Migranti, la giravolta italiana. Ora Roma frena sul patto Ue

di | 1 Ott 2023

Malgrado l’apertura tedesca il Viminale prende tempo. E si riaccende lo scontro sulle navi Ong

Ancora una capriola del governo sulla questione migranti. Adesso, infatti, è stata l’Italia a stoppare il nuovo Patto per l’asilo e i migranti. Ed è tornata a schierarsi con il fronte sovranista insieme a Ungheria e Polonia. Eppure il nuovo provvedimento, approvato dal Consiglio europeo a giugno scorso, era stato propagandato dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, come un decisivo passo avanti nella battaglia contro le migrazioni illegali. Ieri, però, al Consiglio dei ministri Ue degli Interni è andata in scena una totale inversione delle parti. Con la Germania (che fino all’altro ieri bloccava l’accordo finale) pronta a dire sì e Roma che svolta a destra, prende tempo e lascia in standby la mediazione proposta dalla Spagna.

Risultato: sull’emergenza migratoria c’è un nuovo rinvio e l’Italia si ritrova isolata. Il Coreper (il comitato che riunisce i 27 ambasciatori) è infatti slittato a lunedì e in quell’occasione — almeno nelle intenzioni della presidenza e della Commissione — è previsto il via libera definitivo. Ma il punto è che il governo italiano si è infilato ancora in un cul de sac. Con l’avallo di Berlino (che ha ottenuto norme più stringenti sul rilascio dell’asilo e la decisione a maggioranza per la dichiarazione dello stato di “emergenza migratoria”, da cui dipende il ricollocamento obbligatorio degli extracomunitari), il nuovo Patto ha infatti la maggioranza sufficiente per l’approvazione anche senza il nostro Paese.

Sostanzialmente, quindi, il messaggio inviato alla squadra meloniana è stato: verificate pure se questa formulazione va bene, ma sappiate che noi contiamo su una maggioranza solida. E sebbene non ci sia stato un voto vero e proprio, perché quello di ieri era un vertice informale, la “conta” è stata molto chiara. Per l’ennesima volta, dunque, l’esecutivo di centrodestra deve decidere se stare con i sovranisti di Orban e Morawiecki o nel triangolo insieme a Francia e Germania.

«Se manca il riferimento alle Ong, non so se possiamo accettare questo testo», è stata la posizione del titolare del Viminale, Matteo Piantedosi, che ha evitato di parlare pubblicamente durante la riunione del Consiglio. Ha scosso la testa e ha passato il testimone. Chiarendo i suoi dubbi al solo ministro spagnolo e alla Commissaria Johansson, senza però verbalizzare l’opposizione proprio per non formalizzare la contrarietà e tenere aperto il canale del dialogo.

C’è comunque un punto, nella formula sottoposta all’esame dei ministri, che ha suscitato le perplessità italiane. I riflettori si sono accesi nuovamente sulle Ong che si occupano dell’assistenza ai migranti. Dopo la lettera inviata da Meloni al Cancelliere tedesco Scholz resta quindi un punto dolente per Palazzo Chigi. La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha fatto polemicamente notare al collega italiano Antonio Tajani che il 95% dei migranti che sbarcano nel nostro Paese sono salvati dalle autorità italiane.

Nella parte del nuovo Patto in cui si prevedono le misure contro chi utilizza i flussi migratori come un’arma ibrida (di recente è accaduto al confine tra Bielorussia e Polonia) si fa riferimento solo ai “Paesi terzi” e non, appunto, alle Organizzazioni non governative. L’Italia vuole che si citino anche le Ong.

Fino a lunedì, quindi, ci sono ancora quattro giorni per trovare una via d’uscita. Anche se il segnale lanciato a Piantedosi è stato inequivocabile: prendete il vostro tempo, preferiamo che l’Italia sia nell’accordo, ma ricordatevi che una maggioranza c’è già. «Il nuovo Patto — ha avvertito il ministro spagnolo, Fernando Grande-Marlaska — è irrinunciabile e serve uno sforzo da parte di tutti. A questo punto mancano solo alcuni dettagli, sfumature». La Commissaria svedese Johansson ha ricordato che nei primi nove mesi del 2023, sono già entrati illegalmente nell’Ue 250 mila migranti e sono pervenute oltre 600 mila richieste di asilo. Dati che consigliano rapidità nelle decisioni.

Da tenere presente poi che il Consiglio non ha preso in considerazione il Memorandum con la Tunisia firmato a luglio. Anche su questo versante, dunque, è tutto congelato. «Le autorità tunisine sono responsabili per le attività di ricerca e salvataggio nella loro area, ma mancano mezzi e strumenti di sorveglianza e in quest’ambito siamo pronti a sostenerle». Esattamente quel che il presidente tunisino Saied non vuole.

dal sito www.repubblica.it