EgeMona

Le origini e gli sviluppi della celebrata “egemonia culturale delle sinistra”. Tra passato, presente e futuro.
Per potersi scagliare contro l’egemonia culturale di chi non ha (mai avuto) la maggioranza dei voti e non ha fatto la rivoluzione, occorre non essere appesantiti dalla cultura. Citare Gramsci serve soltanto a confermare che la cultura non ha mai contagiato l’indignato de destra (spiegaglielo che il sardo ce l’aveva con il barbuto di Treviri). Che l’egemonia culturale abbia a che vedere con la lottizzazione della Rai è irresistibilmente comico, certificando che il dicitore non sa di che parla. Per riprenderti sfogli i giornali che si sentono chiamati a una nuova battaglia contro il fascismo risorgente e che della sinistra sono la parte culturalmente egemone: li trovi a sostenere che sta dilagando la miseria, forse la fame, che la destra manda a fuoco il pianeta, che subiamo venti gelidi di destrismo internazionale e… e ti viene il dubbio che esista una potente egemonia culturale del qualunquismo destrorso.
La Rai fece cultura quando insegnò a tutti una lingua che – Alberto Manzi a parte – non era e non è proprio l’italiano, ma la lingua divenuta nazionale e sostitutiva dei dialetti. La Rai di Bernabei non voleva trasformare l’Italia, ma riprodurla, intrattenerla, accompagnarla. Anche sedarla. La Rai di Agnes fu la furba intelligenza della condivisione mediante lottizzazione, finalizzata a creare un fronte comune per la difesa del monopolio. La sinistra comunista si trovò al fianco (oltre che alle dipendenze) di Agnes e a rimpiangere Bernabei. Alla faccia dell’egemonia. La demolizione del monopolio è un prodotto del progresso tecnologico, dell’irruenza concentrazionista di Berlusconi, dell’anti-accordo agnesiano di laici e socialisti. Poi venne la stagione della spartizione senza riflessione, ove cominciò a chiamarsi “pluralismo” il ripopolamento amicale.
Donde arriva, allora, la celebrata “egemonia culturale della sinistra”? Intanto dall’essere stata contro e all’opposizione, non rinunciando alla compartecipazione. Poi dal loro essere capaci di rendere ‘mode’ delle trasmissioni o degli atteggiamenti. Lo recitava splendidamente Giorgio Gaber: «Qualcuno era comunista perché il teatro lo esigeva, la letteratura lo esigeva, il cinema lo esigeva, lo esigevano tutti». E non ne esistevano di destra? Certo che sì: di destra e di consustanziali alla cultura cattolica. Ma l’enorme differenza stava non nei protagonisti, ma nelle forze politiche: i comunisti ne menavano vanto e ripetevano a pappagallo i nomi di autori noti come de sinistra, mentre i democristiani se ne fregavano e i laici avrebbero trovato ripugnante dire che il tal romanziere o regista era uno dei loro. Anche perché quelli né cattolici né comunisti erano i soli cani sciolti senza cordate editoriali, teatrali e cinematografiche.
Certo che c’è cultura di destra, ma a destra non c’è cultura della cultura. Si pensa che basti dire “foiba” quando l’altro dice “lager”, ma se poi un libro (scritto da uno di sinistra, colto assai, Giampaolo Pansa) e un film – Il sangue dei vinti – viene piegato al conformismo falsoresistenziale ed escluso dalla memoria Rai, la destra guarda altrove perché non ha una storia della storia, una cultura della cultura, una capacità rielaborativa. E se c’è una cosa che va a onore delle persone di cultura a destra è che se li definisci “intellettuali organici” ti querelano. A sinistra se ne vantavano. L’egemonia culturale della sinistra esiste nella mente di quelli che credono che se ti fai nominare capitano e ti metti la giacca con i baffi sei anche un avventuroso pilota. Invece sei un fesso travestito. Inseguendo i baffi, del resto, non riconoscono i piloti che hanno attorno. La vocazione dell’ege-mona, non dell’egemone.
Domandarono a Enrico Berlinguer: cosa farà questa estate? Rileggerò i “Grundrisse” di Marx, rispose. Lo chiesero a Giulio Andreotti: starò con mia moglie e leggerò un giallo. Quanti pensano che l’egemonia culturale abbia lavorato per il primo non si sono mai spiegati perché ha vinto sempre il secondo. E ancora cercano ottuse dietrologie.
Articolo pubblicato sul sito www.davidegiacalone.it
Immagine dal sito www.laragione.eu
di Davide Giacalone
Dal 1979 in poi, mentre continuava a crescere il numero dei tossicodipendenti, si è trovato al fianco di Vincenzo Muccioli, con il quale ha collaborato, nella battaglia contro la droga.
Dal 1980 al 1986 è stato segretario nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana.
Dal luglio1981 al novembre 1982 è stato Capo della Segreteria del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Dal 1987 all’aprile 1991 è stato consigliere del Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, che ha assistito nell’elaborazione dei disegni di legge per la regolamentazione del sistema radio-televisivo, per il riassetto delle telecomunicazioni e per la riforma del ministero PT, oltre che nei rapporti internazionali e nel corso delle riunioni del Consiglio dei Ministri d’Europa.
È stato consigliere d’amministrazione e membro del comitato esecutivo delle società Sip, Italcable e Telespazio.
Dal 2003 al 2005 presidente del DiGi Club, associazione delle Radio digitali.
Nel 2008 riceve, dal Congresso della Repubblica di San Marino, l’incarico quale consulente per il riassetto del settore telecomunicazioni e per predisporre le necessarie riforme in quel settore.
Nel maggio del 2010 ha ricevuto l’incarico di presiedere l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie dell’innovazione, dipendente dalla presidenza del Consiglio. Nel corso di tale attività ha avuto un grande successo “Italia degli Innovatori”, che ha permesso a molte imprese italiane di accedere al mercato cinese. Con le autorità di quel Paese, crea tre centri di scambio: tecnologia, design, e-government. Nel novembre del 2011 si è dimesso da tale incarico, suggerendo al governo di chiudere la parte improduttiva dell’Agenzia, anche eliminando le sovrapposizioni con altri enti e agenzie.