SPRINGSTEEN, LO SHOW CONTINUA. MA SUL RESTO È SILENZIO, E RESTA SOLO IL FANGO

Bel concerto, quello di Bruce Springsteen a Ferrara, racconta chi ha avuto la fortuna di vederlo. Cinquantamila fans arrivati con ogni mezzo, che hanno percorso traiettorie alternative per arrivare nella magnifica città estense evitando strade interrotte da smottamenti, frane e allagamenti, paesi sommersi, percorsi ostruiti dal fango e occupati dalla disordinata e generosa macchina dei soccorsi.
Springsteen ha fatto il suo lavoro alla grande, la band lo ha sostenuto in pieno e la gente si è goduta il concerto che non si può mancare, una volta nella vita, se davvero si vuole partecipare a un Grande Evento Rock. Ha fatto il suo lavoro talmente bene che ha pensato solo a suonare e a cantare, senza concedersi una pausa, neanche per commentare lo scenario apocalittico che arrivava a ridosso del palco, o quasi. Quanta strada c’è, da percorrere, partendo da Ferrara per arrivare nelle zone alluvionate? Poca.
Qualche anno fa (parecchi) un giovane, ingenuo rocker politicizzato, Joe Strummer, si esibì a Roma in un concerto gratuito nell’ambito di un’iniziativa elettorale del Partito Socialista Italiano. Si stupì delle intemperanze del pubblico, che riempì gli spazi tra una canzone e l’altra intonando un coro sempre uguale, che dava del boia all’oggi defunto leader socialista Craxi, motore della socialdemocrazia malata di quegli anni.
Strummer si giustificò dicendo di aver accettato con entusiasmo di sostenere una forza politica che si diceva socialista. Neil Young lo criticò aspramente, sostenendo che un artista importante ha il dovere di informarsi pienamente sul contesto che ne ospita l’esibizione.
Springsteen, che ha una storia di vicinanza con i più deboli e di impegno civile che lo ha visto fieramente contrapposto ai leader repubblicani in diverse campagne presidenziali americane, sembra perdere interesse per certe questioni quando si trova all’estero.
L’entusiasmo della giunta di centrodestra per l’evento era giustificato – il rock è di tutti, e Ferrara non finisce sotto i riflettori tutti i giorni, nonostante sia una bellissima città – ma celebrarlo senza dire una parola su quanto accadeva di lì a pochi chilometri (14 morti, oltre alla devastazione di un territorio sconfinato) stona, è brutto, è senza scuse.
Anche perché l’organizzatore del concerto aveva fatto sapere che un’assicurazione copriva i costi di un eventuale rinvio/cancellazione dell’evento. Che si è tenuto, con la rockstar che ha fatto il suo lavoro e incassato i suoi milioni, con la gente che si è divertita, con la città che ha avuto il suo evento da Copertina Internazionale.
Resta l’amarezza per l’assenza di un gesto, anche minimo, di comprensione della situazione, di empatia, di dispiacere. Ciao Ferrara, ha detto. Con i fans che non se lo raccontano: il Boss non può sbagliare, dice qualcuno di loro, sui social.
Eppure fu uno dei primi a esibirsi a New Orleans, dopo il disastro dell’uragano Katrina, con la gestione dissennata dell’emergenza che fece scalpore in tutto il mondo. In quell’occasione ebbe le parole di fuoco che sarebbero state un commento perfetto per gli eventi di questi giorni.
Ma è stato zitto, limitandosi a suonare le note della sua The River, che a quel punto sapevano di beffa: la piena di tanti fiumi ha coperto di fango l’immagine fulgida dell’eroe rock senza macchia. Brutta storia.
Articolo pubblicato sul sito www.culture.globalist.it
di Pancrazio Anfuso
di Roma, classe 1962. Vivo a Siena, dove lavoro.
Ho scritto un libro su Centocelle, il quartiere di Roma dove sono nato e dove ho vissuto fino al 2006. Se clicchi sul link leggi un po’ di recensioni. Se lo vuoi comprare lo trovi ovunque su internet.
Ho curato un numero ragguardevole di blog, da quando andavano di moda a quando li legge solo chi li scrive, e ho lasciato una lunga scia di presenze social in giro per internet.
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Biografia dal sito www.pancrazioanfuso.substack.com