizi, che non sulle divergenze attinenti ai temi che investono il governo del Paese. E celebrare a breve una campagna congressuale rigenerante, per rinnovarsi, riscoprire la propria autentica vocazione e poi svolgere nella sua pienezza e con iniziative efficaci il ruolo di maggiore partito di opposizione che un segmento consistente di elettori gli ha pur sempre attribuito.

di Alessandro Forlani

 

Alessandro Forlani
Laureato in Giurisprudenza, ha svolto la professione di avvocato e, dal 2017, è Consigliere della Corte dei Conti.
Nel 1985 è stato eletto Consigliere comunale di Roma, restando in carica fino al 1989. Consigliere regionale del Lazio nella quinta legislatura, ha rivestito la carica di Presidente del Collegio Revisori dei Conti e poi quella di Presidente della Commissione Cultura e Personale, nel periodo in cui venne approvata la legge regionale sul diritto allo studio. Primo firmatario di diverse proposte di legge regionale, tra cui quella sul registro delle associazioni di volontariato, poi approvata. Nel 2001 è eletto senatore nella circoscrizione Marche e, nel corso della XIV° legislatura, è membro della Commissione Esteri e della Commissione Diritti Umani del Senato, della cui istituzione è stato tra i promotori. In quegli anni è anche componente della Delegazione Italiana presso l’Assemblea Parlamentare NATO. Dal 2006 al 2008 è deputato, eletto nella circoscrizione Marche, componente della Commissione Esteri e della Delegazione Parlamentare INCE. Negli stessi anni è anche Presidente, per l’Italia, dell’Ong “Parliamentarians for Global Action”.
Dal 2009 al 2016 è componente della Commissione di Garanzia dell’applicazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, Commissario delegato per Sanità e Farmaceutica fino al 2012, poi, dal febbraio 2012, per il Trasporto Pubblico Locale.
Collabora, nel corso del tempo, a diverse testate e pubblicazioni.