I CATTOLICI NELLA POLITICA CONTEMPORANEA

di | 5 Giu 2023

La questione della presenza dei cattolici in politica, con specifico riferimento al nostro paese, è mal posta e ciò è causa di confusione e quindi di diatribe inutili. Infatti, se si vanno a controllare le credenze religiose di coloro che sono al Parlamento e al Governo, si scoprirà che un numero elevato è costituito da persone che si dichiarano cristiane. Se ne trae che non è vero che i cattolici siano assenti dalla partecipazione alla vita politica. Piuttosto, la grande questione che merita di essere affrontata è la graduale scomparsa della matrice culturale cristiana dai luoghi in cui si produce pensiero (e poi azione) in politica. Mentre le forze politiche oggi in campo si rifanno, come loro riferimento culturale, alle matrici liberale, socialista, radical-repubblicana, comunitarista, la matrice cristiana, che è la più antica e quella che ha forgiato il modello di civilizzazione occidentale, è di fatto uscita di scena.
Perché nel corso dell’ultimo trentennio i cattolici italiani non sono stati in grado di avanzare una loro proposta credibile di progetto politico all’altezza delle sei “Grandi Sfide” dell’attuale fase storica? Perché, ancora, i cattolici hanno preferito arrestarsi al cosiddetto piano pre-politico, coltivando bensì la formazione e l’educazione alla politica, ma rinunciando a calarsi nella realtà politica? Come ha più volte sottolineato papa Francesco (cfr. il cap. V della “Fratelli Tutti”), non è in linea con lo spirito cristiano l’atteggiamento di chi sta al balcone ad osservare il flusso di chi cammina per strada.
Non ho qui lo spazio per offrire una risposta che non sia meramente tautologica. Mi limito ad elencare (senza argomentare) un paio di ragioni esplicative. Una prima di queste è associata alla fine della DC, nei modi che tutti già conoscono. Come spesso accade in casi del genere, con l’acqua sporca si è gettato via il bambino. La dispersione dei cattolici nei diversi partiti che ne è derivata non ha consentito il raggiungimento della massa critica necessaria per avviare con successo un processo finalizzato ad un nuovo progetto politico vero e proprio. Di qui l’adagio che spesso ricorre, secondo cui i cattolici sarebbero presenti dappertutto, irrilevanti ovunque!
Una seconda ragione chiama in causa la scarsità e la debolezza del pensiero politico prodotto dal mondo cattolico italiano negli ultimi decenni. A ben considerare, l’allocazione delle risorse intellettuali ha privilegiato finora il sociale e l’economico, a discapito del politico. Penso a temi quali: il modello di democrazia deliberativa, che deve sostituire l’esistente modello elitistico-competitivo; il modello di welfare universalistico da implementare per far fronte alla crisi irreparabile del welfare state; la trasformazione dell’impianto “filosofico” del sistema scolastico e universitario; la nuova bio-etica e la nuova bio-politica; la vexata quaestio della comunanza etica nella società pluralista; la scelta del modello di transizione ecologica da adottare (in Italia, mai si parla di questo) e altri ancora che non posso qui esplicitare.
Dato che non è possibile continuare lungo la via finora battuta – solo chi è cieco e sordo può non rendersene conto – ho motivo di ritenere che non passerà ancora molto tempo prima che il mondo cattolico italiano riprenda ad esercitare, con generosità e con lo sguardo rivolto al bene comune, la sua propria missione, che è quella di far comprendere che non è più sufficiente – pur restando necessario – intervenire sui comportamenti individuali per dare vita ad uno sviluppo umano integrale. Quel che in più si richiede è di intervenire sulle “strutture di peccato” (Sollecitudo Rei Socialis, 1987, di Giovanni Paolo II), che “costringono” chi vuol fare bene a generare risultati perversi.

 

di Stefano Zamagni